Che cosa sarà un “tour antimafia”?!

Che cosa sarà un “tour antimafia”?!

Viene da pensare al trenino squallidissimo che porta in giro i sandaletti morbosamente curiosi. Quelli da turisti insomma.

Di cosa si tratterà questo tour del ministro di infrastrutture e trasporti? Il suo giro dell’antimafia anche sulle rive dello Stretto, a sponsorizzare, ancora una volta, la loro infiltrazione criminosa nel tessuto di tutte queste vite. Così il ministro caro passa da queste parti a ricordarci come “il ponte sia l’opera antimafia per eccellenza”.

Che siano terroriste, disertori, anarchiche ed insubordinati la risposta è sempre e solo una: MILITARIZZARE!

Nasceva la nazione e nascevano carceri speciali per chiunque non si volesse raddrizzare difronte all’imminenza del nuovo potere, quello della nazione e dello Stato. Ed ora come allora la guerra è totale, la guerra è contro ogni corpo che si mette di traverso ai loro loschissimi progetti di devastazione assicurata. Ogni occasione fu ghiotta per l’inaugurazione di nuovi reparti speciali armati in grado di penetrare il tessuto sociale, carcerarlo, fucilarlo, stuprarlo. Ed ora, come allora, il “nemico comune” funge da collante per un mondo cui parola d’ordine é “repressione”. Disertori e refrattarie si trasformarono così in “mafia”. Quando alla vita fu imposto il metodo scientifico lo Stato avanzava e la vita si ritrovava sempre più relegata ad un angolo, coscritta. La creazione del nemico, ora come allora, è il pivot su cui si basa la loro aggressione. Prima cercarono “l’anticristo” e perseguitandolo ne vietarono danze e riti, aspetti della vita divennero illegali. Terre lontane, terre di conquista. Poi vollero soppiantare la conoscenza di Stato a quella ‘locale’, considerata incivile e, addirittura, volenterosa della mano ferro della mano piuma di papà tricolore. La retorica d’invasione è sempre stata basata sul “progresso”, l’appropriazione di parole, dotazione marmorea di senso ed imposizione a macchia d’olio del sensato e dell’insensato. Poi vennero gli eserciti; avamposti e “campi base”; centri di reclutamento e di indottrinamento; reti, confini e sorveglianza (armata). L’invasione militare trovò così consolidamento nell’invasione di una nuova maniera di pensare, moderna, l’invasione di epistemi intrisi di gerarchie; razzismo, misoginia, diffidenza per ‘l’altro’; necessità di determinatezza e fuga totale dall’ignoto. Ed una volta arrivati gli eserciti non se ne andarono più e proliferarono sotto diversi nomi e (apparentemente) funzioni, tutti insieme nell’accorato obiettivo di mantenere quanto imposto a fucilate e cannonate.

Che cosa significa un “tour antimafia”? Significa tantissime cose allora, continua a portare con sé tutta quella retorica e quelle modalità che allora soffocarono le esistenze che vivevano questi luoghi della terra. Ed in parole spicciole, oggi, di nuovo, i loro tour portano con sé nuovi metodi di controllo e repressione. “Cinquanta nuovi ispettori” per vegliare su chiunque voglia infiltrarsi nel loro sterile terreno. Questa è la notizia che porta Salvini sulle coste dello Stretto in occasione della sua squallida gita propagandistica. Ancora controllo, ancora repressione, ancora sangue ed, ancora una volta, gli stessi campanacci d’orati che gli invasori propinavano nelle remote terre di conquista, il “progresso”.

L’unico e solo significato è deciso dai decretatori, “interesse pubblico e nazionale”, l’ennesima ragione per barattare la propria vita con non meglio precisati benefici futuri. L’ennesima buona ragione per blindare la vita delle persone e per vegliarla a vista con personale ben equipaggiato e legittimato a spargere quanto più sangue possibile.


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