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Una volta il futuro era migliore (?)

La modernità si presenta disincantata solo per meglio contrabbandare l’incanto suo proprio: quello della merce, il suo fantasmagorico divenire-mondo che corrisponde al divenire-merci degli esseri umani, della terra, dei viventi. È un sortilegio che richiede, e produce, una forma particolare di soggetto: l’individuo auto-centrato, razionale, utilitarista che tutti quanti, da quattro secoli, siamo tenuti a essere, recidendo i legami a tutto ciò che non è merce e chiamando quest’autismo libertà.

 

Che alla fine non sarebbe andato tutto bene era una previsione fin troppo semplice: sapevamo da tempo verso quale futuro ci stanno portando. Spento l’abbaglio del boom economico, è ormai da decenni che la parola FUTURO porta in sé una dicotomia paradossale: dicono «tecnologia» e «progresso», ma noi vediamo solo sfruttamento.

Distrattx dall’imminenza de l’emergenza, continua a essere taciuto ciò che è invece ora di urlare: tutte le dinamiche che rappresentano un costante attentato alla salubrità dell’ambiente continuano imperterrite – e non c’è emergenza umana, climatica, sanitaria, che possa anche solo frenarle. Chi non voglia credere alla favola raccontata da un governo di Draghi circa la transizione ecologica in corso (gestita a scanso di equivoci da un araldo di Finmeccanica che strepita contro «l’oscurantismo» di chi rifiuta il nucleare), lo vede ogni giorno con i propri occhi, dietro e oltre i polveroni sollevati dagli amministratori dell’esistente – i quali pretendono di trovare nuova legittimazione nel fatto di disporre di più strumenti di chiunque altro per gestire le conseguenze dei disastri provocati proprio dalle loro scelte che puntano al dominio totale sull’ecosistema.

Surriscaldamento climatico e allevamenti intensivi, smartphone e sfruttamento minerario e di manodopera infantile in Congo, disboscamento della foresta amazzonica ed epidemie di polmoniti, agricoltura e pesticidi, agricoltura e diserbanti, Bayer e Monsanto, intese e imprese legali dagli esiti letali, colletti bianchi e bronchi neri avvelenati a morte da industrie progettate da onorati professionisti che non hanno alcuno scrupolo a considerare certi luoghi del mondo e coloro che li abitano come il cesso dove scaricare i liquami tossici del nostro progresso inarrestabile.

Ci hanno propinato tutte le distrazioni possibili, dal mistero della nascita del virus a quello del suo contagio, sempre attenti a non intaccare le fondamenta del Problema. Hanno trovato di volta in volta soluzioni che − come al solito − mettono una pezza sul buco, così da poter restare nella (loro) ‘normalità’. Una ‘normalità’ che s’instaura coi ricatti emotivi del «benessere» e della «salute» (parole ormai prive di senso), ma che ha un unico comandamento: il profitto.

È la logica del profitto che giustifica ogni sfruttamento e che crea le condizioni per l’attacco sistematico alla vita degli stessi esseri umani, degli animali non umani e dell’ecosistema intero, generando lo sfruttamento totale che è la causa diretta de ‘l’emergenza’. Bisogna garantire non la salute del tutto, bensì la sicurezza che la macchina della produzione infinita non subisca altri intoppi, che questo sistema di produzione e consumo infiniti vada avanti, a tutti i costi.

 

Ci piacerebbe portare avanti questo discorso con chiunque ne senta il bisogno, la voglia o una rabbia che scalcia.

 


Non è andato tutto bene…

Che alla fine non sarebbe andato tutto bene era una previsione fin troppo semplice. Solo chi possiede una fiducia religiosa nello Stato o i comfort necessari (quando non entrambe le cose) ha potuto accettare pacificamente il lockdown e il clima di caccia all’untore che si è respirato nell’ultimo anno e mezzo. Così come troppo semplicistica è la divisione netta tra buoni e cattivi, tra sì vax e no vax. Una categorizzazione che non tiene conto delle sfumature: dubbi, paure, critiche, di chi non è contrario ai vaccini per partito preso, ma nemmeno disposto a barattare le proprie idee per guadagnarsi un briciolo di accettazione sociale.

Il green pass sta provando a insinuarsi dove non è arrivata la pressione sociale e la paura di essere additati come appestati, palesandosi come strumento di ricatto: o ti vaccini o non lavori. E se non lavori non paghi l’affitto, le bollette, i libri di scuola, le medicine, la spesa… Sei libero/a di scegliere, tra il vaccino e pensierose notti insonni.
Un ricatto che non trova linfa in un partito piuttosto che in un altro, in questo o in quel governo, ma è frutto di quello che noi riconosciamo come uno dei bersagli principali : la logica del profitto.

Bisogna garantire non la salute di tutte/i bensì la sicurezza che la macchina della produzione infinita non subisca altri intoppi. È la logica del profitto che giustifica ogni sfruttamento e che crea le condizioni per l’attacco sistematico alla vita degli stessi esseri umani, degli animali non umani e dell’ecosistema intero. E mentre gli esseri umani quando si ribellano incontrano giornalisti e sbirri pronti a fermarli, quando gli altri animali nei loro tentativi di fuga e liberazione si scontrano con una narrazione che li sbeffeggia e li riduce a un tenero aneddoto, l’ecosistema sta invece reagendo alzando il tiro, costringendo la popolazione mondiale a non poter più ignorare che esiste un problema, non più importante di un qualsiasi altro problema specifico, ma che anzi li ingloba tutti, e unisce tra loro l’inquinamento dell’Ilva di Taranto, la deforestazione dell’Amazzonia e i wet market di Wuhan. Questo sistema di produzione e consumo infiniti non è sostenibile, e non crea nemmeno benessere, se non in determinate categorie di persone.

Se siamo contrari al green pass quindi non è perché limita la nostra libertà di andare al ristorante e comunque ci vogliono i soldi per andarci) ma perché è l’ennesima dimostrazione di un sistema che non vuole cambiare, e che anzi, nel tentativo di riprodurre sé stesso, continua a incentivare la legge del più forte, a scapito della solidarietà e di una coscienza critica.

Non giudichiamo nessunx: chiunque è liberx di vaccinarsi o meno, seguendo le proprie idee, rispondendo alle proprie vulnerabilità e rispettando chi prende una decisione diversa.
Non accettiamo però il discorso sull’altruismo come leva per vaccinarsi, perché quando il raggiungimento di un “bene comune” combacia così tanto con quello di un bene personale (il ritorno alla mia normalità) è quantomeno sospetto.

Dov’è l’altruismo quando affondano i barconi che partono dalla Libia? Dov’è l’altruismo quando un imprenditore sposta un’azienda e licenzia chi ci lavora? Dov’è l’altruismo quando si ammassano milioni di maiali per soddisfare il bisogno di un hamburger sempre pronto? Dov’è l’altruismo quando dentro le mura di casa il vicino picchia la moglie?

Ci piacerebbe portare avanti questo discorso con chiunque ne senta il bisogno, la voglia o una rabbia che scalcia, senza però dare spazio a complottismi e senza urlare alla dittatura, perché quella che stiamo vivendo è l’espressione più schietta della Democrazia: una Maggioranza che tenta di annichilire una Minoranza che la pensa diversa mente.