
Nella notte tra il nove ed il dieci settembre, tre compagnx sono state tratte in stato di arresto, e ora sono in carcere, rinchiusx con accuse che riguardano fatti avvenuti l’uno marzo di quest’anno, durante il Carnevale “No ponte, contro WeBuild e in solidarietà al popolo Palestinese”. Altrx compagnx, invece, sono statx perquisitx.
Le veline delle guardie confermano quanto emerso sui giornali nei giorni successivi al carnevale NO Ponte: già allora, immaginiamo su indicazione sbirresca, ci si scagliava contro “lx facinorosx arrivatx da fuori”.
Questo viene confermato dai tre arresti “cautelari” e dalle perquisizioni ai danni di compagnx pugliesi e di unx compagnx di Varese.
D’altronde si sa, fin dai fatti di Genova nel 2001, che nella narrazione del dominio il dissenso e la conflittualità provengono sempre da corpi estranei al “territorio”, che lo attraversano solo per seminare devastazione e terrore.
Chi ha attraversato quella piazza sa che non è così: e da questa narrazione tossica vorremmo liberarci una volta per tutte, provando a restituire quello che i corpi in tensione verso la libertà hanno provato e agito per le strade di Messina l’uno marzo di quest’anno.
Due compagnx sono accusatx di lesioni gravissime, insieme – questo per tuttx e tre – a imbrattamento, concorso e resistenza aggravata nel corso di pubblica manifestazione.
Ma la verità è che questo succede quando gli sgherri difendono i luoghi del potere: il primo marzo, su Viale Boccetta, la Digos difendeva la caserma dei carabinieri, respingendo chi si opponeva a chi stava a protezione di un luogo che viene usato per perpetrare soprusi, sopraffazioni e abusi. Allora le cariche, i manganelli, che si stoppano quando il corteo (bloccato all’incrocio dalle diverse camionette) viene fatto ripartire. Poi viene inscenata una corsa folle, perché lx manifestanti scendono la strada, alla cui fine è ubicata la guardia costiera, altro simbolo da difendere viste le morti in mare, visto che il Mediterraneo è stato trasformato in un cimitero. Un digossino cade, viene colpito, ma non è il solo: nella corsa per raggiungere il collega, colpiscono con due manganellate unx compagnx e un’altrx da quella corsa viene spinta a terra e travoltx. La prognosi per lo sbirro, che oggi porta all’arresto e alle accuse di “lesioni gravissime”, è di 135 gg per una spalla rotta. Verrebbe da ridere se non fosse vero, e se non fosse che alla terza persona arrestata viene contestata resistenza quando a fine corteo si inscena una caccia all’uomo per le vie del centro, a corteo finito.
《I padroni delle città, sempre più piene di telecamere indiscrete, sorvegliano ogni nostro passo a tutela del privilegio, prospettano il peggio (…) tribunali come sale operatorie e dopo la condanna, loculi del diametro di uno sputo, al cui interno sorprendere vite umane in nome della loro manifesta o potenziale pericolosità.》
(Estratto dall’opuscolo “non è forse questa guerra?!”)
L’UNICO INFILTRATO E’ IL PONTE
WeBuild, azienda che si occuperà della distruzione dello Stretto di Messina, ha all’attivo 61 cantieri, tra cui il raddoppio ferroviario Catania-Messina-Palermo, e negli scorsi anni ha realizzato nella base USA di Sigonella 14 edifici da adibire a uffici per uso militare e rimessaggio/attrezzaggio degli aeromobili, con specifica impiantistica radio/dati per operazioni militari aeree specialistiche.
E mentre la base viene usata con successo contro il popolo palestinese, aerei da guerra israeliani passano sulle nostre teste, e attaccano navi di solidali che si dirigono verso Gaza.
L’azienda firma nel 2023 un accordo con il DAP e il ministero della giustizia per la formazione di detenutx da “reinserire” nella società del capitale.
《Webuild e il Ministero della Giustizia (tramite il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Dap) prevede la formazione e l’assunzione di detenuti per lavorare in progetti infrastrutturali, come i cantieri dell’Alta Velocità Napoli-Bari. Il progetto, iniziato a fine agosto 2025, mira al reinserimento sociale dei detenuti attraverso percorsi di formazione specialistica e lavoro, con la prima fase operativa avviata dalla Casa Circondariale di Benevento》.
La stessa sorte si augurano per il ponte sullo Stretto: che venga costruito dalle persone che hanno messo in gabbia.
Viene fatta passare come una grande operazione benefica e sociale, per abbattere i costi, creare nuovi posti di lavoro, massimizzare l’operatività dei cantieri, magari anche alleggerire per un po’ il sovraffollamento delle carceri. Ma la realtà è facile da capire: l’interesse è creare squadroni di detenutx-operaix facilmente ricattabili, che in cambio del loro sudore e del loro silenzio avranno l’occasione di uscire dall’inferno penitenziario per un po’.
E mentre a Gigi, compagno del campetto occupato di Giulianova, non è permesso di lavorare con le sue api, perché considerato “socialmente pericoloso” per lasciare i domiciliari dalla sua abitazione, i corpi dellx reclusx diventano così forza a servizio dei padroni. Perchè il “reinserimento” è buono e giusto solo se a servizio del profitto, incarnato da società come We Build, che costruisce luoghi di morte (come la sopracitata Sigonella) o che la morte la crea in prima persona, inquinando le falde acquifere da Nizza a Contesse, spargendo l’arsenico che estrae dalle montagne.
“CI TROVERETE VIVX”
Alla luce della giornata del carnevale e del dolore cui siamo sottopostx oggi, per l’arresto di tre compagnx, respingiamo con forza il retaggio che “è la conflittualità che ci mette nei guai”, conscx piuttosto che è l’unica via da percorrere. Mentre Gaza viene ridotta a brandelli, da questi ed altri padroni, mentre il popolo palestinese viene sterminato con la complicità dei governi tutti, mentre assistiamo a sempre più morti nelle carceri e nei cpr, mentre assistiamo a sgomberi di case occupate a favore delle speculazioni immobiliari (pensiamo a quelle di Remax sui territori occupati in Palestina come nei nostri quartieri), mentre comunità resistenti vengono sbattute fuori dai posti che hanno liberato dagli artigli dello stato, mentre interi quartieri vengono distrutti e lx abitanti deportatx, mentre le persone che abitano sullo Stretto perderanno la casa, il paesaggio, il luogo del “cuore”, quel minimo di ecosistema che permette di sopravvivere, mentre gli sbirri entrano a scuola a insegnare come funzionano le armi con lo scopo di addomesticare alla violenza del potere, mentre vediamo che anime come Andre, Gabri e Gui vengono strappate alle nostre comunità, siamo certx che l’unica opzione sia il conflitto contro lo stato e l’azione diretta contro il capitale ed i suoi sgherri. Poco importa se le nostre armi sono dei costumi di carnevale per sfuggire alla repressione e le vostre invece sono scudi e manganelli usati per difendere i luoghi che vorremmo vedere distrutti, non smetteremo di frapporci tra voi e le comunità che difendiamo, non smetteremo mai di sognare macerie delle prigioni, fiamme nei commissariati, fuoco nei CPR, solidarietà tra insortx, tuttx liberx.
Ci teniamo a sottolineare che qui, ed Andre, Gabri e Gui siamo certx non vorrebbero altro, auguriamo la libertà a tuttx le reclusx, da Tarek ad Anan, da Alfredo a Stecco, da Paska a Ghespe, da Juan ad Anna, a chiunque sia statx messx sotto chiave dallo stato, per mano e volontà dei suoi sgherri: FUOCO A OGNI GABBIA.
Di seguito le parole di un compagno, che facciamo nostre, di tuttx:
《E io mi vergogno di potere ancora guardare il cielo senza star riuscendo a combattere adeguatamente contro questo regno della menzogna istituita, che ogni giorno schiaccia vite viventi, tortura corpi e sensibilità, distrugge la terra.
E per quanto le vicende collettive siano composte di una trama che eccede di gran lunga la nostra singolarità, la mia quota di responsabilità vorrei prendermela: e mi assilla il dubbio se sia stato giusto, sapendo che ci si erge – innanzi e contro – il più gelido dei gelidi mostri, organizzare a Messina un corteo per il quale era prevedibile che non ce l’avrebbero fatta passare liscia.
Ma non lascerò prendere piede a quel retaggio, più cattolico che cristiano, che interiorizza il senso di colpa invece di interrogare criticamente anche tutto ciò che lo circonda: e quindi, come ho scritto qualche giorno dopo quella manifestazione, nessun pentimento.
Anzi: il più intenso rilancio di un’attitudine la meno rassegnata possibile alla catastrofe che tutto resti com’è, alla maledizione che il mondo dello sfruttamento, dei signori della guerra, del colonialismo e dell’estrattivismo continui così.
Deve essere chiaro che a resistere alle cariche della polizia, quel giorno, sono state le prime file del corteo e non certo tre isolate teste calde: personalmente, anche se a un certo punto ho abbandonato il campo di battaglia per andare a gridare dal camion (che non accettavamo che la polizia facesse il bello e il cattivo tempo in un territorio nel quale a webuild era stato consentito di avvelenare i polmoni e le falde acquifere da Nizza a Contesse), ho preso una manganellata in testa che se non avessi avuto il casco mi avrebbe fatto molto male – e se c’è una cosa vera nel linguaggio orwelliano di questura e magistratura è che le “armi” con cui abbiamo fronteggiato il tutto erano davvero “improprie”.
Stelle filanti, bombolette e pezzi raccattati da terra di quello striscione rinforzato talmente male da essere stato sbaragliato ai primi colpi di manganello (più qualche bottiglia vuota scagliata da lontano): a fronte di scudi pistole taser e manganelli.
(Mai pensato infatti di poter sconfiggere lo Stato sul terreno militare…)
A Guì, Gabri ed Andre vorrei poter dare fisicamente il più fortissimo degli abbracci, e far sentire loro che anche se non possiamo liberarli dalle grinfie delle guardie, e non sappiamo distruggere quelle maledette sbarre, siamo con tutto il cuore al loro fianco.
(Come riuscirci? Personalmente, oltre a chiedere a chi legge, se può e vuole, di scrivere loro – perché la solidarietà è l’unica arma che non potranno mai scipparci dalle mani e sradicarci dalle viscere – mi sento di dire che cercherò di non conciliarmi mai, o comunque battendomi perché sia il meno possibile, con il sistema di apparenze allestito ogni giorno per educarci a disvedere e a non ribellarci.)
“Solo la generosità della vita che si vuole e che non sa di calcoli e prudenze può, ad ogni strappo, aprire di un poco le maglie della catena. Ogni caduta, individuale o no, è stata perché ha portato avanti, di un passo.”
In mezzo ai momenti di disperazione buia, cercherò sempre di non smarrire la gratitudine verso la vita che mi ha fatto incontrare le compagne e i compagni di lotta. E di essere il più all’altezza possibile di quel che ho avuto la fortuna di sentire e imparare nelle interazioni con loro.
“Bisogna fare profezie; si arrangeranno poi loro a compiersi”, scriveva John Keats a un amico.
E proviamoci dunque:
Palestina libera
No ponte
Fuoco alle galere: liberx tuttx》
PER ESPRIMERE SOLDIARIETÀ ALLX RECLUSX :
-Guido Chiarappa
C/o Casa Circondariale di Varese,
Via Felicità Morandi, 5, 21100 Varese (VA).
-Gabriele Maria Venturi
C/o C.c. di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia”
Via nuova Poggioreale 167, 80143 – Napoli (NA)
-Andrea Berardi
C/o C. c. di Potenza “Andrea Santoro”
Via Appia 175, 85100 Potenza (PZ)
Per il sostegno economico è possibile mandare dei contributi alla cassa anticarceraria caricando la postepay numero 4023601012012746 intestata a Daniele Giaccone (causale: solidarietá NOPONTE). Per contattarci scrivere a: vumsec@canaglie.net
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