SIAMO COME MICELI, NON CI POTETE DECIFRARE

Un pensiero di qualche anno fa, in risposta a una delle tante repressioni del quotidiano.
Oggi il pensiero va a Gui, Andre, Bak, Luigi ed Ale rinchiusx e privatx della loro libertà. E con loro a tuttx lx reclusx e lx oppressx.
Vi pensiamo e sosteniamo ogni giorno, con la forza della solidarietà.
Tuttx liberx

Appariamo, spariamo. Bianchi, bianche. Neri, bianche. Bianchi, nere. Bianche, nere. Bianchi, neri. Neri, nere. Vestiti, coperti. Identificati, invisibili.


Dove siamo?


Ci vedono per giorni all’est, poi riappariamo ad ovest, quando ci siamo spostati?
Sfrecciamo veloci lungo corsie nella notte, ci incrociamo in snodi di una rete ramificata. Questi snodi li conoscete, ma non abbastanza. Ci conoscete, ma ogni volta rimanete sorpresi. Ci controllate, ma questa rete ramificata non la capite.


Mi fermi al porto di Catania, sono un compagno e una compagna, “ha precedenti?” mi chiedi a bruciapelo nella speranza di intimidirmi, ma forse non ti sei accorto che è mezz’ora che hai in mano i nostri documenti e ci siamo accorti che dalla centrale non risponde nessuno perché è ora di pranzo.
Mi filmi, ma non sai che fartene di queste ore di girato con cui la nostra creatività farebbe dei gran bei documentari sulla storia dei movimenti sociali. Tu, invece, mi filmi, mi archivi, speri che un giorno possa tornarti utile.


Mi aggredisci verbalmente, minacci di portarmi in caserma se non ti do subito il documento, te lo prendo, gli fai una foto, in cagnesco sbraiti “lo so chi siete voi, fate i video per denunciare le violenze della polizia, ma io me ne frego, userò tutto quello che serve per portare via il tuo amico” a cui stai puntando un taser all’altezza dello stomaco mentre sette tuoi colleghi lo tengono fermo con i manganelli.
E poi ancora, mi filmi, mi segui, cerchi di capirci qualcosa, ma i rami della rete vanno dappertutto, e tu hai la mania del controllo, vai in tilt, non capisci dove devi andare a parare.


L’ho visto lì, con quelli che si vestono di nero…merda, è anche qui in mezzo a delle bandiere rosse…mi hanno chiamato dei colleghi, l’hanno visto nella loro zona di competenza, a milleduecento chilometri da qui…oggi l’ho beccato con i neri, ieri stava con i sindacati…cosa devo fare per capire dove andare?
Forse meglio tagliare alla radice, diamogli un foglio di via. O una misura cautelare. O il carcere.
Ancora non capisci. Siamo come miceli, ci muoviamo sotto terra, noi nasciamo dalle radici. Ogni ingiustizia o strutturale violenza sono per noi impulsi nervosi che ci indirizzano in una o più nuove direzioni. E così quello espulso non fai neanche in tempo a demoralizzarlo che te lo ritrovi in un altro snodo, e quelli che sono rimasti ti confondono con nuove intersezioni che mai prima si erano azzardati a portare in piazza.


Non capisci, non ce la fai. Ma se non si demoralizzano e invece si moltiplicano, quantomeno prima o poi finiranno le risorse.


Questo, evidentemente, è un punto difficile da comprendere per te, assatannato difensore dell’ordine e della sicurezza pubblica, da garantire scongiurando ogni qualsivoglia tipo di assembramento e comportamento che esca al di fuori della disciplina consumista che tu proteggi.
Ma devi capire che noi ci muoviamo rapidi e sottosuolo, nutrendoci di minerali e altre sostanze basilari che ci dona la terra. Che, fuor di metafora e ritornando dentro questo sporco sistema, vuol dire che ci nutriamo per la maggior parte del tempo degli scarti della società consumistica, come organizzati cacciatori di rifiuti.


Viviamo di poco.
Viviamo di solidarietà.


Tu non lo capisci, ma chi sta sopra di te sì, e ti intima di controllarlo, di reprimerlo, di reintegrarlo.
La solidarietà è pericolosa. Non vede confini, li abbatte. Nasce spontanea, e rapidamente si organizza. È un gesto di radicale alterità di fronte ad un presente fatto di guerra, morte e soffocamento. Parla una lingua che non ha bisogno di parola.E tu giri, giri, giri, come un ossessionato cerchi di dare un ordine a tutto questo, ma non ce la fai. Non siamo soltanto caos, siamo un disordine organizzato, meglio dire ramificato. La direzione c’è, le vie che la seguono sono difficilmente misurabili.


Puoi controllarci, riempire strade e luoghi di telecamere, ma ci sarà sempre la via non battuta. Noi la seguiremo, e tu?


Vorrei entrare nella tua testa, ma con la mia testa. Scrutare nel profondo le convinzioni che si formano nella tua mente di fronte all’incomprensibile energia elettrica che si sprigiona ad ogni impatto repressivo.
Pericolosi socialmente, senza nessun legame affettivo, sprezzanti del vivere civile, da reintegrare, criminosi, in associazione…potrei andare avanti all’infinito con le misure con cui tu e i tuoi superiori provate ad attaccarci al muro, come un poster di un film dell’orrore.


Una mostrificazione utile al perpetuarsi dell’ordine sociale orrorifico che dovete tutelare. Un sistema malvagio come quello in cui viviamo, è chiaro, è in grado di generare infiniti mostri o immagini dell’orrore con le quali sbatterci al muro e bloccarci la strada.


Ma noi siamo come miceli, e questo non lo capirete mai davvero fino in fondo.
Siamo un fluido che si muove nella direzione che li è più congeniale.


Una direzione, troppe strade per controllarle.


Mi insegui, mi dileguo. Mi schiacci, ti spingo via e mi scanso. Mi vuoi, diserto.
Non ho paura di continuare a camminare


L’unica cosa che mi appartiene sono i miei desideri, che posso mettere in relazione con i desideri di altre e altri, con cui costruire nuove strade.

In una direzione, con infinite vie.


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