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“Adesso non si scherza più”

Riceviamo e diffondiamo:

Come un corteo di carnevale, con carro, maschere e coriandoli si trasforma in un attentato terroristico.

“Quel pessimo scherzo di Carnevale che indigna e offende Messina”;

“Cavernicoli e antisemiti”;

“La battaglia contro il Ponte utilizzata per far casino e aggredire i poliziotti”;

“Contro il progresso e a sostegno dei terroristi”.

Che il terreno fosse accidentato era facile da intuire, ma fossero le strade già spianate non servirebbe aprirne di nuove. Invece difficile era intuire che un corteo carnevalesco avrebbe provocato una canea mediatica talmente feroce da sfornare in poco tempo centinaia di articoli per attaccare un corteo di 300 persone.

“…mi chiedo in cosa la nostra società abbia sbagliato, nel produrre soggetti che, privi anche del minimo senso civico, colgono ogni occasione per offendere, aggredire, fare violenza…Che fine hanno fatto i valori che si insegnano nelle scuole?”

Vent’anni di controversie sul ponte hanno destato enorme attenzione negli ambienti siciliani del cemento e dal malaffare che sulla sua costruzione e i suoi indotti hanno solo da guadagnare, inoltre i rubinetti aperti del governo erogano già fondi per consulenze ed appalti che vanno difesi.

A discapito dei clichè, la prima voce ad alzarsi a protezione degli interessi di pochi non sono dei botti, ma la macchina del consenso. Ormai tramontata l’era dei media mainstream, l’informazione si snoda tra vari blog e social. Loro è il compito di alzare la tensione, loro è il compito di mettere in moto la macchina del fango. Ed è così che un paese impoverito culturalmente mostra il livello di miseria intellettuale in cui è ridotto, privo di bussole ed ideologie spolverato da una superficiale patina di democrazia liberale non può che dar luogo a discorsi pedagogici che assomigliano sempre di più a quelli da bar…

Farlo dove si concentra un interesse strategico nazionale funge da amplificatore, quindi se la presa di posizione di Salvini è ormai un obbligo del sabato sera, il coinvolgimento di Piantedosi dimostra, se ce ne fosse il bisogno, quanto i governi sprechino e dilapidino denaro pubblico per questioni che riguardano più l’immagine che le necessità. In questa ottica il Ponte è fondamentale, in special modo dopo il flop dei centri di detenzione per rifugiati dislocati in Albania.

In questo contesto si comprende che non si necessita di un serio delitto per scatenare il coro di disapprovazione dei media, ma basta vergare delle: “scritte di protesta sui muri di diversi edifici ….. Un atto che ha suscitato indignazione, svuotando di significato la legittima espressione di dissenso pacifico” per trasformare i manifestanti no ponte in una cellula di Al Qaeda. Per equiparare petardi ad ordigni, per vedere un assalto dove sta una coraggiosa difesa di un corteo con famiglie a seguito.

Al netto di cariche, inseguimenti, rastrellamenti, identificazioni e fermi sono una decina le posizioni da valutare nei confronti dei manifestanti, non molto per giustificare l’intervento diretto del ministro degli interni. Ma l’interesse sta tutto nel soffiare sul fuoco perché la trappola sia ultimata e la vittima bollita senza manco accorgersene. L’esca è lanciata e fulmineamente in modo coordinato alcune anime del movimento NoPonte praticano una cieca dissociazione che li porta a solidarizzare con gli aggressori (sembra un vizio ricorrente), a stigmatizzare le scelte altrui, fino ad alimentare la caccia all’uomo…

Ecco come per bieco e palese elitarismo e calcolo politico contingente, quanto poco lungimirante, si consegna l’intero paese ad un regime postdemocratico. Le vittime sono le persone reali, quelli che perderanno la casa, il paesaggio, il luogo del “cuore”, quel minimo di ecosistema che ci permette di sopravvivere, quelli avvelenati dai materiali di risulta, quelli che ne soffriranno per anni, quelli che perderanno il poco che ancora il mare dello strettto custodisce, quelli che soffrono per mancanza di ospedali, cure adeguate, scuole ed istruzione inclusive, quelli a cui mancano i mezzi di sussistenza, quelli che faticano per “arrivare a fine mese”, quelli che sono spinti alla marginalità, che sono costretti alla miseria e che vengono seppelliti tra le mura delle carceri, quelli che non hanno voce….Perché loro griderebbero con tutto il fiato che hanno in corpo, di sapere veramente cosa è la violenza e chi la subisce quotidianamente.

La violenza è ben altra cosa. La violenza è sequestrare qualcuno perché non ha un conto in banca o il colore della pelle “sbagliato”, la violenza è privare delle possibilità di una vita dignitosa, per poi privare della libertà chi non ha una vita dignitosa. La violenza è ospitare a scuola polizia e militari per insegnare ad accettare e rispettare la violenza del potere, la violenza è fare affari vendendo mezzi di morte per fare le guerre, la violenza è morire per uno stipendio da fame, la violenza è partecipare con parole, opere e mezzi allo sterminio di una intera popolazione.

“il rischio di mescolare pericolosamente ciò che va tenuto distinto. Una cosa è chi protesta secondo le regole della democrazia e della Costituzione, come il movimento no ponte ha sempre fatto. E altro chi s’inserisce in una battaglia politica per sputare il proprio veleno che ha in corpo. E attende il momento solo per creare il caos, godendo della reazione del potere.”

La solita solfa dei barbari venuti da lontano, della brutalità dei vandali, dell’amore per la violenza, come se chi manifesta non fosse cosciente che il rischio di perdere la libertà è sempre presente, del decoro prima dell’umanità, della fragilità in cui versa la democrazia minacciata dagli unici che la praticano quotidianamente, il solito trito e ritrito peloso distinguo tra buoni e cattivi. Una storia già sentita troppe volte se non fosse che ormai non corriamo alcun pericolo di cadere in un regime autoritario, perché ci scivoliamo lentamente quanto inesorabilmente e in modo concreto giorno dopo giorno. Così la domanda di maggior repressione chiesta a gran voce a destra e sinistra trova subito una corrispondenza in una fascistissima mozione del podestà di Messina che non aspettava altro…

“….ovviamente in coordinamento con la Questura, a far sì che in futuro si impedisca l’uso del suolo pubblico e sia negata l’autorizzazione per raduni, manifestazioni e cortei promossi da associazioni che abbiano già dimostrato di fomentare l’odio e incitare alla violenza, accogliendo tra le proprie fila facinorosi, personaggi violenti in stile black bloc, venuti anche da fuori, che hanno quale unico obiettivo quello di creare scontri con le forze dell’ordine o caricarle, imbrattare muri o minacciare di morte”

Oltre ovviamente ad invitare i sudditi alla partecipazione nella punizione esemplare:

“costituendosi parte civile nei procedimenti penali avviati nei confronti dei responsabili; a valutare la possibilità di richiedere il risarcimento dei danni subiti dalla città ai responsabili delle associazioni che hanno organizzato le manifestazioni poi sfociate in guerriglia urbana”.

Come gran finale l’ipocrita piagnucolio coccodrillesco della sinistra che formalmente raccoglie quello che ha seminato stando nel campo della destra; la subalternità totale al capitale e la sua totale inconsistenza politica. Archiviando con i fatti qualsiasi lotta che non sia pacifica testimonianza della protesta, stanno contribuendo a rendere un sistema sempre più ingiusto e catastrofico, inevitabile e immutabile a qualsiasi cambiamento dal basso. D’altronde cosa mai si è conquistato con la lotta? A parte praticamente ogni libertà? Sicuramente meglio una raccolta di firme, una class action, oppure perché no? Dotarsi del servizio d’ordine di Cicalone o chiedere al Gabibbo! Make Messina Great Again!

Solidarietà e complicità con i partecipanti al carnevale no ponte!

Smascheriamoli perché ADESSO NON SI SCHERZA PIU’!

Sempre con la popolazione palestinese e tutti gli sfruttati che si ribellano!


\\POLIZZI GENEROSA (PA\\ LA VIA CRUCIS DEL CARCERE- Ne parliamo con Charlie Barnao

Riceviamo e diffondiamo:

Con 88 suicidi nel 2024, e diverse centinaia di tentativi sventati, con la creazione di sempre nuovi reati e l’aggravio penale di quelli esistenti, con il sovraffollamento e il trattamento psicofarmacologico di massa, la funzione del carcere è di rieducare tutte/i alla legittimità della tortura degli indesiderati, dei prodotti difettosi di questa societa. Una funzione di tortura che, in tempi di mobilitazione bellica totale, non puo che aggravarsi.

VENERDI 18 APRILE, ORE 18:00, POLIZZI GENEROSA (PA)

ALAVÒ- laboratorio per l’autogestione


PALERMO// RIQUALIFICAZIONE SIGNIFICA SBIRRI NELLE STRADE GENTE IN GALERA E CPR\\ Sabato 19 Aprile

Riceviamo e diffondiamo:

Palermo è cambiata molto negli ultimi anni. Il turismo ha modificato completamente molte strade e interi quartieri. Gli interventi del comune negli anni hanno sia assecondato l’ondata turistica, sia favorito progetti di cosiddetta “riqualificazione”, cioè messa a valore di aree a fini speculativi, rendendole più attraenti per nuovi abitanti e frequentatori, più ricchi o comunque più decorosi e controllabili. Questi cambiamenti sono stati possibili solo grazie a un maggior controllo della popolazione, da parte degli sbirri e delle telecamere presenti ovunque. Una grossa mano è stata poi data dall’associazionismo, soprattutto di sinistra, che ha fornito la copertura ideologica e la manodopera per portare avanti buona parte dei progetti di “riqualificazione”. Ballarò è un buon esempio di questi cambiamenti, ma nel quartiere tali dinamiche non hanno totalmente preso il sopravvento. Le diverse “comunità” riescono ancora a mettere in campo forme di abitare e vivere il quartiere resistenti al controllo dello Stato. Recentemente il contrasto alla vendita di crack e le regolarizzazioni del mercato storico e di quello dell’usato sono state le occasioni per un rinnovato intervento statale, chiesto a gran voce dalle associazioni. Le conseguenze non sono tardate ad arrivare. Ballarò, l’Albergheria e le aree circostanti sono infestate giorno e notte da volanti e falchi in borghese. Negli ultimi mesi si sono succeduti numerosi fermi di polizia con arresti, trasferimenti in cpr e correlate violenze sbirresche. Nel frattempo il governo ha messo a punto nuove norme repressive, che prevedono numerosi nuovi reati e aumenti delle pene, insomma più carcere per sempre più persone. Il governo ha pure previsto l’apertura di nuovi cpr, centri per il rimpatrio, cioè luoghi dove rinchiudere le persone prive di permesso di soggiorno prima di deportarle. Queste misure, quindi carcere e cpr, andranno a colpire anche la gente di Ballarò, soprattutto chi sarà ritenuto un ostacolo ai cambiamenti in corso.

RIQUALIFICAZIONE SIGNIFICA SBIRRI NELLE STRADE, GENTE IN GALERA E CPR

È il momento, per chi non vuole lasciare tutto in mano a politicanti e sbirri, di prendere la parola e cercare i modi per auto-organizzarsi.


CATANIA 15 APRILE H.18.00 – CASTELLO URSINO

Riceviamo e diffondiamo:

LO STATO È ASSASSINO

Le persone detenute nel CPR di MILO a Trapani hanno urlato giorni fa a dellx solidali che si erano recatx sotto le mura di quella prigione che “dentro è guerra” e che due persone sono morte. Si aggiungono alle 45 persone ammazzate nei CPR italiani da quando la detenzione amministrativa (che è poi quella che usa lo stato sionista sullx palestinesi) è arrivata in Italia. E la strage di queste strutture è iniziata proprio in Sicilia. Quando a Trapani, nel 1999, sei tunisini sono stati bloccati dentro la loro cella in fiamme e arsi vivi.

Attivistx tunisinx stanno denunciando con forza da settimane che durante il mese di marzo almeno due uomini tunisini sono stati ammazzati nelle carceri italiane. Dove ogni quattro giorni chissà come mai qualcunx si suicida. È chiaro che quelle sono morti di stato.

Di uno stato razzista e classista che isola, reclude, deporta, annienta. L’interesse per le vite umane dello Stato italiano è sempre più evidentemente nullo, TORTURA DOPO TORTURA. Dall’inizio di quest’anno, nelle carceri italiane sono morte 88 persone, di cui 28 suicide. Tra queste morti, 12 erano considerate senza fissa dimora – e di queste 9 erano persone non europee.

Spera di agire di nascosto il governo. Oggi aveva pianificato di effettuare il primo trasferimento nel CPR in Albania, dove pensa di poter isolare e violentare le persone migranti senza alcun disturbo. Nell’ennesimo tentativo di dissimulare che l’impresa coloniale di delocalizzare in Albania le strutture che contengono e detengono chi sbarca in Italia sta fallendo, è da settimane che prepara questa deportazione. Nei giorni scorsi aveva fatto confluire al CPR di Brindisi detenuti selezionati in altri CPR d’Italia e preparato la nave militare per portarceli.

Ma questo viaggio oggi non si è fatto! Il coraggio di chi ha resistito alla propria devortazione l’ha impedito. E ci indica la strada da percorrere. Perché saniamo che non è finita qui, che ci proveranno di nuovo a deportarli in Albania.

STA A TUTTX NOI ROMPERE L’ISOLAMENTO E NON LASCIARLX SOLX

STA A TUTTX NOI FERMARE GLI OMICIDI DI STATO!

ASSEMBLEA PUBBLICA

Contro il Decreto Sicurezza e contro le deportazioni nel nuovo CPR in Albania!

Ci vediamo al Castello Ursino (CATANIA) martedì 15 aprile alle 18.00!


Giornata Globale di Protesta: contro le politiche razziste di deportazione della Germania e la sua repressione della solidarietà con la Palestina: 12 aprile 2025

Riceviamo e diffondiamo:

Sabato 12 aprile, invitiamo le persone di tutto il mondo a unirsi in una Giornata Globale di Protesta contro la crescente repressione della solidarietà con la Palestina da parte della Germania e le sue politiche razziste di deportazione che prendono di mira le comunità marginalizzate.

Dopo aver deportato quattro compagnx da Gaza a febbraio, ora la Germania intende deportare tre cittadinx dell’UE e unx statunitense per il loro coinvolgimento nel movimento pro-Palestina. La repressione della Germania nei confronti di palestinesx e solidalx con la Palestina, così come le sue pratiche aggressive di deportazione, fanno parte di un tentativo più ampio di silenziare il dissenso e violare i diritti fondamentali di rifugiatx, di migrantx e di attivistx.

Questo è un momento cruciale per stare insieme e chiedere giustizia per tutti coloro che stanno affrontando deportazioni e repressione in Germania.

Cosa puoi fare:

  • Organizza proteste presso le ambasciate, i consolati o le istituzioni locali della Germania. Scendi in strada e fai sentire la tua voce! Se ti trovi a Berlino/Brandenburg, unisciti alla protesta a Leopoldplatz a Wedding alle 14:00.
  • Esprimi il tuo dissenso contro TUTTE LE DEPORTAZIONI! Fai sapere alla Germania che il mondo non starà a guardare mentre uccide, rapisce e deporta le persone illegali.
  • Mira ai profittatori delle frontiere tedesche: denuncia, boicotta e interrompi le attività delle aziende tedesche che traggono profitto dalle deportazioni, dalle compagnie aeree agli sviluppatori di software di sorveglianza e alle aziende che costruiscono carceri.
  • Amplifica voci e azioni sui social media—#BoycottGermany, #Stopdeportationsingermany, #AbolishFrontex, #NoHumanIsIllegal, #FortressEurope, #ThisPactKills

Questa Giornata Globale di Protesta è un appello a tutte le persone, ovunque si trovino—la tua solidarietà conta. Questo è un movimento globale e siamo tuttx connessx.

Uniamoci in solidarietà internazionalista contro la repressione, in difesa di una Palestina libera, in difesa della libertà di movimento per tuttx! Smantelliamo la macchina delle deportazioni ovunque!

Insieme possiamo fare la differenza. Scendiamo in strada, alziamo la nostra voce e chiediamo libertà e giustizia per tutti.
TUTTI IN STRADA IL 12 APRILE!

EN:

Global Protest Day: Stand Against Germany’s Racist Deportation Policies and Its Crackdown on Palestine Solidarity Date: 12th of April 2025 On Saturday the 12th of April, we call on people worldwide to unite in a Global Protest Day against Germany’s escalating repression of Palestine solidarity and its racist deportation policies targeting marginalized communities.  After deporting four Gazan comrades in February, Germany now wants to deport three EU citizens and one US citizen for their involvement in the pro-Palestine movement. Germany’s crackdown on Palestinians and Palestine solidarity activists, as well as its aggressive deportation practices, is part of a broader attempt to silence dissent and violate the basic rights of refugees, migrants, and activists.  This is a critical moment to stand together and demand justice for all those facing deportation and repression in Germany. What you can do: Organize protests at German embassies, consulates, or local institutions. Take to the streets and make your voice heard! If you are in Berlin/Brandenburg join the protest at Leopoldplatz in Wedding at 2pm Speak out against ALL DEPORTATIONS! Let Germany know that the world will not stand by while it kills, abducts and deports illegalized people. Target German border profiteers – Call out, boycott and disrupt German companies that profit from deportations, from airline companies to surveillance software developers and prison construction companies.  Amplify voices and actions on social media—#BoycottGermany, #Stopdeportationsingermany #AbolishFrontex, #NoHumanIsIllegal, #FortressEurope, #ThisPactKills  This Global Protest Day is a call to people everywhere—no matter where you are, your solidarity matters. This is a global movement and we are all connected – Let’s stand in internationalist solidarity with one another against repression, stand for a free Palestine, stand for freedom of movement for everyone! Dismantle the deportation machine everywhere! Together, we can make a difference. Let’s take to the streets, raise our voices, and demand freedom and justice for all. ALL OUT ON APRIL 12th!

CONTRO OGNI GALERA! CONTRO LO STATO RAZZISTA E COLONIALE! CONTRO OGNI LUOGO DI RECLUSIONE! CONTRO OGNI CPR!


A DIFESA DELL’ANTIFASCISMO MILITANTE

A DIFESA DELL’ANTIFASCISMO MILITANTE

Antifascimo è antisionismo, antisionismo è anticapitalismo.

Fino a quando i fascisti continueranno a bruciare le Case del popolo, case sacre ai lavoratori, fino a quando i fascisti assassineranno i fratelli operai, fino a quando continueranno la guerra fratricida gli Arditi d’Italia non potranno con loro aver nulla di comune. Un solco profondo di sangue e di macerie fumanti divide fascisti e Arditi”.

Il 25 Aprile, ormai da tempo, è mera e vuota ricorrenza, in cui il paese per un giorno attua la “liturgia della resistenza”, priva di ogni contenuto attuale e riferimento reale, spinta dalla sinistra istituzionale, ansiosa di strumentalizzare la giornata e i sentimenti che suscita per fini propagandistici.

Adesso, troviamo proprio impossibile attraversare le piazze “antifasciste” del 25 Aprile che si riempiono solitamente di bandiere, e di partiti, aderenti alle sacche di repressione dello Stato, complici con il Genocidio Palestinese, proprio in questo momento quelle piazze rischiano anche di essere ulteriormente vilipese e snaturate dalla propaganda di Guerra.

La bandiera dell’UE non paga di essere lorda del sangue palestinese con il progetto REArm EU continua ad assumere connotati coloniali e guerrafondai stavolta recitando l’epitaffio sul tanto decantato mondo 

libero occidentale.

E che se lo mettano bene in testa tutte quelle organizzazioni politiche antagoniste che durante l’anno si impegnano ad indicarci la via maestra per la redenzione dal capitale!

Quello che succede a Gaza non è una guerra tra stati bensì un genocidio da parte di uno stato nei confronti di un intero popolo, quello palestinese, che prova a ribellarsi e liberarsi dall’oppressione. 

Un tenace movimento di Resistenza popolare che si oppone ad una delle potenze militari ed economiche più forti del pianeta, Israele, che vanta le migliori tecnologie, i migliori armamenti, il migliore esercito ed una diffusa volontà di pulizia etnica.

Questo dimostra che: la sterilizzazione dell’antifascismo operata dall’intero arco istituzionale, ha operato attraverso la selezione di forme e gestualità occasionalmente represse, lasciando i contenuti e l’essenza a diluirsi nella marea delle ingiustizie umane.

Quindi mentre ci inorridiamo di fronte a braccia tese, marce a passo dell’oca o al rifiuto di rinnegare il ventennio, siamo impassibili di fronte alla detenzione su base etnica dei cpr, alle deportazioni, alle misure di prevenzione poliziale, alla profilazione della repressione.

Ma non solo, come definire la speculazione finanziaria, la turistificazione, la deregolarizzazione del lavoro, la privatizzazione di scuole ed ospedali? Termini gentili ma non meno portatori di miseria, povertà e lutto.

Nel contesto dei già approvati decreto anti-rave, decreto Caivano e persino del nuovo codice stradale è al varo il DDL 1236 che si prepara a diventare il decreto legge più repressivo in tutta Europa. 

A farne le spese saranno soprattutto lx detenutx e lx migranti a cui non possiamo che stringerci provando a creare ponti solidali, se carceri e cpr si chiudono col fuoco dellx reclusx il nostro impegno è di essere il fuoco 

della vendetta. 

A giovarne invece saranno le forze dell’ordine con più deterrenza, scudo penale, incitazione all’uso di armi da fuoco e maggiore discrezione sull’uso della forza. Il Fascismo è già qui!

Ma la variante umana non è uno scherzo! Gaetano Bresci che uccide il re ci insegna che a frapporsi tra la guerra ed i popoli innocenti c’è la 

vendetta e la rabbia di chi cospira contro il potere.

A Catania il 25 Aprile andrà in scena la carcassa di quella che ancora molti si pregiano di chiamare ancora antifascismo e noi a questo vogliamo opporci, vogliamo che voli la civetta.

Chiamiamo all’azione e al conflitto sociale tuttx lx antifascistx che si oppongono alle logiche del profitto e del capitale per organizzare un 

momento di rottura collettivo, per sovvertire l’ordinario, per riprenderci il presente. 

SIAMO TUTTX ANTIFASCISTX? TUTTX?


MAGGIO ANTIMILITARISTA

Vogliono che i nostri corpi siano complici con la militarizzazione permanente dei territori, terrorizzando, assassinando e distruggendo in nome di una falsa sicurezza di cui beneficia solo l’estrattivismo e lo sfruttamento. Non fate affidamento su di noi!! 


Vogliono i nostri corpi per la guerra ed il servizio militare mentre ci uccidono di misoginia e macismo per le strade. Ora basta!! Non contate su di noi.


Ci vorrebbero utilizzare come giustificazione per la spesa militare, una giustificazione bastata sulla paura prodotta dallo loro stessa mano armata. Non saremo parte di questo. Non fate affidamento su noi. 


Chiamiamo all’azione collettiva e solidale tra i popoli contro l’industria degli armamenti, della morte e della discriminazione. La sicurezza proposta dagli Stati e il capitalismo è una finzione che perpetua il monopolio della violenza alimentando continuamente lo scambio di armi, le oppressioni dei popoli e lo sfruttamento dei territori. 


Nella Ramalc (Rete Antimilitarista dell’America Latina e dei Caraibi) crediamo nella sicurezza come una convivenza comunitaria es empatica che si costruisce congiuntamente in ognuno dei territori che abitiamo, in maniera orizzontale, come esercizio di azione diretta. 

Questo e tutti i 15 di maggio sono il giorno internazionale del diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, il diritto a dire NO all’essere parte di guerre e morte. In tempo di militarizzazione ed autoritarismo non collaborarvi è un esercizio di libertà e solidarietà indispensabile.

DICHIARATI OBIETTORA!!!! 


Appello per una mobilitazione unitaria contro leggi repressive e stato di guerra

Appello per una mobilitazione unitaria contro leggi repressive e stato di guerra

La repressione nel territorio

La repressione in Sicilia si snoda tra una cinquantina di nodi nevralgici sparsi su tutto il territorio: carceri, CPR, CPA e basi militari. L’isola, ospitando 23 carceri sulle 94 presenti nel territorio italiano e 4 istituti penali per minorenni su 17, detiene il triste primato del maggior numero di detenuti per abitante. Solamente nel 2022 in Sicilia, ci sono stati 5 tentativi di suicidio negli istituti penali per minorenni (su un totale nazionale di 12); nelle carceri, nello stesso anno, sono “state suicidate” dallo stato 11 persone (su 85 totali in Italia); 8 i morti nel 2023. Le carceri siciliane si distinguono per la violenza sistematica utilizzata contro i detenuti, oltre che per l’inumano sovraffollamento. Nel 2025 sono stati imposti dei nuovi divieti che proibiscono l’ingresso di alcune tipologie di abiti e di alimenti.1

Questo ha provocato una serie di proteste come battiture e scioperi del carrello che hanno visto picchi di partecipazioni altissimi, soprattutto a Siracusa e Palermo (700 al Cavadonna e 400 al Pagliarelli). Il nostro territorio è in prima linea nella guerra ai migranti ospitando 3 CPR su 82, 5 Hotspot su 63 e 2 CPA su 94. A completare il complesso mosaico repressivo sono le strutture militari segno tangibile della natura coloniale dell’isola, in prima linea nella sempre più vicina guerra “guerreggiata”. Sono presenti nel territorio, oltre ai presidi militari dell’Esercito Italiano anche la Stazione aeronavale dell’esercito statunitense a Sigonella; il MUOS presso la Sughereta di Niscemi5; l’Aeroporto Militare di Trapani Birgi6; il Porto di Augusta7; RADAR a Lampedusa, Noto, Marsala8

La corsa al riarmo

L’accelerazione della morsa repressiva dello Stato è ancora più tangibile in questi ultimi mesi. La comunità internazionale assiste complice del genocidio in Palestina, lo Stato Italiano e l’Unione Europea continuano ad appoggiare il criminale governo di Israele e si lanciano in una sfrenata corsa agli armamenti a livello globale. Attraverso ReArm Europe sono previsti 800 miliardi di investimenti per l’ampliamento delle spese belliche a discapito delle spese sociali, trasformando il welfare europeo in un warfare. Oggi l’Italia spende per la difesa 33 miliardi di euro (sono evidenti gli aumenti nell’ultima finanziaria); con il piano
europeo il nostro Paese, entro quattro anni dovrebbe spendere circa 70 miliardi, intorno al 3% del Pil che spingerebbe il disavanzo pubblico dal 3,4% registrato nel 2024 al 5%. Queste risorse andranno drenate da altre voci di spesa (pubblica amministrazione, aiuti allo sviluppo, sostegno della cooperazione e delle fragilità, sanità e istruzione) contribuendo a demolire le ultime tracce di welfare.

 

Il fronte interno

Il conflitto tra Russia e Ucraina dimostra come sia essenziale la capacità di controllo, la manipolazione delle coscienze, la pacificazione di ogni forma di conflitto interno. Lo strumento strategico ideato dal governo per neutralizzare ogni forma di dissenso è il ddl 1236 (ex ddl 1660), ormai di fatto approvato al Senato che a breve sarà legge dello stato. Include una serie di provvedimenti che colpiscono penalmente ogni forma di lotta; segna una nuova fase nel processo di invisibilizzazione dei migranti e peggiora i luoghi di detenzione amministrativa, trasformandoli in lager fuori dal diritto penale; rende ancora più critica la situazione nelle carceri; criminalizza ulteriormente i salvataggi in mare equiparando navi della guardia Costiera a navi da guerra; favorisce l’aumento delle armi possedute dagli agenti di pubblica sicurezza, creando di fatto attorno a loro uno scudo legale e penale. Il disegno di legge contiene la “norma anti-No ponte” integrato nell’art. 19, un emendamento che introduce aggravanti per tutti gli atti finalizzati all’impedimento della realizzazione di infrastrutture ritenute strategiche tra cui il TAV e il Ponte sullo Stretto. Il Ponte, presentato dal governo come un’opera strategica necessaria alla vita dex sicilianx, è una devastante truffa sociale e ambientale. Andrebbe edificato in un’area ad alto rischio sismico costantemente instabile. Costerebbe più di 14 miliardi di euro, fondi che andrebbero destinati a reti ferroviarie, strade e porti. Fino ad ora è già costato centinaia di migliaia di euro, prelevati dai Fondi di Coesione e Sviluppo di Calabria e Sicilia, originariamente pensati per ridurre divari socio-economici che avrebbero dovuto supportare la micro impresa e finanziare la tutela dell’ambiente, la promozione della cultura, dell’istruzione, della formazione e il miglioramento della salute. Di contro, sono stati il salvadanaio del malaffare siciliano. L’opera determinerebbe un irrimediabile impatto ambientale, modificando irreversibilmente l’ecosistema, distruggendo la bellezza paesaggistica. Andrebbero demoliti interi paesi, con relativo spostamento coatto dei residenti e chiusure delle attività economiche esistenti. Nonostante ci siano, ormai da decenni, possibili alternative alla promozione della mobilità (dal potenziamento dei porti all’apertura di nuovi aeroporti), il governo insiste nel progetto eco-mostro, ai danni della popolazione di Sicilia e Calabria.

 

STUDENTƏ REPRESSƏ

Secondo il nuovo art 31 del ddl, se studentx o docente dovessero partecipare a un movimento politico o fossero attivistx di una associazione, l’Università dovrebbe comunicarlo su richiesta dei Servizi Segreti. Lo stesso avverrà se un professore insegna in aula argomenti ritenuti “pericolosi” o sovversivi. Purtroppo già è stato eclatante il caso del professor Raimo, sanzionato e sospeso, per aver criticato il ministro Valditara. Il governo vuole limitare le possibilità degli studenti di apprendere di più su temi di attualità, di sviluppare un pensiero critico e soprattutto di esprimere il proprio dissenso e ribellarsi. Per gli studenti, come per tutte le altre soggettività, sarà più difficile manifestare visto il rafforzamento dei controlli e l’aumento del potere garantito alle forze di polizia, ormai legittimate a intervenire sempre. Chi partecipa a manifestazioni non autorizzate, rischia multe che possono variare da 2.000 a 10.000 euro; queste sanzioni sono applicabili alle proteste che vengono giudicate “minacciose” per l’ordine pubblico, anche senza episodi di violenza diretta. Se la manifestazione sfocia in episodi di violenza o danneggiamenti a persone o cose, le pene possono essere la reclusione da 1 a 4 anni. L’intento è di intimorire i giovani, che spesso sono protagonistx di proteste su temi come l’ambiente, l’istruzione, i diritti civili o le strutture scolastiche fatiscenti nelle quali quotidianamente si tengono le lezioni senza alcuna sicurezza. Ciò solleva una domanda cruciale: fino a che punto un governo può limitare il diritto di protestare per garantire “l’ordine pubblico”? Il ddl sicurezza propone una serie di modifiche giuridiche liberticide per punire i soggetti che non abbassano la testa di fronte alle ingiustizie e protestano per chiedere giustizia climatica, contro le “grandi opere” o che si oppongono al PCTO. A Catania, ad esempio, all’istituto tecnico aeronautico Arturo Ferrarin è OBBLIGATORIO partecipare alle attività tenute nella base NATO di Sigonella9. Chi prende posizione contro le ingiustizie sociali e politiche, rischia di essere privato della propria libertà di espressione e penalizzato.

 

La Rete No DDL Sicurezza Catania

In continuità con i lavori del ddl al Senato, il Ministro degli Interni, quale segno tangibile della nuova politica di governo, ha promosso anche l’istituzione delle “Zone Rosse”, aree sottoposte a controlli intensificati di pubblica sicurezza, in tantissime città italiane, anticipando i dispositivi e le logiche del ddl. La prefetta di Catania ha subito risposto alla sollecitazione decretandone sei. L’opposizione alle Zone Rosse è stata un tratto fondante della neo costituita Rete No DDL Sicurezza Catania, un soggetto politico eterogeneo, autoconvocato, animato da militanti e attivisti di gruppi organizzati e soggettività autonome, nato lo scorso novembre, attraverso una prassi di organizzazione orizzontale ben definita: le assemblee cittadine pubbliche itineranti sono state unico luogo di discussione e decisione politica; settimanalmente sono state costruite iniziative informative, supportate da volantinaggi e affissioni. Ogni evento ha segnato un momento di riappropriazione temporanea di uno spazio pubblico (piazza, strada, giardino, ville). Sono stati numerosi i momenti di lotta, per allargare la partecipazione alla mobilitazione, non solo in modo quantitativo ma anche qualitativo. I cortei e le azioni dirette, unite ad una massiccia opera di contro informazione che ha coinvolto le strade e le piazze oltre che i canali social, hanno permesso alla mobilitazione di crescere e di porsi nuovi obiettivi come il contrasto del modello Caivano che dovrebbe essere applicato nel centrale quartiere di San Cristoforo; la mobilitazione del fronte cittadino in difesa di produzione, distribuzione e uso della Canapa light; il contrasto di logiche di gentrificazione e turistificazione selvaggia, imposte alla popolazione come unico modello di sviluppo economico possibile, difese attraverso misure di controllo poliziesco e retorica del decoro.

 

L’appello

Il carattere marcatamente repressivo presente nel ddl 1236, ma anche nel dl “Caivano” della direttiva “Zone Rosse” e persino nelle modifiche al codice della strada tende, non solo, a risolvere ogni questione sociale attraverso misure penali10, ma sposta il soggetto del diritto: dalla tutela della collettività verso la tutela dell’autorità pubblica scivolando in direzione della legge marziale. Legge emergenziale d’eccellenza, che qui, presuppone l’intento specifico di colpire, anche preventivamente, là dove le lotte si intersecano con il disagio e lo organizzano proponendo soluzioni militanti. Perseguendo un’alleanza con le forze di polizia, protagoniste dell’avvitamento repressivo e destinatarie di robuste politiche di sostegno. Crediamo che un aspetto della lotta, fondamentale per sbaragliare i piani del nemico, sia la solidarietà, bersaglio principe del disegno di legge 1236. In quanto ricorrono nel testo veri e propri tentativi di colpire individui e disarticolare reti sociali, sanzionando chi supporta gli occupanti di edifici pubblici a scopo abitativo, cercando di spezzare la solidarietà all’interno delle carceri tra i detenuti (e con chi sta fuori) e attraverso il neonato “reato di parola”, volto a colpire lo scambio e la diffusione d’informazioni. Per rilanciare la complicità e la solidarietà tra sfruttatx/oppressx, pensiamo sia necessario provare a costruire insieme in Sicilia una mobilitazione unitaria, che possa affinare legami e pratiche, utili a combattere la repressione nel nostro specifico territorio. Vogliamo ribaltare la narrazione di una Sicilia disomogeneamente abitata e vissuta, una terra d’emigrazione, talvolta deserta, arretrata, abbandonata, perfetta unicamente per edificare basi militari e strutture detentive, come cattedrali nel deserto, isolate, mute ed occultate alla vista.

Riteniamo necessario che proprio dalla Sicilia si alzi una voce contraria, forte ed unita per contrastare i progetti repressivi e guerrafondai previsti dallo Stato Italiano per quella che considera una debole colonia periferica e silenziosa. Sappiamo quanto sia necessario che la mobilitazione esondi fuori dai circuiti militanti cittadini. Crediamo non si possa più indugiare. Ci appelliamo pubblicamente a organizzazioni, realtà politiche, individualità che condividono le analisi trattate in questo appello a partecipare alla costruzione di una mobilitazione regionale contro leggi repressive e stato di guerra.

Con il nostro cuore rivolto al genocidio palestinese, forma repressiva più estrema ed
espressione massima di brutalità e annichilimento di una intera popolazione. Stop Genocide!Free Palestine!

No ddl Sicurezza Catania.


1 come salumi, pesce, formaggi (solo se stagionati), farina, lievito, vino e birra.
2 Centri di detenzione per le persone senza permesso di soggiorno, quindi deportabili nei paesi detti
“di origine”.
3 Centri di identificazione e confinamento per coloro che sono appena sbarcatx.
4 Centri Governativi di Prima Accoglienza di trattenimento coatto, per coloro che riescono a
presentare una domanda di protezione internazionale.
5 Mobile User Objective System è un sistema di comunicazioni satellitari (SATCOM) militari ad alta
frequenza(UHF).
6 stazione di rifornimento delle Forze di Mobilità Aerea statunitensi che ospita gli aerei-radar AWACS
e i caccia della NATO.
7 stazione di rifornimento della marina militare italiana e statunitense.
8 avamposti dell’aeronautica militare italiana in cui sono installati dispositivi di ultima generazione,
fabbricati dalla Leonardo SPA, presente con varie dislocazioni sul territorio.
9 pensate per indurre a scegliere un percorso di addestramento militare piuttosto che un percorso di
studi civile, svolte e finanziate dalla Leonardo, azienda leader nella produzione di armi.
1 0 cd. panpenalismo già ampiamente utilizzato nei cd. Pacchetti di sicurezza degli ultimi 25 anni.


Appello per una mobilitazione unitaria def


AGGIORNAMENTO REGOLAMENTO DI POLIZIA URBANA. OSSIA L’ISTITUZIONE DELLE ZONE ROSSE A MESSINA


Con deliberazione n°23 del 21/02/2025, avente come oggetto “Regolamento polizia urbana”, il Comune di Messina abroga il precedente regolamento, datato al 1933. Anche Messina si allinea così al maturato contesto politico, normativo e sociale che rende necessaria l’implementazioni di misure che, a ben guardarci, ricalcano quasi in tutto e per tutto la ratio del ddl sicurezza adesso al vaglio del Senato. 

Si rende noto nel verbale del Consiglio Comunale che tale operazione è seguita anche alle esortazioni della Prefettura di Messina che, con due note indirizzate al Comune (95812 del 18/09/23 e 119806 del 17/11/23), esorta quest’ultimo ad adottare le misure necessarie per permettere al Questore di applicare le misure previste dal DACUR (Divieto di accesso alle aree urbane).  Il DASPO urbano è definito dalla legge come “misura a tutela del decoro di particolari luoghi”: in pratica, un sindaco – con il prefetto – può multare e stabilire un divieto di accesso ad alcune aree della città. È di fatto un divieto di accesso indirizzato ad una singola persona in alcune zone su ordine del Questore. Si parla quindi di “zone rosse”, per indicare luoghi caldi della città dove si vieta di entrare ad alcune persone perché viste come un pericolo per la sicurezza pubblica. 
Si tratta di un istituto nato negli ultimi anni ed introdotto per la prima volta con il decreto legge 14/17, il cosiddetto decreto Minniti. Poi, il decreto legge n° 113/18, denominato “sicurezza e immigrazione”, uno dei cosiddetti “decreti Salvini” è intervenuto con una parziale modifica della disciplina del Daspo Urbano (in particolare art. 21). Sono stati inclusi tra i luoghi ai quali allargare la tutela interdittiva anche i presidi sanitari e le aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati, pubblici spettacoli oltre alle zone di particolare interesse turistico. In seguito è intervenuto anche il nuovo decreto sicurezza 2020 (d.l. n. 130/2020, convertito dalla l. n. 173/2020), che ha ulteriormente ampliato l’ambito di applicazione del Daspo urbano, prevedendo che i soggetti che sono stati condannati anche con sentenza non definitiva, negli ultimi tre anni, per reati di vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope, non possono stare nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico o pubblici esercizi che si trovino nei luoghi in cui sono avvenuti i fatti per i quali è scattata la condanna penale: ai media è stato proclamato come “Daspo per i condannati”. Onore dell’allora ministro Lamorgese. Ancora, il decreto legge n. 123 del 15 settembre 2023, denominato “Decreto Caivano” e recante “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale”, introduce  l’applicabilità del daspo urbano a sogetti minorenni che non abbiano meno di quattordici anni. 
Ormai decorsi i quindici giorni dalla pubblicazione nel gazzettino ufficiale il nuovo regolamento per la polizia urbana del Comune di Messina entra in forze. Tratta, nei suoi diversi titoli, di “decoro pubblico e vivibilità urbana”; “sicurezza urbana”; ed infine, di “polizia rurale”. Il nuovo regolamento, resosi “necessario” alla luce delle “evoluzioni normative, amministrative, sociali ed alle nuove esigenza di sicurezza urbana”, ha raccolto il parere positivo delle cariche di comando delle forze armate e dell’ordine locali. 
 
Nei fatti i diversi articoli del provvedimento ricalcano in parte quanto già previsto dal decreto sicurezza proposto dal governo a guida Meloni ed ora al vaglio del Senato. Vengono ricalcate le soggettività criminalizzate e marginalizzate, individuate ancora una volta nelle persone costrette ai margini di questa società profondamente gerarchica ed escludente. Chi fa accattonaggio, chi imbastisce una bancarella per raccattare qualche decina di euri, la “manifesta prostituzione”, chi trafuga la spazzatura, chiunque sia considerabile come capace di “diminuire il decoro e la pulizia” urbana. Il nuovo regolamento si riferisce a spazi pubblici e spazi privati impiegati a pubblico scopo; si esortano bambini e bambine a non “molestare la quiete pubblica, non danneggiare l’arredo urbano e la vegetazione”. Si interdice la diffusione di “materiale pubblicitario” senza previa autorizzazione (ossia essere un’impresa regolarmente operante) e comunicazione delle operazioni di diffusione pubblicitaria alle autorità competenti, ossia la polizia municipale. Viene fatto dunque divieto assoluto di qualunque diffusione di contenuti cartacei che non avvenga nel quadro della pubblicità autorizzata. Per esempio montare un banchetto con del materiale informativo potrebbe divenire una fattispecie punita direttamente, oltre da quanto già previsto dai vari codici,dal regolamento in questione, concendendo un margine sempre maggiore di azione a varie forze di polizia. In tal caso, sembrerebbe più precisamente i corpi di polizia urbana. Si ricalcano le fattispecie previste, ancora, dal ddl sicurezza, anche per quanto rigurda “campeggio ed accampamento”, non si può dormire in strutture diverse da quelle tradizionalmente considerate ‘casa’ su tutto il suolo comunale; ossia, non hai una fissa dimora? Vai via da qui subito…oppure? diventa un corpo-profitto per qualche cooperativa della cura della persona! Ugualmente per quella che viene definita “prostituzione manifesta”. “Vietato lo stazionamento in modo scomposto e/o contrario al decoro (anche dormendo o consumando alimenti o bevande)”, punite anche “forme di accattonaggio molesto ed insistente”, altresì fatto divieto di “richiamare l’attenzione e la compassione”. 
La lotta agli ultimi, la caccia alle streghe, la soppressione del disagio, l’oscuramento del margine. Non sono più gradite stonature all’armonia grigia di cemento e repressione. Contenitori per persone-capitale, per proggetti-capitale, per sopravivvenza-capitale; le città espellono tutti i corpi considerati estranei all’armonia del guadagno ad ogni costo. Tutti i “perdi giorno” non potranno più imbruttire l’idilliaca esistenza di città sempre più plastiche con la loro squallida dissonanza. La città alza le frontiere, quello che è ancora un disegno di legge trova diffuse applicazioni locali per mano di amministrazioni conniventi e prefetti perfetti. 
Ma se fino a qui sembrerebbe trattarsi solo (sigh!) di operazioni di controllo, sicurezza e decoro urbano; se fino a qui sembra il progressivo adattamento al contesto normativo nazionale e, dunque poi, quello comunitario; se fino qui sembra il reiterarsi di qualcosa di già contenuto e manifestato altrove, tanto negli intenti normativi del legislatore  quanto nelle dinamiche della società di capitale, il quadro si completa con l’articolo 20 della delibera del consiglio comunale messinese; infatti, elemento fondamentale di tale deliberazione, è l’individuare in maniera chiara delle zone particolarmente oggetto di controllo e repressione. Nominare delle aree della città dove l’applicazione del provvedimento del DACUR sia perfettamente leggitimato dall’accorata decisione della società tutta, per intercessione dei suoi onorevoli rappresentanti, ad operare una bonifica da tutti quei corpi considerati di troppo. All’articolo in questione vengono citate tutta una serie di aree che fanno rimando a quanto già contenuto nei differenti “decreti sicurezza” in successione come i governi che li hanno emanati; “infrastrutture fisse e mobili del pubblico trasporto”; “presidi sanitari pubblici e privati”; “scuole di ogni genere e grado sia pubbliche che private”; “sedi universitarie”; “pinacoteche”; “musei”; “luoghi turistici”; “siti archeologici”; “chiese e luoghi di culto”; “monumenti”; “edifici tutelati”; “aree di fiere e mercati”; “parcheggi inter-modali”. Inoltre, si individuano delle aree della città dove la sanzione prevista per le fattispecie elencate nel corso del regolamento concerne direttamente quella del c.d. daspo urbano. Ossia l’istituzione di vere e proprie “zone rosse” nella città di Messina. Più precisamente “l’area del centro urbano delimitata da: Viale Boccetta; Via XXIV Maggio; Via Tommaso Cannizzaro; Piazza Cairoli; Viale San Martino; Via Vittorio Emanuele II; l’area del Sacrario di Cristo Re e il belvedere; ed infine, l’area di Piazza Lo Sardo (Piazza del Popolo) e zone limitrofe. 


Praticamente l’istituzione di tutta una mega area (il centro cittadino) dove provvedimenti del questore faranno di fatto da barriera per la libera usufruizione e passaggio di alcune individualità, segnalate come elementi di stono del decoro urbano. Sembrano affermare chiaramente che la musica è cambiata, torna la società degli sceriffi, quella che abbiamo già assaporato con i provvedimenti carcerieri della dichiarata pandemia dal 2019. Una società sempre più militarizzata, che stringe la propria morsa sui centri cittadini, acquisendo sempre più spazio di controllo maniacale sulla vita delle persone. Si tratta di applicazioni locali di quanto è in corso di approvazione su piano centrale e nazionale. Esercizi di controllo e repressione, si. Ma è anche vero che la collocazione di queste aree sembra configurare una zona cuscinetto che, per prima cosa diventa frontiera tra l’aerea nord e quella sud della città, due zone che saranno particolarmente interessate dai cantieri del progetto ponte; ma diventa anche frontiera tra l’abitato cittadino e l’affaccio al mare, più precisamente la zona della stazione e, dunque, la zona falcata, già zona militare e di mille speculazioni. Inoltre, in armonia con le leggi e i regolamenti cambia la morfologia della città, si costruiscono nuove frontiere che abbracciano o escludono aree diverse della città: il rifacimento della linea del tram, ad esempio, nell’area della stazione centrale subirà la modifica di percorso che vedrà sciogliersi questo abbraccio della piazza anti stante la stazione, che verrà invece collocata all’aldilà del passaggio della futura rinnovata linea tram; la disseminazione prepotente di telecamere ed infrastrutture di controllo su tutto il suolo cittadino; la costituzione di aree intermodali, per quanto non acora propriamente in funzione, ma comunque esistenti; la costituzione di “zone rosse” interdette a gente non gradita; la progressiva e promimentente militarizzazione delle strade della città. Tutti cambiamenti che oltre a svelare gli interessi predatori e, dunque la necessità di essere difesi dalle possibile deiezioni delle depredate, mettono sempre più in luce la quasi totale aderenza ad un clima di guerra effettivo. L’utilizzo di tecniche e tecnologie adoperate nel contesto di conflitti considerati troppo lontani permea completamente nelle città e nei luoghi che abitiamo.

tracciato della linea del tram “adesso” e “dopo” i lavori di rifacimento nell’area antistante la stazione centrale


Così che in città si moltiplicheranno le scene che abbiamo avuto modo di vedere lo scorso sabato 1 Marzo, in particolare quanto accaduto in serata nei pressi della Galleria Vittorio Emanuele. Quando squadroni di forze dell’ordine hanno fatto irruzione tra la movida messinese per mettere in scena lo squallido teatrino del controllo territoriale. Un’azione poliziesca che si cuce perfettamente a questo clima di caccia alle indesiderate, agli indesiderati. 
Messina, come tanti altri luoghi, è teatro di questa guerra totale. Cosa possiamo fare noi? Come possiamo interfacciarci con questo conflitto completamente asimmetrico nel quale ci troviamo costrette? Seppur non esistono ricette pronte è vero che esistono diversi esempi di resistenze ed opposizioni quotidiane, di ogni momento. Esistono esistenze che mettono in ogni istante in questione lo status quo nelle quali sono recluse. Non è certamente più tempo di rimandi o di raggelanti cautele, la guerra è qui, ce l’abbiamo in casa. 

INCONTRIAMOCI, INTESSIAMO I NOSTRI RESPIRI, AFFINIAMO IL NOSTRO ISTINTO, DIFENDIAMOCI. 


PER LA LETTURA INTEGRALE DELLA DELIBERAN°52


La città degli specchi.

 

C’è dell’acqua, è straripata.

Dei corsi connettono le montagne al mare in questa lingua di terra. Una lingua sanguinante a causa delle tante ferite nel trattenersi.

Ci sono delle parole, sono straripate.

Poi ci sono delle griglie, incroci, alcuni diavoli si incontrano solo li, agli incroci. Strade grosse, strade interdette, strade affluenti.


Ci sono fili che si intessono nei decenni, nei secoli. Alcuni sotterrati nei loculi di quello che è stato, nella sua putrefazione a venire. La certezza, la percezione. Neuroni specchio, acceccanti riflessi di ciò che dimostra essere vivido in noi restituitoci da quanto ci sembra essere, invece, fuori. Meccanismi di auto-difesa fanno confonderci, diluendosi così nella netta separazione da ciò che solo guardiamo senza manco lontanamente avvicinarci a vederlo. E così è un attimo che, con la presunzione di stare dal lato giusto della storia, si prendono le parti degli intessitori di gabbie. Hanno spaccato il suolo relazionale che circonda il nostro esistere, ne hanno fatto carne da macello e servito sotto forma di squisite polpettine al peggiore degli offerenti. L’ennesimo muro costruito con degli scudi, dividendo non solo spazi urbani ma anche mentali, dello spirito. Chi presuppone essere santone vuole dirigire il rito, lo scettro è la penna; o il ditino che batte sulla tastiera; o la lingua che sminuzza libidini in qualche giudizio. Nel frattempo, sparlottano consigli e personalità della mondana opposizione a ribasso. Quanto aspettavano famelici la portata di questa scorpacciata, “gli assassini sono tutti ai loro posti”, condividono la tavolata.

Coloro che tutto e tutte riempono di “per” scorrazzano, maledetti, questi non hanno che rantolare il grido del loro pseudo allineamento, qualcosa che ormai fatto solo di spasmi tenta ancora lo sguisciare nella psiche di quattro solottieri locali. Qualunque loro sia la posizione, le labbra sono state (s)vendute. Cuscinetti si sentono, ma la loro convivenza con la convenienza li ha smussati a freno motore ormai corroso di un motore altrettanto corroso, frizione bruciata, fetide intenzioni tutte volte alla retromarcia. La sbandata è tutt’altro che garantita, quanto piuttosto una piattaforma ben programmata per seguire le linee di sta carreggiata con soste panorama annesse. Le iniezioni letali di cemento sono già quelle che, intorpiditi i neuroni, annullano ogni tensione alla tensione; annullano ogni propensione all’irreversibile domanda sul tutto. Carotaggi di persone hanno permesso una misurazione quasi niente sbagliata di macro-aree sentimentali, catalogando(ci) in mega gruppi nei quali contenitori ci si mette troppo spesso volontariamente. Eccoli qui i cantieri del ponte tanto attesi, le reti arancioni, l’ennesima dissociazione di un mondo sempre più distante. Unapropensione all’arroganza del pastore d’anime ed alla ricerca di un argine dal quale mai fuoriuscire. Sanno bene verso dove far sputare le loro linguacce e quale bestia sbranare per ridurla in strazio con la loro danza sterilizzatrice di vita.

Quanti specchi per allodole sparsi nella loro “presenza sul territorio”, nel loro marketing della lotta (CHE VOMITO!); quanta melassa per piante mai in infiorescenza, sbocciare inesorabile di una baraonda priva di rumore. Pilastri monolitici ed imponenti sono le loro leggi, tutte volte alla rassegnazione, tutte volte al numero, alla statistica.

NON SI RESPIRA E QUANDO SI CEDE IN SONNI DELLA MENTE IL SUSSULTO CARDIACO DELL’APNEA TARDA AD ARRIVARE..

Al motto di “ascolto tutti” e “mi voglio vendere a tutti” si perdono nel niente; una montagna di scartoffie da legali stende il loro tappeto rosso, ormai ridotto a straccio dallo sgommare dei loro tacchi impomatati. Tappeti sui quali da sempre si mette in scena la tragi-commedia del “non era il momento”, “il bello o il brutto deve ancora arrivare” e tutta la loro vasta gamma di secondi fini. Hanno badato bene a transennare questi steli di notorietà a suon di delegati e delegazioni, a suon di “se eravamo solo in tre avevamo già risolto tutto”, per ben prendere distanza da mani ed occhi di tutte quelle bestioline che tanto necessitano nello sciorinare le loro belle parole. Quelle stesse bestie, se gli saltassero addosso, le scaccerebbero con fare inorridito! “VIOLENTI”, “NON IN MIO NOME”. Ecco i dispositivi con i quali hanno tacciato chi si scaglia contro ogni fardello che pende, come una scure. Ci dicono che chi non indossa un sorriso compiacente e maneggia una scintillante penna che spara firme e ricorsi è pregata di starsene a casa o, meglio, IN UNA CELLA!

“VE LO SIETE CERCATI”, lasciano schioccare insieme alle manganellate. 

Svolazzano in circolo sulla carcassa del loro stesso delitto. Attendono l’allargamento delle maglie ad opera dei loro vili servi “locali”, per poi potersi inflitrare come parassiti che scavano tunnel sotterranei. Li si può osservare propugnare azioni burocratiche mentre guardano con ribrezzo chiunque non si lasci infatuare dal loro cancerogeno alitare. Guai a mettere a repentaglio le infrastrutture attraverso cui il loro stesso (in)successo si muove, impulsando l’umanoide stato attraverso plastiche pose di opposizione, voli charter per Acquisgrana e accorate canzoncine natalizie davanti ai palazzi ai quali loro stessi ambirebbero nella loro cieca ego-masturbazione. Ma mai minacerebbero l’abolizione del tutto, mai la invocherebbero credendoci per davvero. Alimentatori di un continuo dormire dello spirito, replicano l’immagine di una rivoluzione possibile solo attraverso il frenetico affaccendarsi tra uffici e marche da bollo.

“Un carnevale per smascherarli”, i sacerdoti del possibile del non possibile si sono mostrati, strillano che il tabù, oggetto del loro rito, è stato sconsacrato. Dei selvaggi lo hanno gettato nel fango.  La vita in formalina, tutto posticipato: “non è il momento”; “è un percorso” etc. Tutto viene modulato in base a qualcosa che non è adesso,ora non esiste. Oggi non vi è niente, ma vi è contemporaneamente tutto, tutto ciò che serve alla posticipazione di vita. Insomma, una non-vita a rilascio prolungato, un continuo sacrificio dell’estasi nel presente in nome di non meglio precisati benefici futuri.

LA SOSPENSIONE È SOLO QUELLA DEL TEMPO DEL RESPIRO. OSSIA UN INCUBO.

Tutto verrà , ma non adesso, strillano certe esistenze. Un rimando diventa così già predisposizione per il prossimo ed, allo stesso momento, frutto del precedente; immanente al brutto, al nulla. Nel loop perenne dello stesso sentire, del perenne tutto come prima, si traformano nell’elogio del FINITO! Si mettono in scena sempre le stesse dinamiche senza margine di modifica, si crea un’etica in base alla quale certi pennivendoli filtrano quanto possibile, auspicabile, e cosa, invece, impossibile, da evitare come la peste. E su questo ritmo, su tale brutto battito, le cessioni di porzioni, via via sempre maggiori, dei ciò che si è. Nella postura dell’evitare di “prestare il fianco” si indossano scarponi di cemento che costringono all’asfissia degli abbissi.

Dimenticando, dimenticando, dimenticando, dimenticando, dimenticando.

Alcuni imprevisti atterriscono lo schiacciamento al dovere, lo mettono fondamentalmente in dubbio, scuotendone le radici nel più profondo; spesse volte ci si rende conto di questo quando si ha fame d’ossigeno.

MA NON RIMAS(T)E SOLE!

Certe volte capita che si percepisca il bisogno di lasciarsi stringere dal chiudersi di una serranda. Delle volte capita che ci ritroviamo intorpidite in posizione fetale ad osservare il nulla, il vuoto, un silenzio. Ci si percepisce sole, rintrizzite nelle nostre sofferenze, il divario si rende percettibilmente incolmabile. Certe volte, delle volte, invece…invece…invece si apre una porta, forse più di una, nuove complicità accudiscono così ciò che sembrava il divenire di un atomo isolato. Lo scindono dalla solitudine raggelante e rendendo tutto possibile, sia in capo all’uno che al molteplice, paventano nuove possibilità. La brezza del cambio stagione così riempe i polmoni, i fiori sbocciano ed il polline, ormai, è stato tutto cosparso per aria e viaggia e viaggia e viaggia. Quell’aria stantia, travolta dalla corrente, adesso diventa flusso in piena, fischio assordante, molteplicità di persone ora un pò meno sole. Mentre alcuni consegnavano chi reputavano feccia alla stretta securitaria e moralista, alla possibilità repressiva; altre persone, invece, sbigottivano davanti allo smascheramento di tutte queste trappole e, complici, incominciavano ad incrociare i propri respiri. La frattura è molteplice, non può certo essere univoca come provano a convincere tutte le certe penne taglienti, questa si è invece espansa e sta attraversando diversi cuori che, ancora, si arrogano il bello di battere in petto. Tantissime persone hanno visto cosa si cela dietro quei bei sorrisi che spesso si incrociano per strada oppure a certe liturgie; tantissime persone si stanno mettendo in dubbio, stanno interrogandosi su quanto valga veramente la pena di consegnarsi a tale bruttura. Adesso le cose si fanno sempre più evidenti, il calice non è più nel sacrario, ha rovesciato il sangue sulla tovaglia e, mentre c’è chi pensa a tamponare ed assorbire la macchia, altre tornano a riempire quel bicchiere. Ilpalcoscenico è stato livellato, adesso stiamo tutte sullo stesso piano della scena, IL RE È NUDO!!! SIAMO NUDE…


Che succede? Ho le farfalle nello stomaco, un subbuglio di emozioni. Sta capitando che il corpo ceda alla focosità dei pensieri, sublimandosi in una specie di stato pre-allucinatorio. Crisi di panico? Che succede? Ho il respiro che sibbilla… si affanna, si fa pesante. Ho la mente che corre da tutte le parti, non riesco a non muovermi in questa stasi dello stare attonito. Che succede? Ora è rimasto un pò meno sole…


Una banda di psico-maghe ha fatto vedere che sarti incravattati cucivano un vestito su misura che nessuna avrebbe potuto vedere e brindavano e brindavano. Quando il re si mostrò al popolo per farsi fregio della sua nuova veste nessuno riusciva a vederla, ma era costata tanto sangue. Ormai le case erano state svuotate, la gente cacciata, gli animali non piu benvenuti e la natura penetrata con tutta la violenza che questo mondo ci ha saputo dimostrare nella sua lunga storia intrisa di stupro. Erano incravattati, occhiali da sole con lenti molto scure e il savoir-faire di chi ne ha collezionati tanti di inganni riusciti. Le tasche traboccavano il lusso sanguigno che avevano estorto a tutte le esistenze durante il loro passaggio. E la gente? La gente, la gente, la gente… La gente si è incontrata e questo è inesorabile, come lo è anche l’inganno per certi versi. Ma quanti spifferi di aria fresca sono giunti da angoli forse anche impensabili? L’IMPREVISTO. Qualcosa è cambiato nella storia che raccontavano quelle viandanti del primo rigo qui a questo paragrafo; si sono svelate prepotenti delle variabili, infinite come sempre. Delle tribù hanno ballato grazie anche a certi suoni magici. Quali danze? TANTISSIME. C’erano due collane scintillanti che recitavano “NOPONTE”, e si!! Il suolo ha avuto un ottima occasione per tremare!! E poi l’entusiasmo di essersi scoperte da sempre vicini, a prescindere da tutti sti macete squarcia-relazioni. Hanno danzato respiri, giravolte, incroci e piroette. Quanti occhi hanno voluto riconoscersi?! Quanti hanno voluto conscersi?!

E poi in certi momenti si può sbirciare tutto il contrario della solitudine; il respiro è un boato!

La cronaca cronicizza malessere e lo incanta in degli istanti, da li il teatrino dell’orrore. Ma quanto nell’adesso invece non si è mai arrestato nessun continuo perenne? Hanno bloccato il tempo del respiro al loro croce via. Lo hanno bloccato con l’aiuto di tutti i ‘blabla’ della situazione; ma quanto altro ancora invece esiste? Mesi in cui il rumore dei passi all’entrata della caverna scaturivano più curiosità che diffidenza. Una propensione ad uscire dal covo delle nostre routine. Vediamoci e non per siglare chissà quale compromesso. Vediamoci perchè lo abbiamo fatto, alcune persone hanno smesso per degli istanti di guardare ed hanno incominciato a vedere, trovandosi cosi nelle orme di certe affinità. Vediamoci perchè, ancora, “gli assassini sono tutti ai loro posti” e continuano la loro mortifera presenza. Vediamoci ancora perchè questi stanno intessendo la criminalizzazione della vita, lo stanno facendo sulle nostre esistenze, chiudendo piazze e vie a persone considerate indesiderabili. Lo hanno dimostrato, mirino e grilletto funzionano. Sanno a chi rivolgere le loro additate varie. Le zone sono già rosse perchè le hanno intrise del sangue delle loro sofferenze imposte, proprio il sangue di quelle persone, fosse anche solo metaforico, non è più benvenuto. “Basta; adesso solo prosciugare!! non viè più nulla da elargire a sti quattro straccioni!!” E già subito l’ossessione, più occhi, più controlli, isolare, impedire, reprimere di più!!!!

CHI È COMPLICE DI CHI?!

Lo sceneggiato continua e assume sempre più forme, in linea con il contenitore che ne permette l’esistenza assume caratteristiche muta-forme; cambia, distrugge il vecchio in un anelare continuo di nuovo, costruito sulla totale negazione di tutto, continuando ad essere inafferrabile, irraggiungibile. Una vita ridotta così a ruoli, specifici ed incistati, nella loro azione asfissiante. La corsa per raggiungersi la punta del naso.. chiaro che chi ha depositato la fanciullezza tenterà di infantilizzare chi concepisce inferiore e questo è stato; un tripudio di gerarchizzazione e ammiccamento con tenebrose piattaforme. Quanta compiacenza da telecamera; mamma, papà, zii e tutte quelle catene familiari. Ma veramente l’unico suono storno che sapete emettere è un patriarcale rimprovero?! Adoratori dello stesso processo che strozza l’esistente, lo affoga, lo stupra. Adoratori dello ‘status quo’, poiché è proprio da questa posizione che mai si contratteranno tutti i privilegi che caratterizzano moltissime delle nostre quotidianità, moltissimi dei nostri compromessi con i vari guinzagli a cui questa vita ci sottopone. Adoratori della posizione che credete di esservi guadagnati e dalla quale osservate tutto con estremo ribrezzo o voltando le spalle quando necessario. Formalina dell’esistere ci si inviluppa in scimmiottanti commenti, giungendo fino al cordiale compromesso da ciarla televisiva. Chiaro, anche queste parole sono molto confinanti in realtà, e mai ridurrei le moltiplici sfumature a certe brutture che si mostrano prepotenti tra i raggi.


Riusciamo a prenderci un momento per distruggere tutte queste armature ignobili che ci appesantiscono il passo?


“LA PIOGGIA DI SOLDI”

Sembra una parola d’ordine, la parola che si sussura all’orecchio per scaturire emozioni strabilianti. La pioggia di soldi. La pioggia; la pioggia, sembra appropriato questa metafora in un luogo della terra dove la pioggia porta con se diverse verità. Qui, piove e frana. Sembra che di volta in volta il trucco appostosi sulle loro belle espressioni si grattugi ad ogni cedere di ogni pezzo della terra che vorrebbero tenere aggrappata, particolarmente ai loro profitti. Un ponte; “sembra un checkpoint, uno di quei luoghi dove ci sono i militari a chiedere documenti e quant’altro”… Ecco la “guerra” tra progresso e natura, ecco la separazioni tra un “noi” (umano) e tutto il resto (inumano). Ma non è un richiamo ancestrale, non è la proposta di una cosmo-visione alternativa all’antropocentrismo. È proprio una condizione di fatto che quando la collina crolla e le strade chiudono, si mette in campo tutta una narrazione da trincea. Blocchi di cemento chiudono il passaggio di un ponte, “non ci sono vie di fuga”, “servono interventi immediati” etc. AIUTOO!!! La raccontano come un’invasione, quella del fango, non come l’erosione perpetuata da decenni di cemento; la raccontano come la colpa di qualche piromane, non come quella di un sistema che sistematicamente carbonizza vita; la raccontano come abuso del singolo, delle case costruite a ridosso del letto del torrente, non come il dolo di una tecnica misantropa ed assassina. Ancora raccontano che l’opera ingegneristica è imbiasimabile, poiché è con la scienza che bisognerebbe vedersela (“chi sarò mai io?!”), e che bisogna solo capire come far incastrare al meglio questo pezzo di puzzle…peccato che si parla di un ponte a campata unica di circa 3km, di rotaie, di gallerie, di tiranti, aree logistiche, vite invase, vite espropriate… ancora provano a raccontarsi e raccontarci la barzelletta di poter “garantire che questa legge di Stato (il ponte sullo Stretto di Messina) non impatti troppo sulla vita dei cittadini”. E il modo quale sarebbe? Quello di garantirci un’ulteriorità di cemento? Le opere “complementari” le chiamano, non compensative, perché (anche se fosse che con il cemento si possa compensare altro cemento) loro “non hanno da compensare proprio nulla”. Come “tutelare” dalla cantierizzazione totale? Prevedere ulteriori cantieri! Ma si, sarà anche vero che non ci sveglieremo dall’oggi al domani con lo Stretto completamente cantierizzato, ma è anche vero che forse non bisognerebbe troppo prendere sotto gamba quest’affermazione. Che le rive dello Stretto non saranno in meno di 24h invase da reti arancioni non avevamo dubbi, come non vi sono dubbi che sono decenni che fate profitto anche su queste spalle. Inoltre, sembra opportuno riflettere su questa gradualità di infiltrazione, goccia dopo goccia. Sembra, dall’altro lato, anche un monito a chi sta qui a rimandare e rimandare, poiché fattispecie a parte, è vero che se si sta rimandando un’eventuale resistenza a quando il symbolum si manifesterà (come conferma il tacito annuire di un certo ‘Ponzio Pelato’ :] ) ci stiamo predisponendo al possibile, tristissimo, sommozzante, “ormai è troppo tardi”.

Non che sia mai veramente troppo tardi, non che esiste un momento in cui veramente ci si possa considerare pacificati con l’esistente; ma ci si può immaginare come, di fronte a fortini ben militarizzati, gli animi di certe persone non saranno così ringalluzziti come starnazzano al giorno d’oggi.

…Ma questo resta solo un punto di vista…

LA FAME REPRESSIVA, L’AUTO-CRITICA DEGLI ASSENTI E MANI CHE PUZZANO DI LAVATO

Uno spicciolo sottolineare quello dei conniventi, in cerca di una perenne mediazione, pretendono dare interpretazione di quanto non hanno manco lontanamente annusato. Pretendono di conoscere quanto accaduto seppur erano altrove, chissà dove, sin dal momento zero. Eppure, sin dalle prime notizie, la necessità di sottolineare la loro assenza era predominante. Cosa è successo dopo? In che momento hanno assunto la visuale di chi c’era? Ma poi sembra quanto meno contraddittorio presuppore una criminalizzazione a monte di quanto avviene per le strade, come fanno questi capi in saldo a non rendersi conto che sono parte integrante del processo di criminalizzazione, che si rende evidente solo a posteriori?Cosi mentre si sciacquavano il trucco con bieco garantismo (“lo si può fare nel limite del consentito”) non si rendevano manco conto di aver partecipato all’orrendo spettacolo delle apparenze. Sarebbe stato bello vedervi goffi, ma eravate solo confusi, inneggiando alla libera interpretazione di quanto dipingevate oggettivo (“le immagini sono oggettive, poi ognuno le interpreta come vuole”). E nel frattempo, gli stessi, evocavano l’azione giusta ed opportuna degli organi di controllo e sicurezza (si ricorda Vendola e le sue dichiarazioni in relazione al “lavoro buono” dei servizi segreti nel contesto valsusino). Che non basti questa similitudine per dare spazio a banali elucubrazioni su quanto la possibilità di interfacciarsi ad una lotta sia direttamente proporzionale alla vicinanza di nascita al luogo ove quella lotta accade. Cioè mentre gridate PACE, fuggendo dal conflitto, in un mondo sfasciato dalle GUERRE, avete la sfacciataggine di invitare “i violenti del nord” a non venire a strumentalizzare la protesta, che sembra appartenergli come un animale da compagnia. Sostanzialmente la prossima volta che bisbiglierete “free Gaza” immaginatevi qualcuno che possa dirvi “zitto, sei di Messina!”…

Insomma, ogni modo è buono per pensare altrove, agire altrove, respingere altrove e mai, ma dico mai, ascoltare veramente quanto accade attorno a loro!

DEUS EX MACHINA?! NARRATORE ONNISCENTE?! IGNAVO!!

Basterebbe ad un certo punto arrivati di questa non-storiella riportare quasi letteralmente quanto udito nel corso dei giorni. La non necessità di affermare idee concrete e convinte attraverso quanto viene definito con il termine “violenza”. Ma quanti interrogativi a fronte di questa bella lezioncina dalla “torre d’avorio”? Forse si potrebbe fare un salto a piè pari chiedendosi cosa sia violenza? E da qui perdersi in un’infinità irriducibile a nessuna delegazione di senso. Ma cos’è violenza? Forse si potrebbe riflettere sulle posizioni di chi la fa e di chi la subisce? Ma quanto questo sarebbe esaustivo nel tratteggiare la molteplicità di quanto “attivo” e “passivo” possano significare e quali posizioni determinano in seno alla società vissuta? La sessualizzazione del tutto, laddove non ha attecchito in termine di possesso fisico e diretto, si è trasformata in pornografia, resa scientifica dalla presenza della voce esperta. Il narratore, il distaccato, colui che non ha alcuna “posizione ideologica”. Un’orgia di squallore in presa diretta praticamente. Il paterno invito di “avere fiducia in se stessi” e di non dover dunque ricorrere alla violenza suona male a fronte di 58 persone in stato di detenzione decedute dall’inizio del 2025 (di cui 15 suicide); suona ridicolo davanti al boato di ogni bomba che viene sganciata ad ogni latitudine del mondo, a fronte dei quasi 50.000 morti di Gaza a gennaio; suona stridente vedendo il sangue che sgocciola dai fili spinati delle nostre frontiere, alle morti in mare ed alle vite che fuggono dal latrare dei cani e dei loro padroni; suona cupo all’immagine del G8 di Genova, della scuola Diaz, di Bolzaneto; suona ridicolo pensando ad Aldrovandi, Cucchi, Giuliani e una lista tendenzialmente infinita di barbarie a mano armata; suona quantomeno ridicolo dopo tutte le carcerazioni che la gente ha conosciuto durante i ‘lockdown’ della dichiarata pandemia.

…..

da:  Akkarod Berht



 

“Anche se avete chiuso

Le vostre porte sul nostro muso

La notte che le pantere

Ci mordevano il sedere

Lasciandoci in buonafede

Massacrare sui marciapiede

Anche se ora ve ne fregate

Voi quella notte, voi c’eravate”

De Andrè-“Canzone del maggio”