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MISANTROPIA INTRANSIGENTE

Sono passati 7 mesi ed a Nizza di Sicilia ancora l’acqua sembrerebbe essere di poco sotto i limiti considerati pericolosi per l’essere umano. Ma andiamo un attimo a ritroso.

Passa un’estate torrida che vede il territorio messinese (tra i tanti) attraversato da un’emergenza idrica senza precedenti. Interi quartieri lasciati a secco per settimane, mesi. Auto-botti avanti e indietro in città ed un sacco di chiamate d’aiuto rimaste inascoltate anche per l’ovvio sovraccarico di richieste. Contemporaneamente poco più a sud della città iniziavano le operazioni della talpa che, con un fabbisogno idrico elevatissimo, incominciava a scavare le montagne per la costruzione delle gallerie propedeutiche alla futura neo-linea ferrata, il doppio binario Giampilieri-Fiumefreddo. Si ricorda, non basterà mai, che il cantiere in questione è entrato tra i tanti annoverabili nell’elenco del colosso Webuild, insieme all’originaria affidataria Pizzarotti. Succede che i giorni passano, la città resta all’asciutto ed intanto la talpa scava e scava. E ciò che la talpa in questione tira fuori dal cuore delle montagne viene ammassato come corpo morto nelle fosse comuni del loro scempio, delle vasche dalle quali presumibilmente (viene detto in seguito) il materiale li stoccato sarebbe servito in altre operazioni di cantiere. E nel frattempo passano i giorni e le settimane e, si sa, queste aree del pianeta (anche stavolta, tra le altre) conoscono variazioni climatiche importanti ed improvvise. Dunque, arrivano gli acquazzoni e piove così tanto che le fiumare di cui sono innervate le colline e le valli delle zone interessate dai cantieri esondano. Lo avevano già fatto, varie volte, dimostrando come questo territorio pressi verso la valle volendosi adagiare sempre più verso la costa franando.

Il 2009 è un anno traumatico per i messinesi che vedono la furia della montagna abbattersi sulla gente, portando via 39 persone e praticamente quasi per intero i paesi di Altolia e Giampilieri. Il fango, anche qui, lo conosciamo bene, viene tutti gli anni tra le abitazioni a ricordarci che ad essere intrusi sono i nostri manufatti, presidi di progresso. Dunque, come ogni anno, anche i passati autunno ed inverno hanno portato con se delle “bombe d’acqua”, agevolando lo scivolare di ulteriore collina resa inesorabilmente instabile dall’insistervi di cemento ed asfalto. Fenomeni diffusi in tutta la provincia messinese, rivelando la fragilità di questo territorio ancora una volta, il fango, ha invaso anche le aree di cantiere del sopracitato raddoppio ferroviario, fortini concepiti per isolarsi dal resto del mondo che ne conosce solo le scorie in questi prodotte, non hanno resistito all’irruenza della terra delle montagne che si intrecciava magnificamente con le gocce in caduta dal cielo. Un mix micidiale, inarrestabile, quasi catartico. Ma anche rivelatore, infatti, l’acqua e la terra, passando su quelle fosse comuni di maltolto alla montagna, lo hanno portato via con se, spargendolo qui e li, restituendolo alla terra dal quale era stato strappato via. Peccato che nel suo cammino ha lasciato ciò di cui è composto e non tutto è fatto per l’essere umano, anche se questo continua ad ergersi come unico utilizzatore legittimo di quelle che ormai sono “risorse”.

Arsenico ed antimonio, dal cuore della montagna, alla tavola periodica, ai nastri trasportatori della talpa Webuild, alle vasche, sino (presumibilmente) alle vene d’acqua che utilizziamo per abbeverarci, per cuocere l’acqua, per impastare il pane o che diamo da bere a qualche pianta. E così torniamo all’inizio di queste righe intrise di rabbia, da sette mesi non si può utilizzare l’acqua dei rubinetti delle case, da poco i livelli di arsenico sarebbero scesi poco sotto la soglia limite oltre cui si considera l’acqua avvelenata e così un’altra opera collaterale è ora possibile, i “de-arsenificatori”. Cosa saranno esattamente? Dei filtri, sembra di capire, che si attiverebbero quando i livelli di arsenico presenti nell’acqua superano i limiti consentiti. I lavori dovrebbero terminare entro fine giungo e così dovrebbe rientrare il pericolo circa l’utilizzo dell’acqua corrente.

Sulla verità giudiziaria possiamo anche sorvolare, ovviamente procura e magistrati fanno il loro solito, e per chi si affida solo ai martelli di legno delle toghe giudiziarie chiaramente il tutto resta ancora un’ipotesi da accertare. Ma non è questo campo minato che interessa attraversare ora. Una cosa la possiamo dare per certa, prima degli inizi delle opere di penetrazione della montagna la gente dell’abitato attiguo ai cantieri utilizzava l’acqua corrente senza il problema dell’elevata presenza di sostanze dannose per la vita umana; prima dello stupro totale della terra e la penetrazione costante per creare kilomtetri di gallerie non vi era bisogno di alcun filtro speciale; prima dei cantieri del raddoppio non vi erano innumerevoli camion scorrazzanti per le vie dei paesi; prima dell’inizio dei cantieri non vi era un deposito pieno di terra all’arsenico in città, a Contesse.

Questo testimonia ancora una volta l’inganno in corso, spacciano morte per progresso e tirano dritto sui loro progetti devastanti. Questo testimonia di nuovo come la loro idea di progresso si fonda su tutto tranne che sull’interesse della gente che abita i luoghi dei loro espropri, della loro devastazione di cemento.

Ora immaginiamoci per un attimo la loro capacità devastatrice dal momento che si taglieranno i nastri dei cantieri previsti dal progetto ponte. L’invasione si fa sempre più imminente, “gli assassini sono tutti ai loro posti” e si preparano al peggio. Il sistema di capitale fa pesare i palpiti del suo cuore marcio su quelli delle persone. La sua espansione è come quella di un esercito che esce dalla trincea ed all’urlo di carica uccide tutto ciò che si trova davanti. La guerra totale è anche questa, quella che altrove si combatte a suon di bombe, qui si combatte a suon di reti arancioni, “lavori in corso”, decreti sicurezza e misantropia intransigente.


Che cosa sarà un “tour antimafia”?!

Che cosa sarà un “tour antimafia”?!

Viene da pensare al trenino squallidissimo che porta in giro i sandaletti morbosamente curiosi. Quelli da turisti insomma.

Di cosa si tratterà questo tour del ministro di infrastrutture e trasporti? Il suo giro dell’antimafia anche sulle rive dello Stretto, a sponsorizzare, ancora una volta, la loro infiltrazione criminosa nel tessuto di tutte queste vite. Così il ministro caro passa da queste parti a ricordarci come “il ponte sia l’opera antimafia per eccellenza”.

Che siano terroriste, disertori, anarchiche ed insubordinati la risposta è sempre e solo una: MILITARIZZARE!

Nasceva la nazione e nascevano carceri speciali per chiunque non si volesse raddrizzare difronte all’imminenza del nuovo potere, quello della nazione e dello Stato. Ed ora come allora la guerra è totale, la guerra è contro ogni corpo che si mette di traverso ai loro loschissimi progetti di devastazione assicurata. Ogni occasione fu ghiotta per l’inaugurazione di nuovi reparti speciali armati in grado di penetrare il tessuto sociale, carcerarlo, fucilarlo, stuprarlo. Ed ora, come allora, il “nemico comune” funge da collante per un mondo cui parola d’ordine é “repressione”. Disertori e refrattarie si trasformarono così in “mafia”. Quando alla vita fu imposto il metodo scientifico lo Stato avanzava e la vita si ritrovava sempre più relegata ad un angolo, coscritta. La creazione del nemico, ora come allora, è il pivot su cui si basa la loro aggressione. Prima cercarono “l’anticristo” e perseguitandolo ne vietarono danze e riti, aspetti della vita divennero illegali. Terre lontane, terre di conquista. Poi vollero soppiantare la conoscenza di Stato a quella ‘locale’, considerata incivile e, addirittura, volenterosa della mano ferro della mano piuma di papà tricolore. La retorica d’invasione è sempre stata basata sul “progresso”, l’appropriazione di parole, dotazione marmorea di senso ed imposizione a macchia d’olio del sensato e dell’insensato. Poi vennero gli eserciti; avamposti e “campi base”; centri di reclutamento e di indottrinamento; reti, confini e sorveglianza (armata). L’invasione militare trovò così consolidamento nell’invasione di una nuova maniera di pensare, moderna, l’invasione di epistemi intrisi di gerarchie; razzismo, misoginia, diffidenza per ‘l’altro’; necessità di determinatezza e fuga totale dall’ignoto. Ed una volta arrivati gli eserciti non se ne andarono più e proliferarono sotto diversi nomi e (apparentemente) funzioni, tutti insieme nell’accorato obiettivo di mantenere quanto imposto a fucilate e cannonate.

Che cosa significa un “tour antimafia”? Significa tantissime cose allora, continua a portare con sé tutta quella retorica e quelle modalità che allora soffocarono le esistenze che vivevano questi luoghi della terra. Ed in parole spicciole, oggi, di nuovo, i loro tour portano con sé nuovi metodi di controllo e repressione. “Cinquanta nuovi ispettori” per vegliare su chiunque voglia infiltrarsi nel loro sterile terreno. Questa è la notizia che porta Salvini sulle coste dello Stretto in occasione della sua squallida gita propagandistica. Ancora controllo, ancora repressione, ancora sangue ed, ancora una volta, gli stessi campanacci d’orati che gli invasori propinavano nelle remote terre di conquista, il “progresso”.

L’unico e solo significato è deciso dai decretatori, “interesse pubblico e nazionale”, l’ennesima ragione per barattare la propria vita con non meglio precisati benefici futuri. L’ennesima buona ragione per blindare la vita delle persone e per vegliarla a vista con personale ben equipaggiato e legittimato a spargere quanto più sangue possibile.


Due mesi fa chiudeva il mercato Vascone di Messina- oggi resta ancora chiuso!

Due mesi fa chiudeva il cancello del mercato Vascone di Messina, così il 19 marzo:

Chiude il mercato Vascone di Messina per permettere la realizzazione dei lavori di “miglioramento” e “ristrutturazione”.

“Per permettere alle persone di continuare il proprio lavoro sono state allora montate delle casette di legno nello spazio antistante (parcheggio d’interscambio Via Catania). Messina, Messina; città d’inganno. Molta gente era anche titubante sulla chiusura; altre persone vedevano, invece, in un territorio che vibra solo per i terremoti, la possibilità di rinnovazione dei locali del mercato come occasione di cambio. Si potrebbe pensare a cosa significhi questa chiusura, questo investimento per ristrutturare uno dei mercati storici della città. Luogo non solo di mero scambio denaro-merce, ma pivot pulsante di forme di socialità sempre più rare a queste latitudini, si trova adesso chiuso. Ma…. Le casette di legno?! INUTILI. Non sono, in questo momento, dotate di energia elettrica e mancano i servizi basilari che erano invece garantiti dentro il mercato “fatiscente”. Molto probabilmente l’auto-gestione di una comunità consolidata, tra legami, conflitti e chissà quante altre sfumature dell’interagire vivente, non avrebbe mai interrotto il filo continuo di questo incontro; si necessario al lavoro, al rapporto vendita-acquisto, ma anche centrale collante di un tessuto sociale, quello messinese, sempre più distante, distaccato e, a tratti, solo. La gente però non aspetta sempre la mediazione di chissà quale struttura, sindacato o partito. E spesso dimostra i pugni chiusi in maniera decisa ed indipendente. Così alla presenza dei soliti mediatori e dei soliti controllori si cerca di mettere sotto vuoto il respiro della gente che rivendica l’inganno. Non si parla qui di malafede necessariamente, quanto meno, in questo luogo, contenitore di migliaia di tribù, il contatto è spesso più diretto di quanto ci si possa immaginare. Ma comunque con ciò non si vuole escludere tutto il dolo in seno ai delegati nel contrattare pezzo per pezzo luoghi (tanto fisici quanto mentali) delle nostre esistenze in virtù di non meglio precisati benefici futuri (“desiderabili”). Ma qui, in questa storia tutta locale, tutta rionale; si viene ad intrecciare un elemento, ossia l’insoddisfazione perenne di desiderio, caratteristica della società del consumo. Ed ogni metafora si fa cosi triste realtà.. Tutto diventa molto terreno in questa perenne rincorsa di un domani, che con ogni probabilità non arriverà mai. Ma che centra il mercato? L’intervento sulle strutture ed infrastrutture presenti in città; delle quali moltissime, ad onor del vero, fatiscenti; non è caratterizzato dalla sola volontà dell’amministrazione locale di fare il numerino più alto alle prossime amministrative, non è esclusivamente campagna elettorale; non è manco esclusivamente perizia tecnica sul come afferrare finanziamenti d’ogni sorta. Ma è anche vero che risponde a delle necessità predatorie che avvinghiano lo Stretto in maniera sempre più consistente. La costituzione di un vero e proprio nuovo spazio di movimento per una nuova struttura di capitale, sempre più “intelligente” e, chiaramente, digitale, algo-ritmica, si rivela sempre più agli occhi increduli della gente. Un luogo, delle persone. Un luogo vuoto, fantasma, delle ruspe. Sembra emblematica la situazione del mercato di pocanzi. L’unica cosa che regge in piedi l’inganno è la svariata quantità di confini che vengono imposti tra le solidarietà. Comunque… chissà come sarà il mercato quando si rientrerà…chissà se ci sarà ancora spazio per tutte…”


OGGI, GIORNO 26 MAGGIO, A DUE MESI DALLA CHIUSURA DEL MERCATO, I LAVORI DI RIFACIMENTO NON SONO ANCORA INIZIATI E LE CASETTE DI LEGNO PERSISTONO IN VIA CATANIA.

Passano le settimane dunque e i lavori al mercato Vascone restano ancora fermi al palo. I mercatari si trovano ancora fuori nelle baracchette di legno predisposte per garantire la continuità dell’aspetto commerciale del mercato. La dinamica relazione non può essere venuta meno però, di fatti lo strato sociale che si intesse in contesti di mercati rionali è molto difficile da arginare. L’inganno è in processo e molti dei dubbi che sorgevano al giorno della chiusura sembrano divenire con il tempo sempre più nitidi. L’ennesima delega ad un futuro promesso, che, come tante altre promesse, si infrange contro la realtà speculatrice che ci viene a tutte imposte quotidianamente. Il comune sembrerebbe aver avviato un contenzioso nei confronti della ditta che si è aggiudicata i lavori. Emblematico il modus operandi di affaristi che, con il fianco dello Stato e delle sue istituzioni, arraffano tutto il possibile, si mangiano tutto e prendono molto più di ciò che possono, per poi lasciare solchi oscuri nel tessuto sociale nel quale si infiltrano brutalmente. La testimonianza dell’aggressione diretta alle vite delle persone che vengono sdradicate dalle realtà sociali che si intessono all’intorno dell’esistere, del vivere, del respirare insieme. Ecco cosa fanno, alzano frontiere nel petto della gente, tentano in tutti i modi di creare isolamento e separazione, uniche vere linfe vitali dei loro loschissimi piani. Ancora una volta viene da proiettare quest’immagine di incompiuta alle prospettive che si palesano con il progetto ponte. Kilomentri e kilometri quadrati di cantiere, frontiere reti arancioni, interdizioni alla vita ed un cumulo di macerie della loro bruttura imposta. Non possiamo ancora lasciarli fare, si arrogano le nostre esistenze e ne vogliono fare strazio in forza solo ed esclusivamente del loro guadagno. Questo è ciò che lascia alle native ed ai nativi il loro processo di modernizzazione ed abbellimento a consumo di qualche sandaletto curioso sbarcato dall’ennesima crociera. L’abbandono è ciò che spetta alle persone che abitano i luoghi degli interessi di una classe politica al totale servizio della grande impresa ed industria; non ci si può fidare assolutamente delle loro promesse di una vita migliore futura.

Prendiamoci in mano l’adesso, riappropriandoci per trasformare in fuoco quanto ci continuano a mal togliere ogni giorno. Stupratori seriali mettono alla barra d’accusa le vittime delle loro violenze, processi in tribunale, processi nei mercati, processi di ammodernamento. Ed in questa solitudine che proliferano gli spacciatori di “per”, mendicanti di notorietà, ossessionati dal momento di fama, sti quattro arraffatoti vengono ad elargire ancora promesse e, nel frattempo, ci svolazzano in circolo sulle teste aspettando di poter banchettare con le nostre carogne. Così che alcuni si dimostrano vicini alla gente ingannata e, illudendoli ulteriormente, vengono ad esigere mandati popolari per rimandare ancora una volta e ancora una volta la vita. Il presidio fisso dello squallore lo portate in petto, politicanti illusionisti di professione, continuano a venderci la loro fuffa. Vorrebbero strade scintillanti, muri grigi, mercati silenziosi e moderni, infanti indebitate, confini serrati, gente sola e disperata, giardini ben curati e manipolati. Ma la loro puzza precede e supera senza alcuna discussione quella che loro dicono abbia il “degrado” contro cui tanto si scagliano.

Vogliono città mute ma sarà un boato a renderli sordi invece! L’erba cattiva non muore mai e noi saremo sempre la gramigna di questo prato di finto verde!!!


NUOVO DL INFRASTRUTTURE

19 MAGGIO 25- APPROVATO IL NUOVO DECRETO LEGGE INFRASTRUTTURE

Giorno 19 maggio, è stato approvato in Consiglio dei Ministri il Decreto legge Infrastrutture. Vengono “introdotte misure innovative per sbloccare cantieri e semplificare procedure” e contiene al suo interno norme molto diverse l’una dalle altre. Rubricato “Misure urgenti per garantire la continuità nella realizzazione di infrastrutture strategiche e nella gestione di contratti pubblici, il corretto funzionamento del sistema di trasporti ferroviari e su strada, l’ordinata gestione del demanio portuale e marittimo, nonché l’attuazione di indifferibili adempimenti connessi al Piano nazionale di ripresa e resilienza e alla partecipazione all’Unione Europea in materia di infrastrutture e trasporti”.

Un provvedimento “urgente e strategico”, dicono dal Ministero Infrastrutture e Trasporti; utile a velocizzare la realizzazione di infrastrutture chiave, come il ponte sullo Stretto; le concessioni autostradali, come per esempio la Pedemontana Lombarda; le olimpiadi Milano Cortina 2026; il GP di Formula1 ed altri. “Questo decreto-legge, frutto di un’attenta analisi delle priorità del paese, introduce misure concrete per sbloccare cantieri, semplificare procedure e garantire servizi di trasporto all’altezza delle esigenze dei cittadini e delle imprese”. Insomma, un altro assist all’industria dell’infrastruttura e della guerra.

Ancora non è disponibile il testo del decreto, ma da alcune anticipazioni si intuisce la portata delle norme contenute. Per quanto riguarda il ponte sullo Stretto le fondamentali novità sembrerebbero sostanzialmente tre; in primo luogo sfuma la qualifica di “stazione appaltante” della società Stretto S.p.a., che era prevista nel precedente decreto, ossia viene meno la sua caratteristica di soggetto pubblico in grado di bandire procedure di gara in maniera indipendente; sembrerebbe essere stato adeguato l’attuale costo della complessiva opera ponte sullo Stretto a 15.5 miliardi di euro, cui sappiamo l’impalcato del ponte ricopre meno della metà del totale importo, essendo l’opera costituita da un’insieme di opere infrastrutturali affini e “compensative” (o per meglio dire collaterali) che si espandono a macchia d’olio sulle rive siciliana e calabrese; ultimo dei tre aspetti che sembrerebbero costituire il capitolo ponte sullo Stretto del neo decreto legge infrastrutture sarebbe la possibilità di aumento dei contratti per la realizzazione dell’opera con il limite massimo del 50%. L’amministratore della Stretto S.p.a., in occasione della conferenza del ministero delle infrastrutture e trasporti del 19 maggio, ricorda che la società si trova adesso nella fase di completamento della documentazione necessaria in attesa “dell’auspicato parere positivo del CIPESS”. L’obiettivo è infatti quello di proporre alla commissione l’esame della documentazione prodotta entro la fine di giugno, per poter poi procedere con le successive fasi della cantierizzazione. La Commissione, sempre in occasione della consegna della documentazione da parte della Stretto S.p.a., individuerà le così dette “opere anticipate”, che sono tutte quelle immediatamente realizzabili dopo l’eventuale approvazione del CIPESS stesso.

Espropri, kilometri di strade e ferrovie, fiumi di denaro, centoventi mila unità lavorative, aziende di tutt’Italia coinvolte, migliaia di mezzi, le rive dello Stretto militarizzate, ecco cosa ci viene prospettato dai signori del cemento e i suoi conniventi legislatori; presumibilmente, da quest’estate in poi. Tutti coinvolti, dalla difesa all’economia e finanza, nel misericordioso aiuto di queste terre derubate ed abbandonate. Il loro record internazionale è tutto sulle nostre spalle, metaforicamente e materialmente. “L’estate del 2025- dice il ministro Salvini- non per capriccio elettorale, ma per serietà, è quella dei lavori Pietro…”. Insomma, sembrerebbe tutto pronto per la loro scorpacciata di vite umane e non umane, manca solo il parerefinale del CIPESS e il loro avamposto di “progresso” incomincerà a sparare senza sosta sui nostri corpi, sulle nostre esistenze.

Lo stesso ministro chiede intransigenza contro infiltrazioni criminali… ecco, vogliamo prendere alla lettera questo invito. Siamo intransigenti contro ogni tentativo di intromissione nelle nostre vite. Il vostro diserbo esistenziale non lo vogliamo. Fomentatori di distruzione e disperazione voglio cacciarci a suon di ruspe dalle terre che abitiamo e viviamo per sostituirci con il loro manufatti di profitto ad ogni costo.

Sempre nell’ambito del Decreto legge infrastrutture, il ministro, ha stanziato 5,25 milioni di euro per il 2025 e 5 milioni per ogni anno dal 2026 al 2032 “a favore della Federazione sportiva nazionale-ACI per la realizzazione dei Gran Premi di Formula 1 che si svolgeranno negli autodromi di Monza ed Imola”. Si mira dunque, ancora una volta, a sostenere “l’indotto turistico e l’immagine del nostro Paese nel panorama globale del Motorsport”, dimenticando sistematicamente cosa questo significhi invece per i luoghi e le vite interessate da tali progetti. Nel dl infrastrutture anche le opere funzionali alle olimpiadi invernali di Milano Cortina 2026, scelto come “commissario straordinario per le opere strategiche in Veneto e Lombardia” l’Amministratore Delegato della Società “Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 S.p.A.”; per quanto riguarda il Veneto le opere interessate sono: una nuova opera di presa idrica dal fiume Boite a Cortina; un nuovo impianto a fune a Cortina d’Ampezzo e la costruzione di un sistema di trasporto “moderno ed intermodale”; per quanto riguarda la Lombardia: il parcheggio interrato Mottolino (Livigno), per gestire meglio i flussi di traffico previsti; ed infine, il nodo di Castione Andevenno (“svincolo di Sassella”). Ancora una volta, come in diversi appalti pubblici, ad accaparrarsi gare ad assegnazione diretta è Webuild, una delle società (quella di punta) del consorzio Eurolink cui sono affidati i lavori del mega progetto ponte. La Pedemontana, la linea metropolitana M4 di Milano che collega Linate ed il centro città in pochi minuti. Più in generale, le olimpiadi invernali Milano Cortina 2026 hanno portato con loro un’ondata di lavori e cantieri a pioggia su tutta la città. L’ennesima conferma che i grandi eventi sono legittimazioni culturali e sociali di una più generale aggressione ai territori fatta di trasformazioni infrastrutturali tanto fisiche quanto digitali. Così cavalca il progredire del sistema “smart city”, binario che corre parallelamente in diversi contesti interessati dalle ondate di cantieri previsti ed in esecuzione.

Il 19 maggio non è stato solo il giorno dell’approvazione del Dl infrastrutture, si sono infatti discusse importanti modifiche al PNRR italiano. Tra gli esiti la rimodulazione dei progetti in ambito ferroviario, ottenendo la piena salvaguardia dell’importo finanziario originario ed “assicurando il finanziamento di opere prioritario come il Terzo Valico dei Giovi e la linea AV Salerno-Reggio Calabria. Infine, tra gli altri, altro elemento fondamentale sarebbe la “promozione del Partenariato Pubblico-Privato (PPP)”, fondo utile ad attrarre capitali privati nella realizzazione di grandi opere pubbliche. Strumento, quello del PPP, che sarà progressivamente rafforzato, “con un impatto atteso significativo in settori chiave come le infrastrutture idriche e l’edilizia sociale (Piano Casa)”.


Ma è veramente ancora possibile lasciarli fare? Quanto ancora ci si può dimostrare accondiscendenti in cerca di perenne mediazione con l’esistente?

Venditori di sabbia nel deserto, queste lingue biforcute si aggirano seminando la loro menzogna. FIRMATE FIRMATE.

Una scorpacciata di consenso per il ponte, le imprese del Nord che entreranno nel progetto, e i politici che le avranno aiutate. In questi giorni, al villaggio UNRAA, contesse, città di Messina, un bachetto di Lega-Prima l’Italia raccoglie firme per chiedere di coprire il segmento del torrente S. Filippo che permetterebbe al Villaggio di avere una seconda entrata. Sì, perché al quartiere della zona Sud si può accedere da un’unica strada, da dove passano – oltre agli abitanti – i mezzi pesanti di diverse imprese di servizi e logistica e, da un po’ di tempo, anche i mezzi che depositano materiali di ogni sorta nel cantiere adiacente alle case ed al mare. Strano… in mesi e mesi di allarme sanitario ed ecologico non hanno emesso un fiato riguardo l’arsenico e le polveri sottili che si diffondevano nell’aria e nell’acqua… ora improvvisamente appoggiano una richiesta che gli abitanti del luogo fanno da decenni.

In apparenza è ancora piu strano che loro, che sventolano la paternità della mega-opera che stuprerà la nostra terra, sicuri che in estate – forse proprio da Contesse – apriranno i cantieri, chiedano un intervento già previsto dal progetto ponte!

Sappiamo infatti che, secondo il progetto, proprio da villaggio UNRRA avrebbe inizio il perforamento della terra per la nuova ferrovia che, attraverso due gallerie sub-urbane, giungerebbe all’impalcato del ponte. Ma di questo, nello sbandierare la loro nuova sensibilità per i problemi degli abitanti della zona, neanche una parola.

Indicato con marrone chiaro l’area del torrente S. Filippo già inclusa nel progetto ponte sullo Stretto.

Una nuova viabilità per il Villaggio UNRRA” recita il manifesto del loro rituale di menzogna, apponendo il camouflage della vox populi ai loro interessi milionari.

Manipolazione in due step: ingraziarsi gli abitanti del luogo insinuando nelle loro teste che, a fronte di veleni ed espropri, qualcosa di buono anche per loro c’è, nel progetto del ponte; poi, utilizzare gli stessi abitanti come leva per legittimare i cantieri. Ma con chi pensano di avere a che fare?! Hanno la pretesa di poter sempre imbrogliare chiunque con le loro belle parole…

Ma per chi chiedono questa “nuova viabilità”? Per ancora altre miriadi di camion stracolmi di materiale da cantiere che scorrazzeranno qui e lì per le strade? …tanto, comunque, tra espropriati e trasferiti forzati, saranno poche le persone che rimarranno in quartiere!

Continuano imperterriti a porsi come i mediatori del ‘ben vivere’, del futuro avvenire, unici interpreti di ciò che è meglio; cercano di costruirsi rifugio e legittimità dietro un “mandato popolare”, quello delle stesse persone che dai loro cantieri perderebbero di più. Dall’altra parte, intessono la narrazione del costantemente incipiente inizio dei cantieri; poi, subito dopo, qualche notizia smentisce e rimanda lo stupro a qualche mese dopo. Di estate in estate la corda della forca sembra stringersi sempre più al collo della gente.

Intanto, la narrazione da guerra ha lasciato spazio a un’organizzazione del controllo e della repressione nel contesto cittadino sempre più improntata agli scenari di guerra. La riorganizzazione del regolamento di polizia urbana e la richiesta di strumentazione da antisommossa per la polizia municipale ( in diretto riferimento ai prossimi cortei No ponte!) sono solo gli ultimi dei provvedimenti che stringono la città.

Vogliono convincerci in tutti i modi a consegnare i nostri luoghi di vita nelle mani di chi ne farà strazio a viso scoperto; in cambio di qualche briciola che non potremmo neanche mangiare, quando ci avranno tolto tutti i denti. Lo fanno attraverso le menzogne che ogni giorno propinano a mezzo stampa e/o telecamera, lo fanno attraverso la fame che impongono su luoghi e persone sempre più depredate, lo fanno con i loro banchetti raccogli firme, con il loro continuo caldeggiare il processo democratico colluso e pilotato da signori del cemento e della finanza, senza il quale non esisterebbe per loro alcuna possibilità di esistenza.

Ma è veramente ancora possibile lasciarli fare? Accettare tacitamente la prepotenza con cui impongono la loro squallida presenza? Quanto ancora ci si può dimostrare accondiscendenti in cerca di una perenne mediazione con l’esistente?

Diciamo NO alle loro luride menzogne! Non possono sempre averla vinta loro, non possono sempre fare tutto ciò che vogliono, soprattutto perché il loro volere è sempre e comunque contrario alla vita ed alla gioia.


CORPI DI GUARDIA E MENTI CARCERATE


Commentano giovani rivoltosx…

“La festa comincia male, diventa finalmente nostra. Ci prendono sempre tutto; ci riprendiamo qualcosa!”



Il dirigente del Comune di Messina Salvo Puccio con determinazione n° 2901 del 16/04/2024 indice il bando di assunzione per cento agenti di polizia locale con la mansione di istruttore. 

L’estendersi della necessità di personale di sicurezza e controllo sul territorio in un contesto normativo che si fa sempre più stringente e rivela la sua genetica fascista, travestita col nome “democrazia” è uno degli aspetti. Ma è molto curioso provare ricostruire uno dei fil rouge possibili che lega tra loro alcuni avvenimenti che ci piombano a cascata sulla testa, determinando il riassetto della polizia urbana nella città di Messina, anche. Risulta abbastanza confusionario ma, con il supporto del “senno di poi” (sigh!), si può abbozzare una ricostruzione dei fatti normativi e di concreta vita vissuta che hanno condotto, dal centro, al riassetto securitario di tutte le periferie. Il clima di guerra favorisce e lubrifica la possibilità di organizzare le regioni del regno in modo da creare compartimenti stagni controllabili, reprimibili e difendibili. 

Il “ddl sicurezza” non ha fatto altro che starnazzare un cameratesco “PRESENTE” al richiamo della società militare, di guerra. Poi, aggirando lo stesso sistema burocratico frutto del loro garantismo, il legislatore ha promosso l’applicazione dei suoi dettami in maniera diramata, locale. Così che i diversi comuni, soleccitati dalle prefetture e da sceriffi vari hanno incominciato, a catena, ad implementare regolamenti di gestione della sicurezza urbana che sempre di più hanno ricalcato la ratio del “ddl sicurezza”. I comuni hanno istituito diverse forme di “zone rosse”, confermando la totale possibilità di personalizzazione dell’apparato securitario che, da oggi, si cuce su misura dei corpi che intende colpire e criminalizzare. A coronare il sogno nazional-securitario il decreto che ha ammesso, seguendo la formula emergenziale, le caratteristiche sempre più repressorie messe in atto di governo in governo. Dimostrando subito il rinnovato clima repressorio, sempre più acuito, attraverso le modalità operative delle forze dell’ordine ed armate. I più recenti interventi intrisi di violenza nel contesto di alcune TAZ a Milano e Bologna, dove le squadre in divisa hanno provato a farsi strada a suon di lacrimogeni e vandalizzazione dei mezzi in uscita dalle aree circondate dagli agenti; il cuneo messo in opera dai reparti anti-sommossa durante il corteo con Gaza tenutosi a Milano che ha di fatti diviso il corteo in due; le repressioni durante le celebrazioni del 25 Aprile in diverse città d’Italia; tutte queste operazioni, che si diluiscono tra il tantissimo sangue già versato, riconfermano ancora una volta qual’è il pasto (avvelenato) che ci stanno giorno per giorno servendo in questo squallido banchetto. 

A Messina, nel frattempo la Prefettura sollecitava per la riorganizzazione del regolamento di polizia urbana e l’identificazione, da parte del Comune, di aree considerate “sensibili” ove il provvedimento del DACUR (divieto d’accesso urbano) sia considerato facilmente (termine giuridicamente profano) applicabile. Aree considerate particolarmente sotto attacco del degrado e che necessiterebbero della disinfestazione dei marginalizzatori e, così, la solitudine avanza. Preventivamente si è provveduti al riassetto di molti degli aspetti, tanto amministrativi quanto operativi, delle forze di polizia urbana in servizio sul territtorio. Si procede all’assunzione di nuovi agenti ed a somministrare nuove tipologie di addestramento per meglio inserirsi nelle nuove forme di servizio previste per questa forza di polizia sul territorio urbano. Aggiornato il regolamento di polizia urbana si richiede l’implemento di dotazione agli agenti della polizia municipale, fornendo scudi anti-sommossa, guanti con nocche rinforzate, caschi a visiera lunga, torce tattiche, ma soprattutto “adeguata formazione”. I kit speciali sono 40 ed più si aggiungo 10 kit specificatamente pensati per l’applicazione delle misure previste dal trattamento sanitario obbligatorio.  Il tutto giustificato dalla più recente manifestazione No ponte che ha visto le strade di Messina attraversate da persone che non partecipavano ad una liturgia come un’altra, ma che, con determinazione, squarciavano lo status quo che affligge la quotidianeità di queste latitudini. Si è speso troppo tempo a quantificare i millilitri di vernice spray applicati sui muri di questa grigia città e non più di un niente alla considerazione di quanto avviene ex-post. 

Partendo dai provvedimenti del consiglio comunale messinese, che si prefigge di implementare la sinergia con la questura nella gestione dell’ordine pubblico, vengono più volte menzionati i fatti del Carnevale Noponte e si chiama a gran voce l’isolamento. Infatti, per i consiglieri comunali di Fratelli d’Italia e Lega le prossime manifestazioni contro la mega-opera dovrebbero avvenire “nell’inutile parcheggio d’interscambio di San Licandro”, zona pre-collinare del messinese.  A parte l’aggettivo “inutile” riferito ad un’opera del comune all’interno di uno stesso provvedimento comunale che di per sè delinea il carattere tragi-comico della questione, resta predominante l’esercizio di cieco e sommario potere da parte dei soggetti istituzionali coinvolti, che nella loro continua ricerca di centralità da opinionisti si dimenticano il proverbiale “contare fino a dieci”.

Le mosse politico-istituzionali che ricalcano la stretta penale dei provvedimenti “sicurezza” non terminano qui, infatti in ordine cronologico, subito dopo la delibera comunale sopra citata, il comune messinese approva il già menzionato nuovo regolamento di polizia urbana, implementando una personalizzata e zanclea forma di “zone rosse”. E se, precedentemente, si era già imbastito il bando di conocorso per l’assunzione di nuove guardie del castello, adesso si prepara la ciliegina sulla torta con la previsione di ulteriore attrezzatura e formazione.  Se la tipologia di attrezzatura non lascia spazio alla fantasia circa le rinnovate intenzioni del grande controllore Giardina (capo della polizia municipale messinese), qualche dubbio circa “l’adeguata formazione” forse bisognerebbe porselo. Certo ad utilizzare sti scudi e sti manganelli sappiamo bene chi lo insegna, essendo la polizia di stato incaricata alla gestione dell’ordine pubblico, soprattutto quello a cui fanno riferimento nella loro cieca corsa alla militarizzazione totale. Ma si potrebbe dedurre una qualche forma di collegamento tra le nuove assunzioni e le auspicate funzioni che dovrebbero ricoprire; se poi si aggiunge che una buona percentuale di posti per questo tipo di concorsi è riservato a persone che hanno partecipato a programmi come vfp1 (volontario in ferma prefissata per un anno), vfp4 (volontario in forma prefissata per quattro anni) o affini, si può presto intuire che tipo di preparazione pregressa è favorita e gradita.  

Un salto a ritroso lo si può proporre qui, tornando alla scorsa stagione fredda, quella del 2024, quando la città di Messina sembra improvvisamente invasa da quantitativi di crack senza precedenti. Ogni fine settimana il servizio giornalistico dedicato ai risultati dei controlli sul territorio il termine “crack” spopola nella cronaca locale. Il culmine si raggiunge quando, scoperta l’america nella bacinella, ci si accorge che “i giovani” si drogano! Ma cosa ancora peggiore, lo fanno a cielo aperto e non nella suburbe dove tradizionalmente si immaginano collocate reiette e rietti, mettendo così costantemente a rischio la narrazione di una città tranquilla, esente da disperazione ed abbandono umano/sociale. Non in queste righe si vuole avanzare una riflessione sul clima sociale che ha permesso il tracollo di una comunità appesa ad un filo e certamente non è individuabile, il collasso sociale, nello schioppettare di queste pietre nelle pipe, ma certamente molto più in là, forse questa è solo una conseguenza. Ed, a scanso di equivoci, non vi è alcuna moralizzazione circa la ricerca di un’istante di serenità in questa o quell’altra sostanza. Fanculo l’antidoping! Il dato allarmante fu il sempre più intenso rapporto sinergico degli agenti di polizia municipale con quelli delle varie forze dell’ordine ed armate. Infatti, posti di blocco della municipale sempre affiancata da personale di polizia di stato, guardia di finanza o arma dei carabinieri; pattugliamenti congiunti; eccetera. Insomma un ménage à trois di sbirri. 

L’attuale amministrazione a guida Basile segue pedissequamente i passi già percorsi dalla precedente genitore. Gia con la precednete amministrazione De Luca si avvertiva l’elevazione del corpo di polizia municipale a guardie personali dell’allora sceriffo che dichiarava arresti agli sbarchi delle navi traghetto durante la dichiarata pandemia e le misure di chiusura implentate, appunto, attraverso diversi decreti. Chi abitava Messina in quel momento potrà nitidamente ricordarsi le foto pubblicate sui social dall’allora sindaco di sex toys e profilattici rinvenuti nelle diverse case d’appuntamento dove i suoi agenti municipali irrompevano con la stessa prepotenza che tutto il mondo, ogni giorno, già è capace di dimostrare a chi abita i contorni di questo terribile buco nero. 

Non era più evidentemente possibile concepire le forze di polizia municipale come l’ennesimo bacino per assunzioni di amici e parenti che faceva possibile l’immagine goliardica dell’agente municipale come un carapace della sorveglianza. Aumentano le ronde e la possibilità di presidiare sempre maggiori porzioni di territorio, sempre e soprattutto in vista della massiccia opposizione alla cantierizzazione delle rive dello Stretto, dicono.


Commenta Giardina: “L’operatore rischia […] servono almeno i caschi. Sono dispositivi di sicurezza e protezione, certo non vogliamo trasformarci in una polizia in stile sudamericano”…. che vorrà dire?!


E così, ringalluzzito l’umore di questi mai percepiti come sbirri, adesso vengono definitivamente inseriti nel grande pastone del braccio armato dello Stato, anche qui, nella sghignazzante città di Messina. 




“IL LORO GRIDO È LA MIA VOCE”- Poesia da Gaza

|MESSINA|

DOMENICA 18 MAGGIO| ORE 15:00| FORTE S. JACHIDDU (ME)| in “CONTRO LA CITTÀ CANTIERE”


“IL LORO GRIDO É LA MIA VOCE”- Poesia da Gaza

“SE DEVO MORIRE, TU DEVI VIVERE, PER RACCONTARE LA MIA STORIA”

Ancora. E ancora e ancora e ancora e ancora …

Altrimenti niente più ha senso…e mai più ne avrà…

Che le poesie, le parole prese dal testo a cui facciamo riferimento, da Gaza, vengano seminate, dette, urlate, agite per come possiamo, a questa nostra latitudine, con questi seppur goffi inadeguati mezzi e tentativi….che ciò che in Palestina si paga con la vita, voglia, debba diventare storia …”filo bianco ” tra loro e noi….

Che questa azione fatta di parole a cui noi possiamo e dobbiamo dare il fiato possa ripetersi ancora e ancora e ancora , passare di bocca in bocca , scalfire , fecondare…. Domenica e poi di nuovo e di nuovo..ancora ed ancora

FREE PALESTINE!


CONTINUIAMO A SCRIVERE AD ALFREDO!

Riceviamo e diffondiamo:

Ciao a tutt*: gli aggiornamenti che ci arrivano sulla situazione del compagno Alfredo Cospito descrivono un evidente inasprimento delle condizioni già di per sé aberranti della reclusione in 41-bis. Da alcuni mesi, Alfredo sta affrontando una progressiva limitazione nelle già esigue possibilità di vivibilità del regime detentivo a cui è stato assegnato dal 2022, tra cui il blocco praticamente totale della corrispondenza da/per l’esterno, l’impossibilità di accedere alla biblioteca interna (autorizzazione che Alfredo aveva avuto dalla Direzione), il blocco dei libri regolarmente acquistati in libreria tramite il carcere (come prevede il regime del 41-bis) e di altri beni, come farina o indumenti, di uso quotidiano. Tutto ciò avviene, guarda caso, in coincidenza con la condanna in primo grado per rivelazione di segreto d’ufficio del sottosegretario alla giustizia Delmastro (proprio per la vicenda delle intercettazioni ambientali, divulgate in Parlamento da Donzelli, delle conversazioni tra Alfredo e gli altri reclusi che all’epoca facevano parte del suo “gruppo di socialità”). Altre “coincidenze” che viene da pensare possano avere il loro peso in questa vicenda sono le dimissioni a fine del dicembre scorso del direttore del DAP, Giovanni Russo, che aveva testimoniato non proprio a favore di Delmastro nel processo a suo carico e, ancora guarda caso, il ritorno al comando della sezione 41-bis di Bancali del graduato dei GOM che era stato trasferito proprio per il suo coinvolgimento nella faccenda delle intercettazioni. Rilanciamo quindi l’appello che diffondemmo l’anno scorso in merito alla corrispondenza indirizzata ad Alfredo, come primo passo perché riacquisti incisività e costanza la mobilitazione per strappare Alfredo dall’isolamento e per continuare a lottare contro l’ergastolo e il 41-bis.

CONTINUIAMO A SCRIVERE AD ALFREDO!

È importantissimo continuare a scrivere al compagno Alfredo Cospito, tuttora in 41bis nel carcere di Bancali (Sassari). Il lavoro certosino (e spesso francamente incomprensibile e contraddittorio) dell’ufficio censura, insieme al pressapochismo tipico delle patrie galere e all’inaffidabilità delle poste italiane (strumento sempre più spesso appannaggio esclusivo delle comunicazioni galeotte), rende fortemente consigliato l’invio della corrispondenza attraverso sistemi tracciabili quali la raccomandata (anche senza ricevuta di ritorno) o la “Posta 1”. Il tagliando e il codice di tracciabilità permettono di conoscere lo stato della spedizione e intraprendere poi l’iter burocratico per cercare di sbloccare la corrispondenza, dato che gli agenti non sempre rendono noti i trattenimenti e la posta spesso semplicemente scompare. Invitiamo quindi tutti i solidali a scrivere e ad inviare scansione o foto dei tagliandi (o comunque dei codici di tracciabilità) alla Cassa Antirep delle Alpi Occidentali, che si incaricherà di raccoglierli e inviarli all’avvocato di Alfredo per fare i dovuti ricorsi e recuperare quante più lettere possibile. La solidarietà è un atto concreto, non lasceremo mai Alfredo da solo nelle mani dei boia di Stato: sommergiamolo di affetto anche attraverso lettere e cartoline!

L’indirizzo per scrivergli è: Alfredo Cospito C.C. “G.Bacchiddu” Strada Provinciale 56, n°4 Località Bancali 07100 Sassari

mentre per inviare le vostre ricevute: cassantirepalpi@autistici.org Contro tutte le galere!

Cassa AntiRep delle Alpi occidentali


VOGLIO UN MONDO SENZA CARCERE

VOGLIO UN MONDO SENZA CARCERE
Serata benefit contro tutte le galere, cassa anticarceraria vumsec.
3 Maggio Palestra Lupo, Catania.

H 18.00 Selecta Hip Hop
Giusè x Niero (PA)

H 20.00
Cena sociale

H 21.30 live hip hop
K19 Tribe (PA)
Giusè x Niero (PA)
Peppe Serpe x RBN Hood (CT)
Shili (ME)

Dj set Tekno
Mk-Bastard-Rat (PA)
Shili (ME)


“Adesso non si scherza più”

Riceviamo e diffondiamo:

Come un corteo di carnevale, con carro, maschere e coriandoli si trasforma in un attentato terroristico.

“Quel pessimo scherzo di Carnevale che indigna e offende Messina”;

“Cavernicoli e antisemiti”;

“La battaglia contro il Ponte utilizzata per far casino e aggredire i poliziotti”;

“Contro il progresso e a sostegno dei terroristi”.

Che il terreno fosse accidentato era facile da intuire, ma fossero le strade già spianate non servirebbe aprirne di nuove. Invece difficile era intuire che un corteo carnevalesco avrebbe provocato una canea mediatica talmente feroce da sfornare in poco tempo centinaia di articoli per attaccare un corteo di 300 persone.

“…mi chiedo in cosa la nostra società abbia sbagliato, nel produrre soggetti che, privi anche del minimo senso civico, colgono ogni occasione per offendere, aggredire, fare violenza…Che fine hanno fatto i valori che si insegnano nelle scuole?”

Vent’anni di controversie sul ponte hanno destato enorme attenzione negli ambienti siciliani del cemento e dal malaffare che sulla sua costruzione e i suoi indotti hanno solo da guadagnare, inoltre i rubinetti aperti del governo erogano già fondi per consulenze ed appalti che vanno difesi.

A discapito dei clichè, la prima voce ad alzarsi a protezione degli interessi di pochi non sono dei botti, ma la macchina del consenso. Ormai tramontata l’era dei media mainstream, l’informazione si snoda tra vari blog e social. Loro è il compito di alzare la tensione, loro è il compito di mettere in moto la macchina del fango. Ed è così che un paese impoverito culturalmente mostra il livello di miseria intellettuale in cui è ridotto, privo di bussole ed ideologie spolverato da una superficiale patina di democrazia liberale non può che dar luogo a discorsi pedagogici che assomigliano sempre di più a quelli da bar…

Farlo dove si concentra un interesse strategico nazionale funge da amplificatore, quindi se la presa di posizione di Salvini è ormai un obbligo del sabato sera, il coinvolgimento di Piantedosi dimostra, se ce ne fosse il bisogno, quanto i governi sprechino e dilapidino denaro pubblico per questioni che riguardano più l’immagine che le necessità. In questa ottica il Ponte è fondamentale, in special modo dopo il flop dei centri di detenzione per rifugiati dislocati in Albania.

In questo contesto si comprende che non si necessita di un serio delitto per scatenare il coro di disapprovazione dei media, ma basta vergare delle: “scritte di protesta sui muri di diversi edifici ….. Un atto che ha suscitato indignazione, svuotando di significato la legittima espressione di dissenso pacifico” per trasformare i manifestanti no ponte in una cellula di Al Qaeda. Per equiparare petardi ad ordigni, per vedere un assalto dove sta una coraggiosa difesa di un corteo con famiglie a seguito.

Al netto di cariche, inseguimenti, rastrellamenti, identificazioni e fermi sono una decina le posizioni da valutare nei confronti dei manifestanti, non molto per giustificare l’intervento diretto del ministro degli interni. Ma l’interesse sta tutto nel soffiare sul fuoco perché la trappola sia ultimata e la vittima bollita senza manco accorgersene. L’esca è lanciata e fulmineamente in modo coordinato alcune anime del movimento NoPonte praticano una cieca dissociazione che li porta a solidarizzare con gli aggressori (sembra un vizio ricorrente), a stigmatizzare le scelte altrui, fino ad alimentare la caccia all’uomo…

Ecco come per bieco e palese elitarismo e calcolo politico contingente, quanto poco lungimirante, si consegna l’intero paese ad un regime postdemocratico. Le vittime sono le persone reali, quelli che perderanno la casa, il paesaggio, il luogo del “cuore”, quel minimo di ecosistema che ci permette di sopravvivere, quelli avvelenati dai materiali di risulta, quelli che ne soffriranno per anni, quelli che perderanno il poco che ancora il mare dello strettto custodisce, quelli che soffrono per mancanza di ospedali, cure adeguate, scuole ed istruzione inclusive, quelli a cui mancano i mezzi di sussistenza, quelli che faticano per “arrivare a fine mese”, quelli che sono spinti alla marginalità, che sono costretti alla miseria e che vengono seppelliti tra le mura delle carceri, quelli che non hanno voce….Perché loro griderebbero con tutto il fiato che hanno in corpo, di sapere veramente cosa è la violenza e chi la subisce quotidianamente.

La violenza è ben altra cosa. La violenza è sequestrare qualcuno perché non ha un conto in banca o il colore della pelle “sbagliato”, la violenza è privare delle possibilità di una vita dignitosa, per poi privare della libertà chi non ha una vita dignitosa. La violenza è ospitare a scuola polizia e militari per insegnare ad accettare e rispettare la violenza del potere, la violenza è fare affari vendendo mezzi di morte per fare le guerre, la violenza è morire per uno stipendio da fame, la violenza è partecipare con parole, opere e mezzi allo sterminio di una intera popolazione.

“il rischio di mescolare pericolosamente ciò che va tenuto distinto. Una cosa è chi protesta secondo le regole della democrazia e della Costituzione, come il movimento no ponte ha sempre fatto. E altro chi s’inserisce in una battaglia politica per sputare il proprio veleno che ha in corpo. E attende il momento solo per creare il caos, godendo della reazione del potere.”

La solita solfa dei barbari venuti da lontano, della brutalità dei vandali, dell’amore per la violenza, come se chi manifesta non fosse cosciente che il rischio di perdere la libertà è sempre presente, del decoro prima dell’umanità, della fragilità in cui versa la democrazia minacciata dagli unici che la praticano quotidianamente, il solito trito e ritrito peloso distinguo tra buoni e cattivi. Una storia già sentita troppe volte se non fosse che ormai non corriamo alcun pericolo di cadere in un regime autoritario, perché ci scivoliamo lentamente quanto inesorabilmente e in modo concreto giorno dopo giorno. Così la domanda di maggior repressione chiesta a gran voce a destra e sinistra trova subito una corrispondenza in una fascistissima mozione del podestà di Messina che non aspettava altro…

“….ovviamente in coordinamento con la Questura, a far sì che in futuro si impedisca l’uso del suolo pubblico e sia negata l’autorizzazione per raduni, manifestazioni e cortei promossi da associazioni che abbiano già dimostrato di fomentare l’odio e incitare alla violenza, accogliendo tra le proprie fila facinorosi, personaggi violenti in stile black bloc, venuti anche da fuori, che hanno quale unico obiettivo quello di creare scontri con le forze dell’ordine o caricarle, imbrattare muri o minacciare di morte”

Oltre ovviamente ad invitare i sudditi alla partecipazione nella punizione esemplare:

“costituendosi parte civile nei procedimenti penali avviati nei confronti dei responsabili; a valutare la possibilità di richiedere il risarcimento dei danni subiti dalla città ai responsabili delle associazioni che hanno organizzato le manifestazioni poi sfociate in guerriglia urbana”.

Come gran finale l’ipocrita piagnucolio coccodrillesco della sinistra che formalmente raccoglie quello che ha seminato stando nel campo della destra; la subalternità totale al capitale e la sua totale inconsistenza politica. Archiviando con i fatti qualsiasi lotta che non sia pacifica testimonianza della protesta, stanno contribuendo a rendere un sistema sempre più ingiusto e catastrofico, inevitabile e immutabile a qualsiasi cambiamento dal basso. D’altronde cosa mai si è conquistato con la lotta? A parte praticamente ogni libertà? Sicuramente meglio una raccolta di firme, una class action, oppure perché no? Dotarsi del servizio d’ordine di Cicalone o chiedere al Gabibbo! Make Messina Great Again!

Solidarietà e complicità con i partecipanti al carnevale no ponte!

Smascheriamoli perché ADESSO NON SI SCHERZA PIU’!

Sempre con la popolazione palestinese e tutti gli sfruttati che si ribellano!