
Sono passati 7 mesi ed a Nizza di Sicilia ancora l’acqua sembrerebbe essere di poco sotto i limiti considerati pericolosi per l’essere umano. Ma andiamo un attimo a ritroso.
Passa un’estate torrida che vede il territorio messinese (tra i tanti) attraversato da un’emergenza idrica senza precedenti. Interi quartieri lasciati a secco per settimane, mesi. Auto-botti avanti e indietro in città ed un sacco di chiamate d’aiuto rimaste inascoltate anche per l’ovvio sovraccarico di richieste. Contemporaneamente poco più a sud della città iniziavano le operazioni della talpa che, con un fabbisogno idrico elevatissimo, incominciava a scavare le montagne per la costruzione delle gallerie propedeutiche alla futura neo-linea ferrata, il doppio binario Giampilieri-Fiumefreddo. Si ricorda, non basterà mai, che il cantiere in questione è entrato tra i tanti annoverabili nell’elenco del colosso Webuild, insieme all’originaria affidataria Pizzarotti. Succede che i giorni passano, la città resta all’asciutto ed intanto la talpa scava e scava. E ciò che la talpa in questione tira fuori dal cuore delle montagne viene ammassato come corpo morto nelle fosse comuni del loro scempio, delle vasche dalle quali presumibilmente (viene detto in seguito) il materiale li stoccato sarebbe servito in altre operazioni di cantiere. E nel frattempo passano i giorni e le settimane e, si sa, queste aree del pianeta (anche stavolta, tra le altre) conoscono variazioni climatiche importanti ed improvvise. Dunque, arrivano gli acquazzoni e piove così tanto che le fiumare di cui sono innervate le colline e le valli delle zone interessate dai cantieri esondano. Lo avevano già fatto, varie volte, dimostrando come questo territorio pressi verso la valle volendosi adagiare sempre più verso la costa franando.
Il 2009 è un anno traumatico per i messinesi che vedono la furia della montagna abbattersi sulla gente, portando via 39 persone e praticamente quasi per intero i paesi di Altolia e Giampilieri. Il fango, anche qui, lo conosciamo bene, viene tutti gli anni tra le abitazioni a ricordarci che ad essere intrusi sono i nostri manufatti, presidi di progresso. Dunque, come ogni anno, anche i passati autunno ed inverno hanno portato con se delle “bombe d’acqua”, agevolando lo scivolare di ulteriore collina resa inesorabilmente instabile dall’insistervi di cemento ed asfalto. Fenomeni diffusi in tutta la provincia messinese, rivelando la fragilità di questo territorio ancora una volta, il fango, ha invaso anche le aree di cantiere del sopracitato raddoppio ferroviario, fortini concepiti per isolarsi dal resto del mondo che ne conosce solo le scorie in questi prodotte, non hanno resistito all’irruenza della terra delle montagne che si intrecciava magnificamente con le gocce in caduta dal cielo. Un mix micidiale, inarrestabile, quasi catartico. Ma anche rivelatore, infatti, l’acqua e la terra, passando su quelle fosse comuni di maltolto alla montagna, lo hanno portato via con se, spargendolo qui e li, restituendolo alla terra dal quale era stato strappato via. Peccato che nel suo cammino ha lasciato ciò di cui è composto e non tutto è fatto per l’essere umano, anche se questo continua ad ergersi come unico utilizzatore legittimo di quelle che ormai sono “risorse”.
Arsenico ed antimonio, dal cuore della montagna, alla tavola periodica, ai nastri trasportatori della talpa Webuild, alle vasche, sino (presumibilmente) alle vene d’acqua che utilizziamo per abbeverarci, per cuocere l’acqua, per impastare il pane o che diamo da bere a qualche pianta. E così torniamo all’inizio di queste righe intrise di rabbia, da sette mesi non si può utilizzare l’acqua dei rubinetti delle case, da poco i livelli di arsenico sarebbero scesi poco sotto la soglia limite oltre cui si considera l’acqua avvelenata e così un’altra opera collaterale è ora possibile, i “de-arsenificatori”. Cosa saranno esattamente? Dei filtri, sembra di capire, che si attiverebbero quando i livelli di arsenico presenti nell’acqua superano i limiti consentiti. I lavori dovrebbero terminare entro fine giungo e così dovrebbe rientrare il pericolo circa l’utilizzo dell’acqua corrente.
Sulla verità giudiziaria possiamo anche sorvolare, ovviamente procura e magistrati fanno il loro solito, e per chi si affida solo ai martelli di legno delle toghe giudiziarie chiaramente il tutto resta ancora un’ipotesi da accertare. Ma non è questo campo minato che interessa attraversare ora. Una cosa la possiamo dare per certa, prima degli inizi delle opere di penetrazione della montagna la gente dell’abitato attiguo ai cantieri utilizzava l’acqua corrente senza il problema dell’elevata presenza di sostanze dannose per la vita umana; prima dello stupro totale della terra e la penetrazione costante per creare kilomtetri di gallerie non vi era bisogno di alcun filtro speciale; prima dei cantieri del raddoppio non vi erano innumerevoli camion scorrazzanti per le vie dei paesi; prima dell’inizio dei cantieri non vi era un deposito pieno di terra all’arsenico in città, a Contesse.
Questo testimonia ancora una volta l’inganno in corso, spacciano morte per progresso e tirano dritto sui loro progetti devastanti. Questo testimonia di nuovo come la loro idea di progresso si fonda su tutto tranne che sull’interesse della gente che abita i luoghi dei loro espropri, della loro devastazione di cemento.
Ora immaginiamoci per un attimo la loro capacità devastatrice dal momento che si taglieranno i nastri dei cantieri previsti dal progetto ponte. L’invasione si fa sempre più imminente, “gli assassini sono tutti ai loro posti” e si preparano al peggio. Il sistema di capitale fa pesare i palpiti del suo cuore marcio su quelli delle persone. La sua espansione è come quella di un esercito che esce dalla trincea ed all’urlo di carica uccide tutto ciò che si trova davanti. La guerra totale è anche questa, quella che altrove si combatte a suon di bombe, qui si combatte a suon di reti arancioni, “lavori in corso”, decreti sicurezza e misantropia intransigente.