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Menzogne a colori e realtà in bianco e nero.

La sopravvivenza è l’elemento cardine della non-vita reiterata all’infinito, la distrazione per eccellenza insita nella possibilità (concessa) di emettere ancora un altro respiro. Sopra-vivere è poi uno degli aspetti parte di questa esistenza meccanica dovuta al consumo. Indicando, presto fatto, quale modo è fornitoci per compiere questa azione perno che tiene in vita tutti i mercati. Una classifica necessaria che permetta l’estrazione endovenosa di libido altrui, in un mondo in cui sopravvivere significa essere in grado, al c.d. “momento giusto”, di sferrare colpi micidiali nei confronti di ’altrx’, sempre e comunque a beneficio dei guardiani. Si nutrono di tutto ciò che hanno sbattuto spalle al muro, succhiando via il sangue a tutti quei corpi (volutamente resi carapaci) che hanno dapprima relegato ai margini, da un’imbarcazione in balia delle onde nel Mediterraneo sino al cartellino che ogni mattina striscia per avere in cambio stipendio; e poi, fattosi servire come appetizer di un cenone col botto. Ed i loro simboli del sopravvivere li hanno cosparsi ovunque; nelle città, nelle campagne, in petto. CPR, galere, leggi liberticide (quale legge di Stato non lo è?!), strade sempre più deserte e popolate da FF.OO. ed esercito, apparato legislativo sempre più spiccatamente armonizzato a livello europeo nel considerare lx stranierx come qualcosa da contenere e ricacciare, detenendo e deportando quante più persone possibile, legittimando sempre più il modello dei campi di concentramento, particolarmente al di fuori delle proprie frontiere; elementi, questi, che concorrono alla bellicizzazione del mondo e delle persone che lo abitano.

La colonia è nettamente divisa: da un lato l’estrazione di valore ad ogni costo (attraverso il mercato del turismo e tutte le sue orrende conseguenze sui territori e chi li abita, per esempio); dall’altro, l’adoperarsi dello spazio violentamente conquistato come carcere-caserma, trincee di guerra. La linea di confine è tracciata da avamposti armati: sbarre di ferro, telecamere ed olezzo di sofferenze. Una rete gialla, asfalto, un muro grigio con una rete gialla, sbirri, una rete grigia e poi l’effetto concreto della frontiera. Il sangue sacrificale dello squallido rito del capitale, un serbatoio di vita reclusa dalla quale attingere sofferenza rigenerante per gli stessi boia che la concepiscono. Braccia conserte e sguardi malati custodiscono nel nucleo del non-luogo figlx del mare, strade percorse per l’ennesima volta e sogni infranti da gabbie alte svariati metri. Una mimetica come un sacco di patate, sbuffa fumo osservando il teatrino della morte insensata e con bastoni elettrizzati aizza la rabbia di reclusx. Bestie da ostentare nel loro potenziale distruttivo, cucitogli addosso, però, da quel mondo che di loro ne fa circo; negre, tunisini, troie, froci, marocchine, filippino, donna delle pulizie, fango, merda, reietta, fogna, fetore… suicidi e sofferenze, lesioni ed auto-lesionismo, overdose da farmaci, omicidio, rimpatrio, catene, bombardamenti, spossesso, soffocamento…

Ma cosa sono questi se non (anche) avamposti militari? Non-luoghi di sofferenza imposta da una legge marziale, quella della guerra, simbolo nella loro dimensione più concreta di confini organizzati per respingere ed incarcerare il più possibile. La Sicilia, una piattaforma in mezzo al Mediterraneo che lo Stato, con la complicità europea, trasforma in hub della guerra e della detenzione giorno dopo giorno. Mentre all’ombra della stessa complicità allarga senza sosta il network del confinamento e della guerra: dalla costruzione di nuovi luoghi di detenzione, di basi militari, di infrastrutture tanto fisiche quanto della comunicazione, di strade; a rinnovate reti digitali ed integrate per il controllo non solo del territorio, ma anche di operazioni extra-territoriali (vedasi la massiccia presenza statunitense sull’isola oppure il ruolo dell’antenna MUOS di Niscemi, vedasi anche il continuo passaggio e rifornimento -tanto a terra quanto in volo- di aerei miltari dai cieli della Sicilia diretti verso diversi obiettivi di guerra). Campi di concentramento dove persone vengono abbandonate come rifiuti in aree extra-urbane, ai confini, lì dove le cose si fanno sempre meno nette, tranne che quelle prepotentissime reti che assumono, invece, una forma sempre più solida e concreta, sorvegliate da telecamere e sicari emettono il suono stridulo delle catene; si sfondano, però, ogni qual volta cucendosi le voci ed i fischi e le battiture, da un lato e l’altro di quella maledetta frontiera (l’ennesima), piombano contro i detrattori della vita e rivendicano inscindibilità in dispetto ad un mondo sempre più segmentato e, di conseguenza, sempre più isolato. Musica, fischi, pietre battenti, vernice scorticata da quei pali conficcati in quella terra confiscata per farne carcere.

“La guerra è alle porte”?! No! La guerra è entrata a gamba tesa nel nostro abitare quotidiano. Ed all’elenco potenzialmente infinito della complicità dello Stato italiano negli scenari di guerra che si dipanano tanto in Medio-Oriente quanto nel Nord-Est europeo si aggiunge la totale messa a disposizione del suolo siciliano da parte del ministro Crosetto per l’addestramento dei piloti dei caccia militari F-35. Così “la Sicilia sarà sarà il primo luogo al di fuori degli Stati Uniti dove verranno formati i piloti degli F-35-continua il ministro- come siamo l’unico Paese al mondo dove vengono assemblati gli F-35, a Cameri”. Segue Guido Crosetto dalla base di Decimomannu: “Perché il futuro si costruisce non limitandosi alla difesa ma facendo diventare la difesa un motore sociale, economico e di innovazione tecnologica. E questo ne è l’esempio”.

Lo spossesso è totale, dalle coste sino all’entroterra. Nuove infrastrutture del trasporto, dal ponte sullo Stretto, alle nuove ferrovie e strade; luoghi di estrazione di energia così detta green; avamposti e aree d’addestramento militare; ed, ancora, luoghi di carcerazione. Tutto è impostato sulla falsa riga della guerra (’Webuild’ che allestisce “campi di reclutamento ed addestramento” per la forza lavoro dei sempre più numerosi cantieri che vengono loro affidati). Ed in un territorio sempre più invaso da militari ed occupato da carceri di varia tipologia non può che acuirsi il livello della repressione e della prevenzione di eventuali forme del dissenso, trasformate ormai quasi integralmente in fattispecie penali in grado di far combinare anni di galera a sempre più persone. E non si contano i corti circuiti costituzionali che si esprimono: lo Stato incarcera, tortura, uccide ed insabbia. Il mercato detentivo ed il mercato della guerra non possono soffrire di alcuna forza di inceppamento, poichè oltre ad essere evidenti e copiose forme di guadagno, sono le modalità di una società che serra i confini e deporta; militarizzando, contemporaneamente, la quotidianità che ognunx di noi vive.

Molteplici gli intrecci tra grandi dell’industria bellica ed infrastrutturale; ed altrettanti i rapporti che si stabiliscono tra istituzioni e quest’ultimi. Per quanto riguarda il gruppo Webuild e l’apparato detentivo si riportano (di nuovo) gli accordi siglati con il Ministero della giustizia per la messa ad impiego di circa venticinque mila persone detenute, che verranno impiegate da Webuild nel compartimento “grandi infrastrutture” e cantieri del PNRR. In cooperazione con il CNEL, il Ministero della giustizia, contemporaneamente, inaugurava un nuovo programma intitolato “Recidiva zero”, un programma che mira alla costituzione di un sistema centralizzato di estrazione forza lavoro dagli istituti detentivi ponendo, ancora una volta, il focus sul rapporto tra lavoro ed interruzione della “devianza criminale” come perno di un mondo, quello detentivo, che si prepara non solo ad ospitare sempre più persone ma che, anche, si conforma progressivamente come un mercato che risponde a logiche di profitto e congiuntamente anche al ruolo di simbolo del potenziale repressivo/punitivo dell’istituzione statale dinnanzi a quantx consideratx devianza e, di conseguenza, criminalizzatx. Non sembrerebbe dunque una forzatura asserire la cooperazione a carte scoperte tra istituzioni statali e grande industria, combaciando con le sempre più manifeste intenzioni di privatizzazione del compartimento carcerario, lo sforzo del legislatore di garantirsi ancora maggiori spazi nel combinare pene carcerarie. Ma un aspetto dev’essere ancora sottolineato: l’ambito detentivo nella sua accezione più generale è da sempre stato luogo di interessanti profitti, come testimonia il prepotente ingresso di parte del terzo settore, che assume sempre più incarichi nel circuito detentivo. Dalla conclamata Medihospes, semi-monopolio della cura della persona e gestione dei migranti, all’interno di CPR (vedi Albania), negli hotspot per migranti (vedi Messina) o nei CAS (Centri Accoglienza Straordinaria); sino alle agenzie per l’impiego, spesso intrecciate con le stesse cooperative che si occupano di questi luoghi di localizzazione forzata e che speculano sulla possibilità di arruolare mano d’opera a prezzi irrisori, sfruttabile, sfruttata e facilmente ricattabile. Ma il possibile elenco di esempi dell’infiltrazione del compartimento privato nel mondo della detenzione non si fermerebbe qui; si potrebbe citare la posizione di Amazon alle Vallette, il carcere di torino o quella di RFI al carcere di Opera; oppure, Grandi Navi Veloci (azienda di MSC) che impiegò le proprie imbarcazioni come navi quarantena per migrantx durante la dichiarata pandemia da covid; la nuova legge sicurezza che aumenta lo sgravio fiscale per le imprese che assumono o aprono contratti di apprendistato a persone detenute.

La narrativa dell’intruppamento e dell’addestramento difatti permea quella di Webuild che si vuole costituire sempre più come giocatore fondamentale nel contesto sociale nel quale espande i propri interessi. Un meccanismo che si rivela fondamento delle modalità d’infiltrazione a tutto campo dei diversi portatori d’interessi: sempre Medihospes, per esempio, diventa un soggetto quasi fondamentale per le prefetture che si trovano a dialogare con la cooperativa in quanto onnipresenti nei centri per migranti, da quelli detentivi a quelli della così detta accoglienza. Allo stesso modo la neo-struttura del capitale bellico si espande facendo leva sul disagio disoccupazionale ed inserendosi a tutto campo nei programmi istituzionali per fronteggiare (per l’appunto) il disagio collegato alla disoccupazione. Questo modus operandi rende determinati soggetti del mercato fondamentali all’apparato statale, mitigando gli effetti concreti della sua costante perdita di legittimità dovuto al galoppare del compartimento privato, si mira alla facile ma ingannevole identità lavoro=stipendio=vita. Ed è anche così che l’industria si impone come necessaria nelle sue propagazioni territoriali.

“CANTIERE LAVORO ITALIA”, accordo inaugurato a Belpasso (CT) nel 2024, evento coinciso con la firma dei “Protocolli d’intesa per la formazione e l’impiego” tra il Gruppo e le regioni Sicilia e Calabria, in seguito esteso anche con la regione Campania è un’esempio chiaro di quanto scritto poc’anzi. Proprio a Belpasso viene impiantata “Roboplant: la fabbrica di conci automatizzata e green”; una fabbrica di conci che vengono poi installati nelle diverse gallerie che interessano i cantieri ferroviari a gestione Webuild. “Un modello- dicono- da esportare in Italia e nel mondo”. Spazio all’automatizzazione “green”, una sostenibilità sostenuta al costo di ettari ed ettari di terreno sacrificati per impiantare tecnologie atte all’estrazione del fabbisogno energetico necessario alla nuova industrializzazione. Tutte infrastrutture che assumono carattere strategico divenendo perno non solo dei prospetti occupazionali di una macro-area territoriale colposamente afflitta da povertà e spossesso, ma anche pietra miliare della nuova forma del capitale, quella dell’algoritmo. Recita Webuildvalue, rivista online del gruppo: “A guardarli sulla cartina, i tracciati delle nuove infrastrutture che attraverseranno l’isola, compongono una fitta griglia che si dirama da Sud a Nord e da Est a Ovest mettendo in connessione i centri principali, a partire da Ragusa, Catania, Enna, Caltanissetta, Messina, Palermo”. Nell’insieme vengono definite dal magazine online “opere essenziali per la modernizzazione dell’isola”, una missione che può essere compiuta solo da quelle persone che hanno dapprima dovuto abbandonare le loro terre ed oggi si trovano (forzosamente?) complici dei loro stessi aguzzini di una vita. Infatti quella fitta griglia è, in termini occupazionali, “un’occasione per tornare a casa”. Ancora una volta sopravvivenza concessa a prezzi esorbitanti. Come nelle mobilitazioni delle grandi guerre bisognava difendere quella stessa “madre patria” che non ha esitato a lasciar morire la gente “arruolata ed addestrata” nelle trincee del “progresso”; allo stesso modo oggi, in un mondo iper-specializzato, le truppe del progresso si rendono sempre e comunque necessarie. Le trincee? I confini dove si espande/contrae la struttura del famelico sistema di capitale. Gli eserciti? Affamatx arruolatx tra le fila di cantieri (anche) per la disseminazione di nuove infrastrutture che, tra le altre cose, sono necessarie alla logistica di guerra. Autostrade il cui manto va rifatto per permettere a determinati mezzi (cingolati) di percorrerle con maggiore agilità o ferrovie che vengono adattate alle necessità logistiche di trasporti sempre più rapidi e sostanziosi, siano queste persone, soldati, armi o capitali. E se un tempo la propaganda travisava il servizio militare come un’occasione per viaggiare e vedere il mondo, oggi, il servizio (quello dei cantieri) viene sponsorizzato come una buona occasione per un riscatto psico-geografico che garantirebbe l’inversione di quei flussi di persone da sempre in uscita (da Messina vanno via circa due mila persone l’anno). Sul sito della trans-nazionale molteplici le video-interviste di personale che racconta una favoletta intrisa di stereotipi, cui sunto è la glorificazione di Webuild per permettere questa re-migrazione meridionale. Il dipinto di terre abbandonate, il caffè buono e la brava signora che serve i panini con prodotti locali a chi sta lavorando sulle tratte ferroviarie, conterranei spediti sul fronte dell’infrastruttura.

“Il campo base da cui partono idee e macchinari per la costruzione della linea che cambierà la Sicilia si trova al chilometro 58 della Strada statale 192, nei pressi della località Gerbini. Un luogo sconosciuto, circondato da distese di aranceti che si estendono a perdita d’occhio lungo una pianura infinta, e punteggiato di poche ma essenziali attività economiche. La pompa di benzina, il bar dove il caffè è buono, un piccolo forno con un angolo salumeria che confeziona panini e prodotti tipici per i lavoratori del cantiere. Il campo base è invece un centro di assoluta vitalità dove si dorme, si mangia, ci si confronta, ma soprattutto si lavora. Negli uffici i progetti prendono forma e assumono la sembianza dell’operatività.” Ecco un paragrafo del magazine Webuildvalue che riassume la mistificazione della loro presenza colonizzante. La routine di terre deserto contro la “vitalità” dei loro campi base e cantieri. Menzogne a colori e realtà in bianco e nero.

Un tempo le trincee, un tempo Pirelli, un tempo Fiat, un tempo una lineaferrata dritta che taglia esattamente a metà quest’isola o che si ritira tatticamente sotto le montagne (come nel messinese, lasciando le coste ad altre “operazioni del capitale” possibili). Sempre e comunque trincee da cui viene sferzata la guerra contro l’esistenza, da cui si impone lo squallido esistente.

La spaventosa e terribilmente concreta favoletta del ponte sullo Stretto incombe sulle persone e sui territori e mentre il gruppo Webuild (capofila Eurolink consorzio affidatario dei lavori di costruzione del ponte e cantieri affini) attende per poter banchettare di tutta la carne da? loro ammazzata con il via libera del CIPESS e la cieca brama di governantx, assume sempre più commissioni di cantiere in diverse parti d’Italia. Solo nel Meridione vi sono diciannove proggetti in corso, “per un valore aggiudicato di circa tredici miliardi di euro”. Le fabbriche di produzioni dei conci non si fermano alla sopracitata Roboplant, infatti altri due siti di produzione dei conci a gestione ibrida manuale/automatica sono stati inaugurati vicino Belpasso (Etnaplant) ed un’altra a Bovino. Con la complessiva capacità produttiva di “due conci ogni sette minuti” e “quarantotto anelli al giorno”, la costruzione di gallerie nelle diverse tratte ferroviarie AC/AV e nei diversi lotti autostradali segue a spron battuto; il ticchettio dell’invasione. “In Sicilia, Webuild è attualmente impegnata nella realizzazione del Lotto 1 dell’asse autostradale Ragusa-Catania e di sette tratte ferroviarie sulla direttrice Palermo-Catania-Messina. Sulla direttrice Palermo-Catania, sta realizzando: il Lotto 1+2 (Fiumetorto- Lercara Diramazione), il Lotto 3 (Lercara- Caltanissetta Xirbi), il Lotto 4a (Caltanissetta Xirbi- Nuova Enna), il Lotto 4b (Nuova Enna- Dittaino) e il Lotto 6 (Bicocca- Catenanuova). Sulla linea Messina-Catania sta invece realizzando il Lotto 1 (Fiumefreddo- Taromina/Letojanni) e il Lotto 2″ (Taormina-Giampilieri)”. Questo solo in Sicilia, risalendo per la Calabria, per la Campania, per la Basilicata, per la Puglia e continuando verso il Nord della penisola, i lotti di cantiere si moltiplicano e moltiplicano. La Statale Jonica 106, in Calabria; la linea alta velocità Salerno-Reggio Calabria e Napoli-Bari; la Nuova Strada Statale Cagliaritana; metropolitana, infraflegrea e linea cumana tra Napoli e circondario; l’ospedale Monopoli Fasano. Questi sono parte dei progetti in corso d’opera solo nel Sud Italia da parte del gruppo, la cantierizzazione di sempre più spicchi di territorio, che via via viene sottratto alle persone per permettere al Sud di avere infrastrutture “nuove e sostenibili”. Ma il loro ’nuovo’ è fatto sulla negazione ed eliminazione totale del ’vecchio’ e lo stesso il loro ’sostenibile’, costruito sulla distruzione e sostituzione della vita vissuta con non-vita futura. Un’imposizione di scambio sempre a perdere, barattare la propria esistenza in virtù di non precisati benefici futuri, l’inno alla sopravvivenza.

Mentre il nuovo mondo si organizza e si espande ci si rende conto che c’è sempre meno spazio per la vita. La voracità con la quale il grande buco nero del loro “progresso” fagocita tutto ciò che incontra è spaventosa; ci sono molteplici esempi di ciò di cui sarebbe capace la trans-nazionale, il cui curriculum vanta una lista infinita di devastazioni irreversibili, di operazioni di ghettizzazione ed eliminazione della vita in virtù di strade, ponti, ferrovie, turbine idro-elettriche, basi militari etc. etc. etc. L’utilizzo della semantica bellico-militare è ancora una conferma di quanto la presenza del gruppo parrebbe potersi equiparare ad un’invasione vera e propria. Troppo spesso quest’invasione viene concessa a mani basse da amministrazioni compiacenti e contorte nello squallido gioco del mondo-impresa; in cambio di briciole (di solito ulteriore cemento, vedasi le così dette “opere compensative”) vengono concessi loro sempre più spazi, il che si traduce quasi sempre in sottrazione di porzioni di vita precedentemente presente. Così mentre dai tubi non scendeva manco l’ultima goccia d’acqua?, sul versante sud del messinese operava una talpa (TBM, ossia Tunnel Boring Machine), una fresa meccanica che sembrerebbe necessitare mille litri d’acqua al minuto per scavare una tana devastante nel cuore della montagna. Mentre il deserto avanza su ogni versante promettono ulteriori opere (invasioni) per depurare e/o dissalare l’acqua e, dunque, ovviare ad una crisi che loro stessi ci infleggerebbero, volendo prosciugare di ogni humus vitale anche queste zone del pianeta. Ed intorno a loro rappresentanti e politicanti di varia tipologia cercano di arraffare tutto l’arraffabile, in termini tanto materiali quanto di squallida notorietà, facendo strazio della vita aprono la pista ai nuovi conquistadores, pronti, questi ultimi, ad acquistare quanto gli viene svenduto da salottierx localx. Un intero quartiere sotto scacco è, per adesso, l’unico vero effetto delle operazioni volute nel complesso cantieristico Webuild. Contesse, il Villaggio UNRRA e le zone circostanti che sono afflitte in maniera (ancora) parzialmente indiretta conoscono empiricamente l’esperienza di code infinite di camion, insistenza di terre contaminate nelle aree circostanti l’abitato, polvere e menzogne. Un modus operandi predatorio, quello di Webuild, che di già sembrerebbe restituire nefaste conseguenze in diversi territori e che incombe sempre più anche sull’abitato dello Stretto nella sua accezione più ampia. Solo sul versante messinese, quanto sta accandendo ora tra Contesse ed il Villaggio UNRAA vedrebbe replicate le stesse modalità su più vaste aree costiere e non, dalla jonica alla tirrenica, contaminando e sequestrando di fatto un’area abitata, quella dello Stretto, da circa un milione di persone.

Che fare di fronte all’apparentemente inesorabile avanzata di questo mostruoso colosso? Quali pratiche opporre ad un mondo che infligge ogni giorno sempre più guerra e devastazione? Come resistere davanti alla squallidissima avanzata del capitale? In che modo territorio e libidine possono diventare inceppamento in questo meccanismo di devastazione garantita? Davanti ad una tale complessità non ci si può certo raccontare di avere delle risposte definitive ed universalmente valide, possiamo quantomeno decidere di tornare alle nostre quotidianità con sempre meno sassi nelle scarpe; cercando di organizzarci ed infrangere quella membrana che ci vorrebbe, invece, sempre più solx.


12 LUGLIO-ORE 18:00- CORTEO CONTRO LA COSTRUZIONE DEL PONTE SULLO STRETTO- CONTESSE- MESSINA.


COSA SONO I CPR? PARLIAMONE IN VISTA DEL PRESIDIO AL CPR DI TRAPANI-MILO DEL 28 GIUGNO

Cosa Sono i CPR? Centri Permanenza Rimpatrio, frontiere, territori, corpi.

Sabato 28 giugno sarà una giornata densa, in Sicilia: a Messina ci sarà un corteo in solidarietà alla causa palestinese (di cui seguiranno presto maggiori informazioni), mentre a Trapani ci sarà un presidio sotto le mura del Centro di Permanenza e Rimpatrio.

Una rete solidale che da tempo si muove in aiuto e solidarietà alle persone migranti, tornerà ad esprimere la propria vicinanza, nel tentativo di rompere l’isolamento che subiscono per il solo motivo di aver avuto il desiderio di muoversi da dove sono nate senza avere il pezzo di carta giusto.

Il sistema politico-economico che vuole decidere del mondo è sempre più stringente sui corpi delle persone. Si intesifica la violenza contro chi vive in Palestina e chi gli è solidale; negli USA si intensificano le deportazioni dei migranti; in Italia la stretta repressiva è stata coronata dal dl sicurezza, che criminalizza anche la resistenza passiva, fuori e dentro carceri e cpr; ed, in ultimo, l’approvazione in Senato del decreto sicurezza a firma Piantedosi-Nordio, un decreto liberticida che amplia la possibilità di carcerazione, creando altresì un collegamento diretto tra detenzione penale e quella nei cpr. Si saldano sempre più tra loro il compartimento carcerario, quello delle deportazioni di persone migranti e le industrie. Inoltre, un’Europa complice che rivede il sistema comune d’asilo, legittimando di fatto la possibilità di detenere persone migranti in appositi centri costruiti extraterritorialmente. Ma d’altronde trattasi di un’attitudine ben consolidata; dai campi inglesi in Ruanda, passando per i memorandum e vari rapporti d’intesa in materia di migrazione tra paesi europei (particolarmente quelli cosi detti di frontiera) e paesi attraversati e/o origine di flussi migratori. Insomma il messaggio è chiaro, in tempo di guerra non si gradiscono stranieri all’interno dei confini, motivo per cui, a livello globale, vi è una vera e propria caccia alle streghe nei confronti delle migranti e dei migranti, che vedono i propri corpi marginalizzati, criminalizzati, detenuti e, nel caso in cui si resti in vita tra le braccia dello Stato, deportati. La chiamano detenzione amministrativa, quella determinata dall’assenza di documenti, quella che permette che una persona venga detenuta in dei veri e propri lager, nel caso dell’italia i Centri di Permanenza per il Rimpatrio, dei veri e propri non luoghi dove la persona è ridotta a nulla, una vita condita di psicofarmaci, abusi ed urla di aiuto inascoltate. Detenzione amministrativa la chiamano, la stessa che lo Stato d’Israele esercita contro quelli che definisce “terroristi”, gente di Palestina, invasa, torturata e poi brutalmente uccisa. 

La legge Turco-Napolitano, del 1998, è la norma che ha istituito i Centri di Permanenza Temporanea (CPT), centri destinati al trattenimento della persona migrante soggetto di provvedimento di espulsione o allontanamento con accompagnamento coatto alla frontiera che non è eseguibile immediatamente. Così con Decreto Legislativo 25 Luglio 1998, n.286 (“testo unico sull’immigrazione”) viene concepita la possibilità di detenzione amministrativa non relativa alla commissione di fatti di rilevanza penale. Appena dopo quattro anni, nel 2002, si valutò che le disposizioni previste dal decreto legislativo 1998/286 non offrivano valide soluzioni alla questione dell’immigrazione clandestina ed alla criminalità ad esse collegata, così si giunse alla così detta legge Bossi-Fini, la n.189 del 30 Luglio 2002. Le modifiche sono sostanziali e riguardano i diversi aspetti della gestione e prevenzione dell’immigrazione clandestina. Va segnalato che poco tempo prima dell’emanazione della legge Bossi-Fini entra in funzione il sistema EURODAC, sostanzialmente un sistema per la raccolta di informazioni circa il migrante in sede di frontiera, questo risulta utile al fine di stabilire il paese di primo ingresso che vedremo essere il criterio fondamentale per determinare lo Stato competente dell’analisi della domanda d’asilo. Ancora una volta viene prevista la possibilità di trattenere il cittadino straniero nei CPT per un periodo di sessanta giorni, saldando però il trattenimento amministrativo al mondo penitenziario. Viene infatti introdotta la responsabilità penale per lo straniero che non rispetta l’ordine di allontanamento ricevuto. L’articolo 12 della legge Bossi-Fini, in sostituzione dell’articolo 13 della precedente legge “testo unico”, al comma 13 stabilisce che il cittadino straniero soggetto di decreto di allontanamento o espulsione non possa rientrare nei confini dello Stato senza uno specifico permesso del Ministero dell’Interno, pena la reclusione da sei mesi ad un anno, che aumentano da uno a quattro anni nel caso in cui il decreto di espulsione sia stato emesso da un giudice. Con la Legge Bossi-Fini, i CPT vengono trasformati in CIE (Centri Identificazione ed Espulsione), mettendo quindi l’accento sull’aspetto dell’identificazione e dell’espulsione dei cittadini stranieri irregolarmente presenti nei confini dello Stato italiano. Nel 2017 viene varato il decreto legge n.13, il così detto Decreto Minniti, convertito con modificazioni dalla legge 13 aprile 2017, n.46. Il decreto Minniti-Orlando riguarda specificatamente “l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale e le disposizioni su minori stranieri non accompagnati”, ed è nel contesto di tale decreto legislativo, trasformato poi in legge, che vengono trasformati i CIE, già CPT, in CPR (Centri di Permanenza per i Rimpatri). Si prevede l’ampliamento della rete dei centri per i rimpatri e si eleggono come aree preferibili quelle extra-urbane. Si amplia il periodo di trattenimento possibile attraverso convalida della proroga da parte del giudice di pace. L’ultimo aggiornamento dell’apparato giuridico che riguarda, anche, la questione migranti è il “DL Sicurezza” del Governo a guida Meloni. Approvato poi come decreto legge, nella sua gran parte ricalca la ratio di quelli precedenti. Viene allargata a ventaglio la possibilità di carcerazione o, più in generale, di detenzione; e viene implementata la possibilità di espulsione, allontanamento, perdita della cittadinanza o revoca dello status di protezione internazionale per persone straniere soggette a condanna penale. Al Capo III del DdL, precisamente all’articolo 27, sono previste “disposizioni in materia di rafforzamento della sicurezza delle strutture di trattenimento ed accoglienza per i migranti e di semplificazione delle procedure per la loro realizzazione” e si riportano modifiche al Decreto Legislativo 1998 n.286, cui al comma 7 dell’articolo 14 (“esecuzione dell’espulsione”) viene aggiunto il comma 7.1, che prevede la misura della carcerazione e le sue diverse aggravanti nel caso “si partecipi ad una rivolta mediante atti di violenza o minaccia di resistenza all’esecuzione degli ordini impartiti […], costituiscono atti di resistenza anche la condotta di resistenza passiva”. Inoltre il DL aumenta il tempo possibile di trattenimento del cittadino straniero presso un Centro di Permanenza per il Rimpatrio, rendendo possibile il rinnovo sino a due volte del trattenimento, dunque, sino ad un totale di 180 giorni, contemplando la rinnovabilità della misura di trattenimento anche in conseguenza a ritardi burocratici ed a prescindere dalla condotta collaborativa o meno del migrante trattenuto. Oggi, a seguito dell’approvazione del decreto “Albania III”, la trasformazione del centro di Gjader (Albania), precedentemente predisposto per le “procedure accellerate di frontiera”, in CPR, aggiungendolo di fatti alla rete dei centri per il rimpatrio già presenti sul suolo nazionale. Nel testo del DL 2025/37 si evince la “staordinaria necessità e urgenza di adottare misure volte a garantire la funzionalità e l’efficace utilizzo delle strutture di trattenimento” ed a tal fine con il decreto si stabilisce che i centri albanesi potranno essere utilizzati come centri di trattenimento non “eslusivamente” per persone soccorse e recuperate in mare da navi dell’autorità italiana, ma anche per quelle “destinatarie di provvedimenti di trattenimento con validita o prorogati”, ossia si predispone la possibilità di trasferire persone trattenute nei centri su suolo italiano nei centri, a gestione e giurisdizione italiana, invece presenti in territorio albanese.

Nei CPR, in Italia, lo Stato ci rinchiude le persone destinatarie di un decreto di rimpatrio, per il tempo necessario ad organizzare la deportazione. Se non fosse che li dentro la gente ci entra e non ci esce più. Abusi ed abbandono di ogni genere ed intanto le cooperative spilorchiano spicci sulle sofferenze umane. La polizia pesta brutalmente chi, per richiedere assistenza medica, è costretto a bruciare un materasso, altrimenti le sue sole urla strazianti o quella dei compagni non basterebbe a determinare alcun tipo di intervento, il cui più delle volte si traduce in occasioni per intervenire in assetto antisommossa e picchiare ciecamente chiunque trovino a segno. L’elenco delle persone che muoiono dentro quei maledetti non luoghi è infinito. E questi centri si trovano in tutta Europa ed oltre, come in centri italiani in Albania o quelli finanziati dall’allora governo Renzi in Libia, luoghi dai quali le persone piuttosto che finirci rinchiuse preferiscono tuffarsi in mare aperto al buio. 

I CPR sono galere che restano in piedi grazie all’uso quotidiano di idranti, manganelli e psicofarmaci, e in cui lo Stato fa di tutto per non fare uscire le voci dellx reclusx.

…e tutto questo è molto più vicino a noi di quanto sembra.

In Sicilia esistono 2 CPR e altri 5 centri per la detenzione delle persone migranti, più che in qualsiasi altra regione della penisola. Come per esempio ricordiamo anche l’hotspot di Bisconte. Peraltro oggetto di una barbara campagna elettorale che ne millantava la chiusura in una retorica intrisa di paternalismo e becero assistenzialismo. Ma la realtà è che l’ex caserma militare ora hotspot per migranti continua a funzionare. Messina città di frontiera, messina città di passaggio. Cosi le rive dello Stretto si vedono attraversate tanto da fuggitive e fuggitivi, alcunx vittime di qualche decreto d’espulsione quanto dai peggiori degli assassini. L’intreccio che avviene sullo Stretto è micidiale. Caronte&Tourist, un esempio fondamentale di come la messinessissima estorca denaro dalle deportazione lo forniscono i laudi versamenti per il trasporto migranti ed FF.OO dall’isola di Lampedusa, noto punto di sbarco della rotta del Mediterraneo Centrale, sino all’isola siciliana, dove poi vengono smistati nei diversi luoghi della così detta “accoglienza” e deportazione. Poi, Medihospes, cooperativa dell’accoglienza e della cura della persona, si occupa di imbottire di psico-farmaci i pasti  (scaduti) dei detenuti nei CPR e di fiancheggiare l’operazione di tortura ed annullamento della persona messa in opera dallo Stato, tra le altre, ha recentemente acquisito la gestione dei centri albanesi, entrati a far parte della rete di CPR italiani, come scritto sopra, a seguito del decreto ‘Albania III’.  Poi veniamo all’azienda trans-nazionale Webuild, società di punta del consorzio Eurolink, affidatario dei lavori per il ponte sullo Stretto. La società in questione è l’esempio lampante di come l’industria del cemento permei nel mondo della detenzione. Infatti, vediamo Webuild siglare accordi con il DAP (Dipartimento Amministrativo Penitenziario) per la formazione ed assunzione di mano d’opera detenuta, circa 25 mila unità sostengono. Con il preciso intendo di impiegare queste braccia nei cantieri infrastrutturali e quelli che riguardano il PNRR. Così mentre l’ex capo del DAP, Giovanni Russo, avviava un processo di pacificazione ed ammorbidimento delle condizione delle persone detenute al 41-bis, con il duplice interesse di rispondere alle critiche mosse al sistema italiano circa il rispetto dei diritti umani e quello di poter (potenzialmente) estenderne l’applicazione a sempre più detenuti e detenute, il colosso della devastazione ambientale si sfregava le mani. Abbiamo già visto nella costruzione degli stadi in Qatar come ‘Webuild’ intende trattare mano d’opera che viene sostanzialmente schiavizzata, migliaia di morti. Così la necessità di occupare persone detenute giustifica l’ingresso a gamba testa dell’industria dell’infrastruttura nel mondo della detenzione e se contemporaneamente teniamo in conto il corridoio diretto esistente tra istituti penali e i CPR ci rendiamo conto di quanto Webuild sia parte integrante di questa guerra totale ai migranti ed alle persone detenute più in generale.

Quella della privatizzazioni delle carceri ebbe inizio con il decreto “salva Italia” del governo Monti, con la supposta costruzione del primo carcere completamente privato a Bolzano (progetto che poi non ha avuto seguito). Quindi lo Stato domanda ancora come capitalizzare le persone che tiene sequestrate alle grandi aziende. E se le carceri diventano via via bacini di assunzione e di profitti possiamo osservarlo come un mercato, dunque chi ne beneficia economicamente avrà bisogno di sempre più clientela, ossia gente da rinchiudere. L’inaugurazione di ciò che si può definire il “carcere cantiere” in Italia. Quindi carceri e CPR divengono luoghi che non devono lasciare possibilità di scrutare all’interno, degli spazi ben marcati dal “fuori”, ma contemporaneamente divengono simbolo del sadico potere dello Stato, che si sciacqua la sua faccia criminale con progetti di lavoro e “reinserimento” che non sono altro che l’ennesima estrazione di valore da corpi altrimenti inerti. Carcere, 41-bis e CPR, diventano dunque oggetto di ostentazione, spettacolarizzazione delle condanne e rivendicazione del loro potenziale punitivo . Si opacizzano le condizioni interne e se ne esaltano le capacità di propaganda per i governi che si susseguono. Ed infine, se da un lato divengono sempre più bacini di estrazione di forza lavoro in maniera centralizzata, certamente questi non luoghi di sequestro statale sono da sempre luoghi dove si sperimentano tecnologie di controllo e di rilevazione biometrica, lo stesso vale per le frontiere. La guerra ai migranti ed alle migranti e la sempre maggiore necessità di controllo negli istituti detentivi sono da sempre gli strumenti necessari ad un continuo guadagno del compartimento scientifico-militare-tecnologico. Così attraverso una percepita crisi migratoria e di sicurezza (in particolare dei centri urbani) si normalizzano pratiche di schedatura bio-metrica e forme di controllo e detenzione varie. Dai riconoscimenti biometrici, ai pattugliamenti delle frontiere, la millantata crisi migratoria crea la possibilità per svariate sperimentazioni e smisurati guadagni. Droni, telecamere, software, piattaforme di gestione integrata, scambio di dati, leggi sempre più marcatamente liberticide, connivenza istituzionale fanno si che ogni persona che arriva in Europa per prima cosa dev’essere detenuta e da questa condizione di detenzione e controllo provare a seguire gli iter burocratici per la legalizzazione e, così, si agevola il processo di deportazione di tutte le persone che non hanno il “diritto” di rimanere sul suolo europeo, processo che viene del tutto normalizzato come questione di serietà delle istituzioni europee. Mentre si potenziano le tecnologie di controllo sul corpo di migranti, prendono campo progetti come ‘Rearm EU’, con la previsione di spese sino a 800 milioni per armamenti e controllo di frontiere (che sono tanto i confini degli Stati, luoghi di conflitto, luoghi di detenzione). Quindi vi è la conformazione di un gigantesco campo di sperimentazione di tecniche di controllo e repressione attraverso la disumanizzazione delle persone detenute e il loro sempre più stretto controllo. Sicurezza, innovazione, controllo e progresso sono gli elementi fondanti di una società che assumono sempre più spiccatamente un carattere punitivo. La sicurezza di tutti si raggiunge solo attraverso l’oppressione di un gruppo specifico di persone, questo è il mantra che ci viene continuamente sbattuto in faccia.

Diversi dunque i quesiti che vogliamo porci. Capire il funzionamento e la logica che presiede questi mattatoi è senza dubbio utile. Ma la presenza di questi presidi militari di trattenimento sui territori che significano? In che modo detenzione, deportazione di persone migranti e guerra si possono alimentare a vicenda? Come stare vicine a chi chiede a gran voce e con il corpo la libertà?

Discutiamone insieme, scambiamoci informazioni, idee, desideri; costruiamo complicità. Anche in vista del prossimo presidio al CPR di Trapani-Milo di sabato 28 giugno.

FREEDOM, HURRYIA, LIBERTÀ 



Sabato 28 giugno 2025:

-Cpr Trapani-Milo: presidio solidale h 16.00 nel prato adiacente all’ingresso;

-Messina: corteo per la Palestina (seguiranno maggiori informazioni).


PER IL TESTO DELLA CHIAMATA AL PRESIDIO: SICILIANOBORDER


PRESIDIO AL CPR DI TRAPANI-MILO 28 GIUGNO H.16.00

DIFFONDIAMO DA SICILIANOBORDER:


PRESIDIO AL CPR DI TRAPANI-MILO 28 GIUGNO H.16.00

Il CPR di Trapani è un luogo di detenzione amministrativa, dove lo Stato rinchiude in gabbia le persone che non hanno il giusto pezzo di carta, per poi tentare di deportarle.

Come tutti i CPR è un luogo dove il regime dello Stato e delle frontiere si perpetua tramite la violenza e la tortura. I CPR sono galere che restano in piedi grazie all’uso quotidiano di idranti, manganelli e psicofarmaci, e in cui lo stato fa di tutto per non fare uscire le voci dellx reclusx.

Perché provare a rompere l’isolamento sotto le mura del CPR di Trapani-Milo?

Le notizie che arrivano all’esterno sono di un luogo che tenta in ogni modo di sotterrare le voci che urlano rabbia e chiedono libertà.

Nel CPR di Milo i telefoni personali sono stati sequestrati anche quando ne erano state spaccate le fotocamere e spesso viene impedito anche di usare le cabine del centro. Lenzuola e biancheria sono fatte in modo che non possano esser usate per bruciare, e se lo fanno è per poco, o per impiccarsi – è anche così che lo stato prova ad affossare ogni forma di insubordinazione o determinazione.

Questo luogo è stato teatro di numerose rivolte. Nel marzo 2023 una ribellione aveva costretto, in seguito ad un rogo, alla riduzione dei posti a 40.

A Gennaio del 2024 invece lx reclusx hanno distrutto la struttura, rendendola inagibile per circa il 90% e determinandone la chiusura.

I CPR si chiudono col fuoco dellx reclusx, con la rabbia di chi da dentro urla vendetta e diventa scheggia che si scaglia contro il potere.

In seguito alla distruzione di maggior parte della struttura, e dopo gli ennesimi lavori di ristrutturazione e ammodernamento, il CPR di Milo è tornato ad essere agibile ad Ottobre del 2024, aumentando la capienza fino a 204 posti. Le persone recluse, che in un primo momento erano una 40ina, sono presto diventate più di cento. La vicinanza con l’aereoporto di Palermo, snodo a livello nazionale per le deportazioni in Tunisia ed in Egitto, ha così permesso di far riaccendere anche a Trapani i motori della macchina che uccide, tumula e deporta le persone migranti.

Sabato 28 Giugno ci ritroveremo sotto le mura di questa prigione, in solidarietà allx reclusx e contro lo Stato che rinchiude e tortura. Nella speranza che il CPR di Milo torni inagibile e mai più in funzione, nella speranza che sbarre massicce e muri altissimi per un giorno vengano abbattute dallx reclusx e dallx solidali.

Che questa solidarietà polverizzi anche per poco la distanza che vogliono frapporci, saremo lì, perché compagnx di chi si ribella.

Dove lo stato segna confini noi sogniamo orizzonti, complici e solidali con lx reclusx in lotta

Fuoco alle galere

Freedom, Hurryia, Libertà


link alla fonte: https://sicilianoborder.noblogs.org/post/2025/06/06/presidio-al-cpr-di-trapani-milo-28-giugno-h-16-00/


PRESIDIO DAVANTI AL CONSOLATO TUNISINO/ 11.06 ore 10.00- Piazza Ignazio Florio, 24 (Palermo)

Riceviamo e diffondiamo:

PRESIDIO DAVANTI AL CONSOLATO TUNISINO/ 11.06 ore 10.00- Piazza Ignazio Florio, 24 (Palermo).

Il consolato tunisino affronta con totale disinteresse la sorte delle persone scomparse e di chi è stato ucciso dal regime di frontiera. Non garantisce l’identificazione delle salme né nel loro rimpatrio. Le famiglie sono abbandonate, costrette a cercare da sole figli, fratelli, sorelle. Ogni corpo lasciato senza nome è un crimine in più. Eppure, quando si tratta di collaborare con le autorità italiane nella repressione dei vivi, l’azione è immediata: identificazioni rapide, per rinchiudere e deportare. Questa è l’unica collaborazione attiva: quella che permette e legittima la detenzione e la tortura nei CPR. È grazie agli accordi di rimpatrio Italia- Tunisia che tutto questo accade.

DAI CPR AI CENTRI DI DETENZIONE IN TUNISIA, LA FRONTIERA E UNA MACCHINA DI MORTE!!

Un sistema che reprime, tortura e uccide. Un sistema che vieta la libertà di movimento e normalizza la violenza istituzionale. Un sistema che si nutre di razzismo, di silenzi e complicità.

IL GOVERNO TUNISINO È CORRESPONSABILE!!

Reprime le persone migranti, in particolare quelle subsahariane, con violenza, arresti arbitrari e deportazioni nel deserto.


Le comunità migranti, le persone solidali, le voci che non accettano l’ingiustizia si ritrovano in piazza. Per dire che ogni vita conta. Ogni morte merita memoria. Ogni corpo ha il diritto di tornare a casa.


Chi combatte le ingiustizie si trova sempre in mezzo ai guai!

CATANIA

PALESTRA L.U.P.O. SABATO 7 GIUGNO (PIAZZA PIETRO LUPO, CATANIA)

Chi combatte le ingiustizie si trova sempre in mezzo ai guai!

Ore 18.00 PRESENTAZIONE DEL PRESIDIO AL CPR DI TRAPANI-MILO 28 GIUGNO H. 16.00

Ore 21.30 LIVE Long Hair In Three Stages (Noise Rock Post Punk); Stash Raiders (Roleplaying Psichedelic Pop Punk Adventure)


Assemblea/Presentazione del presidio contro i CPR del 28 giugno a Trapani Milo

In Sicilia ci sono due CPR (Centri Per il Rimpatrio), due lager dove lo stato tortura e uccide le persone migranti. Uno si trova a Caltanissetta a Pian del Lago e l’altro è situato a Trapani nella frazione di Milo. Dietro quelle alte grate gialle, decine di persone socializzate uomini sono rinchiuse, per usare le loro parole, come “in uno zoo”. Cibo avariato e pieno di psicofarmarci, isolamento totale ed esposizione continua all’arbitraria violenza di agenti, militari e carabinieri. Questi luoghi sono teatro di frequenti e numerose rivolte, scatenate da un sistema che tenta in ogni modo di sotterrare le voci che da dentro urlano rabbia e che chiedono vendetta. Infatti nel Gennaio del 2024 lx reclusx distruggono la struttura di Trapani Milo, rendendola inagibile per circa il 90% e determinandone la chiusura. Rompere l’isolamento di queste gabbie e stringerci allx reclusx è uno dei pochi mezzi di solidarietà rimasto a disposizione. Uno di quei mezzi che fanno paura allo Stato e ai suoi guardiani, da sempre impegnati a picchiare lx reclusx o a spaccargli i telefoni che servono per comunicare e/o denunciare abusi. Il 28 Giugno alle h.16.00 ci troveremo fuori dalle mura del CPR di Trapani per provare ad abbattere, anche solo per qualche ora, la distanza che ci divide, per urlare la nostra vicinanza allx migranti, per condividere l’odio e la rabbia verso la macchina della deportazione.

Affinché questa terra torni ad essere luogo di arrivi, anziché di partenze: freedom, hurryia, libertà!


“IL LORO GRIDO È LA MIA VOCE”- Poesia da Gaza

|MESSINA|

DOMENICA 18 MAGGIO| ORE 15:00| FORTE S. JACHIDDU (ME)| in “CONTRO LA CITTÀ CANTIERE”


“IL LORO GRIDO É LA MIA VOCE”- Poesia da Gaza

“SE DEVO MORIRE, TU DEVI VIVERE, PER RACCONTARE LA MIA STORIA”

Ancora. E ancora e ancora e ancora e ancora …

Altrimenti niente più ha senso…e mai più ne avrà…

Che le poesie, le parole prese dal testo a cui facciamo riferimento, da Gaza, vengano seminate, dette, urlate, agite per come possiamo, a questa nostra latitudine, con questi seppur goffi inadeguati mezzi e tentativi….che ciò che in Palestina si paga con la vita, voglia, debba diventare storia …”filo bianco ” tra loro e noi….

Che questa azione fatta di parole a cui noi possiamo e dobbiamo dare il fiato possa ripetersi ancora e ancora e ancora , passare di bocca in bocca , scalfire , fecondare…. Domenica e poi di nuovo e di nuovo..ancora ed ancora

FREE PALESTINE!


VOGLIO UN MONDO SENZA CARCERE

VOGLIO UN MONDO SENZA CARCERE
Serata benefit contro tutte le galere, cassa anticarceraria vumsec.
3 Maggio Palestra Lupo, Catania.

H 18.00 Selecta Hip Hop
Giusè x Niero (PA)

H 20.00
Cena sociale

H 21.30 live hip hop
K19 Tribe (PA)
Giusè x Niero (PA)
Peppe Serpe x RBN Hood (CT)
Shili (ME)

Dj set Tekno
Mk-Bastard-Rat (PA)
Shili (ME)


\\POLIZZI GENEROSA (PA\\ LA VIA CRUCIS DEL CARCERE- Ne parliamo con Charlie Barnao

Riceviamo e diffondiamo:

Con 88 suicidi nel 2024, e diverse centinaia di tentativi sventati, con la creazione di sempre nuovi reati e l’aggravio penale di quelli esistenti, con il sovraffollamento e il trattamento psicofarmacologico di massa, la funzione del carcere è di rieducare tutte/i alla legittimità della tortura degli indesiderati, dei prodotti difettosi di questa societa. Una funzione di tortura che, in tempi di mobilitazione bellica totale, non puo che aggravarsi.

VENERDI 18 APRILE, ORE 18:00, POLIZZI GENEROSA (PA)

ALAVÒ- laboratorio per l’autogestione


PALERMO// RIQUALIFICAZIONE SIGNIFICA SBIRRI NELLE STRADE GENTE IN GALERA E CPR\\ Sabato 19 Aprile

Riceviamo e diffondiamo:

Palermo è cambiata molto negli ultimi anni. Il turismo ha modificato completamente molte strade e interi quartieri. Gli interventi del comune negli anni hanno sia assecondato l’ondata turistica, sia favorito progetti di cosiddetta “riqualificazione”, cioè messa a valore di aree a fini speculativi, rendendole più attraenti per nuovi abitanti e frequentatori, più ricchi o comunque più decorosi e controllabili. Questi cambiamenti sono stati possibili solo grazie a un maggior controllo della popolazione, da parte degli sbirri e delle telecamere presenti ovunque. Una grossa mano è stata poi data dall’associazionismo, soprattutto di sinistra, che ha fornito la copertura ideologica e la manodopera per portare avanti buona parte dei progetti di “riqualificazione”. Ballarò è un buon esempio di questi cambiamenti, ma nel quartiere tali dinamiche non hanno totalmente preso il sopravvento. Le diverse “comunità” riescono ancora a mettere in campo forme di abitare e vivere il quartiere resistenti al controllo dello Stato. Recentemente il contrasto alla vendita di crack e le regolarizzazioni del mercato storico e di quello dell’usato sono state le occasioni per un rinnovato intervento statale, chiesto a gran voce dalle associazioni. Le conseguenze non sono tardate ad arrivare. Ballarò, l’Albergheria e le aree circostanti sono infestate giorno e notte da volanti e falchi in borghese. Negli ultimi mesi si sono succeduti numerosi fermi di polizia con arresti, trasferimenti in cpr e correlate violenze sbirresche. Nel frattempo il governo ha messo a punto nuove norme repressive, che prevedono numerosi nuovi reati e aumenti delle pene, insomma più carcere per sempre più persone. Il governo ha pure previsto l’apertura di nuovi cpr, centri per il rimpatrio, cioè luoghi dove rinchiudere le persone prive di permesso di soggiorno prima di deportarle. Queste misure, quindi carcere e cpr, andranno a colpire anche la gente di Ballarò, soprattutto chi sarà ritenuto un ostacolo ai cambiamenti in corso.

RIQUALIFICAZIONE SIGNIFICA SBIRRI NELLE STRADE, GENTE IN GALERA E CPR

È il momento, per chi non vuole lasciare tutto in mano a politicanti e sbirri, di prendere la parola e cercare i modi per auto-organizzarsi.


CATANIA 15 APRILE H.18.00 – CASTELLO URSINO

Riceviamo e diffondiamo:

LO STATO È ASSASSINO

Le persone detenute nel CPR di MILO a Trapani hanno urlato giorni fa a dellx solidali che si erano recatx sotto le mura di quella prigione che “dentro è guerra” e che due persone sono morte. Si aggiungono alle 45 persone ammazzate nei CPR italiani da quando la detenzione amministrativa (che è poi quella che usa lo stato sionista sullx palestinesi) è arrivata in Italia. E la strage di queste strutture è iniziata proprio in Sicilia. Quando a Trapani, nel 1999, sei tunisini sono stati bloccati dentro la loro cella in fiamme e arsi vivi.

Attivistx tunisinx stanno denunciando con forza da settimane che durante il mese di marzo almeno due uomini tunisini sono stati ammazzati nelle carceri italiane. Dove ogni quattro giorni chissà come mai qualcunx si suicida. È chiaro che quelle sono morti di stato.

Di uno stato razzista e classista che isola, reclude, deporta, annienta. L’interesse per le vite umane dello Stato italiano è sempre più evidentemente nullo, TORTURA DOPO TORTURA. Dall’inizio di quest’anno, nelle carceri italiane sono morte 88 persone, di cui 28 suicide. Tra queste morti, 12 erano considerate senza fissa dimora – e di queste 9 erano persone non europee.

Spera di agire di nascosto il governo. Oggi aveva pianificato di effettuare il primo trasferimento nel CPR in Albania, dove pensa di poter isolare e violentare le persone migranti senza alcun disturbo. Nell’ennesimo tentativo di dissimulare che l’impresa coloniale di delocalizzare in Albania le strutture che contengono e detengono chi sbarca in Italia sta fallendo, è da settimane che prepara questa deportazione. Nei giorni scorsi aveva fatto confluire al CPR di Brindisi detenuti selezionati in altri CPR d’Italia e preparato la nave militare per portarceli.

Ma questo viaggio oggi non si è fatto! Il coraggio di chi ha resistito alla propria devortazione l’ha impedito. E ci indica la strada da percorrere. Perché saniamo che non è finita qui, che ci proveranno di nuovo a deportarli in Albania.

STA A TUTTX NOI ROMPERE L’ISOLAMENTO E NON LASCIARLX SOLX

STA A TUTTX NOI FERMARE GLI OMICIDI DI STATO!

ASSEMBLEA PUBBLICA

Contro il Decreto Sicurezza e contro le deportazioni nel nuovo CPR in Albania!

Ci vediamo al Castello Ursino (CATANIA) martedì 15 aprile alle 18.00!