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COMUNICATO IN SOLIDARIETÀ ALLE PERSONE ARRESTATE PER I FATTI DEL PRIMO MARZO IN SEGUITO AL CARNEVALE NO PONTE- L’UNICO INFILTRATO: IL PONTE SULLO STRETTO

Nella notte tra il nove ed il dieci settembre, tre compagnx sono state tratte in stato di arresto, e ora sono in carcere, rinchiusx con accuse che riguardano fatti avvenuti l’uno marzo di quest’anno, durante il Carnevale “No ponte, contro WeBuild e in solidarietà al popolo Palestinese”. Altrx compagnx, invece, sono statx perquisitx.

Le veline delle guardie confermano quanto emerso sui giornali nei giorni successivi al carnevale NO Ponte: già allora, immaginiamo su indicazione sbirresca, ci si scagliava contro “lx facinorosx arrivatx da fuori”.

Questo viene confermato dai tre arresti “cautelari” e dalle perquisizioni ai danni di compagnx pugliesi e di unx compagnx di Varese. 

D’altronde si sa, fin dai fatti di Genova nel 2001, che nella narrazione del dominio il dissenso e la conflittualità provengono sempre da corpi estranei al “territorio”, che lo attraversano solo per seminare devastazione e terrore.

Chi ha attraversato quella piazza sa che non è così: e da questa narrazione tossica vorremmo liberarci una volta per tutte, provando a restituire quello che i corpi in tensione verso la libertà hanno provato e agito per le strade di Messina l’uno marzo di quest’anno.

Due compagnx sono accusatx di lesioni gravissime, insieme – questo per tuttx e tre – a imbrattamento, concorso e resistenza aggravata nel corso di pubblica manifestazione. 

Ma la verità è che questo succede quando gli sgherri difendono i luoghi del potere: il primo marzo, su Viale Boccetta, la Digos difendeva la caserma dei carabinieri, respingendo chi si opponeva a chi stava a protezione di un luogo che viene usato per perpetrare soprusi, sopraffazioni e abusi. Allora le cariche, i manganelli, che si stoppano quando il corteo (bloccato all’incrocio dalle diverse camionette) viene fatto ripartire. Poi viene inscenata una corsa folle, perché lx manifestanti scendono la strada, alla cui fine è ubicata la guardia costiera, altro simbolo da difendere viste le morti in mare, visto che il Mediterraneo è stato trasformato in un cimitero. Un digossino cade, viene colpito, ma non è il solo: nella corsa per raggiungere il collega, colpiscono con due manganellate unx compagnx e un’altrx da quella corsa viene spinta a terra e travoltx. La prognosi per lo sbirro, che oggi porta all’arresto e alle accuse di “lesioni gravissime”, è di 135 gg per una spalla rotta. Verrebbe da ridere se non fosse vero, e se non fosse che alla terza persona arrestata viene contestata resistenza quando a fine corteo si inscena una caccia all’uomo per le vie del centro, a corteo finito.

《I padroni delle città, sempre più piene di telecamere indiscrete, sorvegliano ogni nostro passo a tutela del privilegio, prospettano il peggio (…) tribunali come sale operatorie e dopo la condanna, loculi del diametro di uno sputo, al cui interno sorprendere vite umane in nome della loro manifesta o potenziale pericolosità.》

(Estratto dall’opuscolo “non è forse questa guerra?!”)

L’UNICO INFILTRATO E’ IL PONTE

WeBuild, azienda che si occuperà della distruzione dello Stretto di Messina, ha all’attivo 61 cantieri, tra cui il raddoppio ferroviario Catania-Messina-Palermo, e negli scorsi anni ha realizzato nella base USA di Sigonella 14 edifici da adibire a uffici per uso militare e rimessaggio/attrezzaggio degli aeromobili, con specifica impiantistica radio/dati per operazioni militari aeree specialistiche.

E mentre la base viene usata con successo contro il popolo palestinese, aerei da guerra israeliani passano sulle nostre teste, e attaccano navi di solidali che si dirigono verso Gaza.

L’azienda firma nel 2023 un accordo con il DAP e il ministero della giustizia per la formazione di detenutx da “reinserire” nella società del capitale.

Webuild e il Ministero della Giustizia (tramite il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Dap) prevede la formazione e l’assunzione di detenuti per lavorare in progetti infrastrutturali, come i cantieri dell’Alta Velocità Napoli-Bari. Il progetto, iniziato a fine agosto 2025, mira al reinserimento sociale dei detenuti attraverso percorsi di formazione specialistica e lavoro, con la prima fase operativa avviata dalla Casa Circondariale di Benevento》.

La stessa sorte si augurano per il ponte sullo Stretto: che venga costruito dalle persone che hanno messo in gabbia.

Viene fatta passare come una grande operazione benefica e sociale, per abbattere i costi, creare nuovi posti di lavoro, massimizzare l’operatività dei cantieri, magari anche alleggerire per un po’ il sovraffollamento delle carceri. Ma la realtà è facile da capire: l’interesse è creare squadroni di detenutx-operaix facilmente ricattabili, che in cambio del loro sudore e del loro silenzio avranno l’occasione di uscire dall’inferno penitenziario per un po’.

E mentre a Gigi, compagno del campetto occupato di Giulianova, non è permesso di lavorare con le sue api, perché considerato “socialmente pericoloso” per lasciare i domiciliari dalla sua abitazione, i corpi dellx reclusx diventano così forza a servizio dei padroni. Perchè il “reinserimento” è buono e giusto solo se a servizio del profitto, incarnato da società come We Build, che costruisce luoghi di morte (come la sopracitata Sigonella) o che la morte la crea in prima persona, inquinando le falde acquifere da Nizza a Contesse, spargendo l’arsenico che estrae dalle montagne.

“CI TROVERETE VIVX”

Alla luce della giornata del carnevale e del dolore cui siamo sottopostx oggi, per l’arresto di tre compagnx, respingiamo con forza il retaggio che “è la conflittualità che ci mette nei guai”, conscx piuttosto che è l’unica via da percorrere. Mentre Gaza viene ridotta a brandelli, da questi ed altri padroni, mentre il popolo palestinese viene sterminato con la complicità dei governi tutti, mentre assistiamo a sempre più morti nelle carceri e nei cpr, mentre assistiamo a sgomberi di case occupate a favore delle speculazioni immobiliari (pensiamo a quelle di Remax sui territori occupati in Palestina come nei nostri quartieri), mentre comunità resistenti vengono sbattute fuori dai posti che hanno liberato dagli artigli dello stato, mentre interi quartieri vengono distrutti e lx abitanti deportatx, mentre le persone che abitano sullo Stretto perderanno la casa, il paesaggio, il luogo del “cuore”, quel minimo di ecosistema che permette di sopravvivere, mentre gli sbirri entrano a scuola a insegnare come funzionano le armi con lo scopo di addomesticare alla violenza del potere, mentre vediamo che anime come Andre, Gabri e Gui vengono strappate alle nostre comunità, siamo certx che l’unica opzione sia il conflitto contro lo stato e l’azione diretta contro il capitale ed i suoi sgherri. Poco importa se le nostre armi sono dei costumi di carnevale per sfuggire alla repressione e le vostre invece sono scudi e manganelli usati per difendere i luoghi che vorremmo vedere distrutti, non smetteremo di frapporci tra voi e le comunità che difendiamo, non smetteremo mai di sognare macerie delle prigioni, fiamme nei commissariati, fuoco nei CPR, solidarietà tra insortx, tuttx liberx.

Ci teniamo a sottolineare che qui, ed Andre, Gabri e Gui siamo certx non vorrebbero altro, auguriamo la libertà a tuttx le reclusx, da Tarek ad Anan, da Alfredo a Stecco, da Paska a Ghespe, da Juan ad Anna, a chiunque sia statx messx sotto chiave dallo stato, per mano e volontà dei suoi sgherri: FUOCO A OGNI GABBIA.

Di seguito le parole di un compagno, che facciamo nostre, di tuttx:

《E io mi vergogno di potere ancora guardare il cielo senza star riuscendo a combattere adeguatamente contro questo regno della menzogna istituita, che ogni giorno schiaccia vite viventi, tortura corpi e sensibilità, distrugge la terra. 

E per quanto le vicende collettive siano composte di una trama che eccede di gran lunga la nostra singolarità, la mia quota di responsabilità vorrei prendermela: e mi assilla il dubbio se sia stato giusto, sapendo che ci si erge – innanzi e contro – il più gelido dei gelidi mostri, organizzare a Messina un corteo per il quale era prevedibile che non ce l’avrebbero fatta passare liscia.

Ma non lascerò prendere piede a quel retaggio, più cattolico che cristiano, che interiorizza il senso di colpa invece di interrogare criticamente anche tutto ciò che lo circonda: e quindi, come ho scritto qualche giorno dopo quella manifestazione, nessun pentimento. 

Anzi: il più intenso rilancio di un’attitudine la meno rassegnata possibile alla catastrofe che tutto resti com’è, alla maledizione che il mondo dello sfruttamento, dei signori della guerra, del colonialismo e dell’estrattivismo continui così. 

Deve essere chiaro che a resistere alle cariche della polizia, quel giorno, sono state le prime file del corteo e non certo tre isolate teste calde: personalmente, anche se a un certo punto ho abbandonato il campo di battaglia per andare a gridare dal camion (che non accettavamo che la polizia facesse il bello e il cattivo tempo in un territorio nel quale a webuild era stato consentito di avvelenare i polmoni e le falde acquifere da Nizza a Contesse), ho preso una manganellata in testa che se non avessi avuto il casco mi avrebbe fatto molto male – e se c’è una cosa vera nel linguaggio orwelliano di questura e magistratura è che le “armi” con cui abbiamo fronteggiato il tutto erano davvero “improprie”. 

Stelle filanti, bombolette e pezzi raccattati da terra di quello striscione rinforzato talmente male da essere stato sbaragliato ai primi colpi di manganello (più qualche bottiglia vuota scagliata da lontano): a fronte di scudi pistole taser e manganelli. 

(Mai pensato infatti di poter sconfiggere lo Stato sul terreno militare…)

A Guì, Gabri ed Andre vorrei poter dare fisicamente il più fortissimo degli abbracci, e far sentire loro che anche se non possiamo liberarli dalle grinfie delle guardie, e non sappiamo distruggere quelle maledette sbarre, siamo con tutto il cuore al loro fianco.

(Come riuscirci? Personalmente, oltre a chiedere a chi legge, se può e vuole, di scrivere loro – perché la solidarietà è l’unica arma che non potranno mai scipparci dalle mani e sradicarci dalle viscere – mi sento di dire che cercherò di non conciliarmi mai, o comunque battendomi perché sia il meno possibile, con il sistema di apparenze allestito ogni giorno per educarci a disvedere e a non ribellarci.)

“Solo la generosità della vita che si vuole e che non sa di calcoli e prudenze può, ad ogni strappo, aprire di un poco le maglie della catena. Ogni caduta, individuale o no, è stata perché ha portato avanti, di un passo.”

In mezzo ai momenti di disperazione buia, cercherò sempre di non smarrire la gratitudine verso la vita che mi ha fatto incontrare le compagne e i compagni di lotta. E di essere il più all’altezza possibile di quel che ho avuto la fortuna di sentire e imparare nelle interazioni con loro.

“Bisogna fare profezie; si arrangeranno poi loro a compiersi”, scriveva John Keats a un amico.

E proviamoci dunque: 

Palestina libera

No ponte

Fuoco alle galere: liberx tuttx》


PER ESPRIMERE SOLDIARIETÀ ALLX RECLUSX :

-Guido Chiarappa

C/o Casa Circondariale di Varese, 

Via Felicità Morandi, 5, 21100 Varese (VA).

-Gabriele Maria Venturi

C/o C.c. di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia”

Via nuova Poggioreale 167, 80143 – Napoli (NA)

-Andrea Berardi

C/o C. c. di Potenza “Andrea Santoro”

Via Appia 175, 85100 Potenza (PZ)


Per il sostegno economico è possibile mandare dei contributi alla cassa anticarceraria caricando la postepay numero 4023601012012746 intestata a Daniele Giaccone (causale: solidarietá NOPONTE). Per contattarci scrivere a: vumsec@canaglie.net 


SCARICA-STAMPA E DIFFONDI!!!!!!!!!


Sugli arresti (molto)post-Carnevale

Ieri ci siamo svegliate con una brutta notizia: 3 compagnx venutx a sostenere la lotta NOponte alla manifestazione del Carnevale del 1 marzo sono state arrestate nella notte (tra 9 e 10 settembre), e diverse hanno subito fermi e/o perquisizioni.

Per le notizie che abbiamo, le persone arrestate sono accusate, tra le altre cose, di resistenza, danneggiamento, imbrattamento, e due anche di lesioni.

Non ci stupisce ma come sempre ci colpisce la svergognata e pretestuosa narrazione del potere, che ha iniziato a farsi strada sui giornali con articoli tutti uguali, dai termini altisonanti, che riportano (evidentemente dalla velina della questura) la “progressione criminosa” del corteo, i comportamenti “trasmodanti la libera manifestazione del pensiero”, nonché la notizia (finora a noi sconosciuta) che un secondo poliziotto, l’1 marzo, abbia subito lesioni mentre identificava unx dex fermatx.

Come al solito, l’evidente squilibrio di potere, anche mediatico, viene utilizzato per ribaltare e normalizzare la realtà dei fatti.

La violenza, psicologica e fisica, messa in atto dalle forze dell’ordine il giorno del corteo (con la militarizzazione del centro città, la diffusione del panico tra le passanti, minacce e percosse alle manifestanti, cariche spettacolarizzate col corteo bloccato), ma anche nei giorni precedenti e in quelli successivi (in cui loschi figuri giravano per le città siciliane a chiedere alle persone se riconoscessero qualcuno nelle foto del corteo che avevano sul cellulare) viene totalmente normalizzata.

Così come viene normalizzato che per trovare il capro espiatorio da esporre alla pubblica gogna, l’1 marzo, reparti della celere siano stati fatti girare, a corteo finito, nelle strade della movida cittadina e fatti irrompere nella galleria Vittorio Emanuele, luogo chiuso e pieno di adolescenti che si facevano il sabato sera.

Così come è normalizzata la violenza che quella sera, quando due persone sono state “finalmente” fermate, è stata utilizzata per tentare di intimidirle, denigrarle, spaventarle…
E sarebbe da ridere se non fosse così schifoso, che proprio chi ha minacciato di sparare, chi ha ficcato la paletta in bocca durante il trasferimento in questura, chi ha negato di chiamare un avvocato e persino di bere dell’acqua, adesso accusi la sua prigioniera di avergli fatto violenza.

Non ci dilunghiamo oltre… non perché manchi materiale, ma abbiamo già scritto una dettagliata cronaca del teatrino messo in campo dalle istituzioni a ridosso del corteo (lo si può leggere QUI).

Dalle notizie che ci sono giunte, anche gli arresti, i fermi e le perquisizioni di ieri sono state all’altezza della violenza, della negazione dei diritti e della prepotenza già mostrate durante i giorni di marzo. Riportiamo alcuni resoconti diffusi dax compagnx QUI.

È utile ribadire, anche se dovrebbe essere scontato, che non faremo un passo indietro.

È altrettanto scontato (ma necessario ribadire) che rifiutiamo qualsiasi logica di “infiltrati venuti da fuori”: sentire l’ingiustizia sulla propria pelle, ovunque e a chiunque succeda, e mettersi in gioco per portare solidarietà e supporto è la base di ogni sensibilità per la vita.

Gli infiltrati sono ben altri…

Dalle cariche di polizia, ci teniamo inoltre a chiarire, si è difesa con determinazione (e ha difeso lx presentx) buona parte del corteo, non soltanto tre persone, che sono state estratte a caso dal mucchio e a cui sono state addossate tutte le responsabilità della resistenza.

È chiaro che le istituzioni tutte hanno deciso, già dall’inizio dell’anno, che la lotta NO ponte e in particolare le sue frange più determinate debbano essere il grande mostro da sbattere non solo in prigione ma anche in prima pagina per fare propaganda repressiva e lanciare un chiaro segnale: state zitte.

Non smetteremo di evidenziare, attaccare, difenderci dalla violenza delle istituzioni con i mezzi che abbiamo a disposizione.

Non smetteremo di difendere le nostre terre, le nostre compagne, le nostre vite.

Con i cuori stretti intorno alle arrestate, alle perquisite e alle intimidite.

Non vincerete mai.


Arresti e perquisizioni relativi al Carnevale NOponte

Apprendiamo che nella notte (tra il 9 e il 10 settembre) tre compagnx sono statx arrestatx in merito ai fatti del Carnevale NOponte dell’1marzo, e diversx hanno subito perquisizioni e/o fermi.

Riceviamo e diffondiamo alcuni resoconti della nottata.

*** *** *** da Bari 10/09/25 *** *** ***


Nella sera tra il 9 e il 10 settembre, in un piccolo paese della provincia di Bari, alcunx compagnx, hanno ricevuto la notizia dell’arresto di altrx tre compagnx G., A. e G. Questx, infatti, erano statx arrestatx rispettivamente a Napoli a Bari e a Varese, tuttx con molteplici accuse relative al corteo “Carnevale No Ponte” avvenuto a Messina nel marzo 2025.
Una volta ricevuta la notizia, lx compagnx hanno deciso di incontrarsi in una casa privata. Intorno alla mezzanotte, poco dopo aver raggiunto l’abitazione, lx compagnx hanno sentito bussare violentemente e ripetutamente alla porta. Sei agenti della DIGOS hanno intimato di uscire velocemente dall’abitazione. Una volta fuori hanno specificato di avere un mandato di perquisizione per la compagna S.
S. assieme ad un altro compagno sono statx caricatx nelle macchine della DIGOS e condottx all’abitazione dove risiede S.
Una volta entratx nell’abitazione, gli agenti della DIGOS sono raddoppiati. Inoltre è apparso evidente fin da subito che la metà degli agenti non proveniva da Bari. Come si legge dalle carte, sei di loro provenivano da Messina e l’obiettivo della perquisizione, oltre alla chiara intimidazione, era quello di recuperare materiale inerente alle indagini contro lx compagnx arrestatx. L’atteggiamento della DIGOS è stato quello di sempre, arrogante, violento e prevaricatore. L’abitazione è stata completamente rivoltata per sequestrare, oltre a due maschere di carnevale, dei poster e degli opuscoli di stampa anarchica. Intorno alle 01.30, dopo la perquisizione S., assieme ad un altro compagno, è stata portata nella questura di Bari per degli accertamenti, effettuare le foto segnaletiche e depositare le impronte digitali. S. ed il compagno che l’aveva accompagnata sono statx lasciatx liberx di andare solo dopo le 5 del mattino.

Al momento G. si trova nel carcere di Poggio Reale a Napoli, A. nel carcere di Bari e G. nel carcere di Varese.

Queste intimidazioni da parte dello stato non ci spaventano. Non faremo mancare la nostra solidarietà allx nostrx compagnx detenutx.

FUOCO AD OGNI GABBIA!
SIAMO TUTTX NO PONTE!

*** *** *** da Varese 10/09/25 *** *** ***

“NON È UN FILM” – UN’ALTRA OPERAZIONE SBIRRESCA CHE IRROMPE NELLE NOSTRE CASE

Verso la mezzanotte di martedì 9 settembre, una decina di sbirri, tra cui qualche faccia nota della digos di Varese, è entrata nella casa di un nostro compagno.
Hanno circondato le persone presenti intorno al divano obbligandole a stare sedutx e hanno subito ritirato i telefoni che hanno trovato in giro, senza dare informazioni o mostrare alcun mandato. L’unica informazione comunicata era che si trattava di notificare un avviso di garanzia.

Hanno iniziato una perquisizione superficiale della casa, distraendo dai loro movimenti le persone presenti e intimando loro di stare fermx, pertanto la perquisizione è avvenuta senza che nessunx compagnx potesse sincerarsi di cosa stesse avvenendo nelle stanze accanto.

La richiesta di poter contattare unx avvocatx è stata negata subito: “Non è un film”, hanno risposto.

La sbirraglia si è mossa indisturbata fra tutte le stanze della casa, senza comunicare nulla di quanto preso e lasciato.
Hanno chiesto a Guido tutti i suoi altri dispositivi, sequestrando computer, tablet, un altro computer e il telefono.

Dopo essersene appropriati, hanno detto a Guido che doveva andare in questura con loro.
Inizialmente sembrava fosse solo per verbalizzare la perquisizione, ma alla richiesta di spiegazioni non davano risposta. Gli hanno poi detto di preparare una borsa con dei vestiti, aggiungendo in seguito che doveva portare cinque cambi con sé.
Le motivazioni su quanto stava accadendo venivano date solo in seguito alle azioni, con modalità confuse e arroganti.
Alla domanda sul perché dovesse essere portato in questura e passarci la notte, due degli sbirri presenti si sono fatti riconoscere, chiedendogli se si ricordasse di loro. Il compagno non ricordava, quindi, scambiandosi prima uno sguardo e poi la domanda “glielo diciamo?”, gli hanno rivelato di essere gli sbirri di Messina e gli hanno consegnato il foglio con le accuse (violenza) che hanno portato al suo arresto.

Queste sono riferite ai fatti avvenuti durante e dopo il corteo NoPonte di marzo. Hanno aggiunto la frase “il collega ha ancora il braccio rotto”. Per queste accuse hanno proceduto con la notifica dell’applicazione di una misura cautelare. Non siamo riuscite a leggere che tipo di misura nello specifico.
Al momento Gui si trova nel carcere di Varese: sappiamo che dovrà rimanerci perché entro cinque giorni gli verrà fatto un interrogatorio di garanzia.

Evidentemente ci vien da aggiungere che se da Marzo il braccio del collega è ancora rotto, probabilmente “era già così”.

Sappiamo anche che ci sono altrx due compagnx coinvoltx in questa operazione repressiva. Arrestatx a Napoli e Bari, attualmente detenutx al carcere di Poggioreale e di Bari, a seguito di perquisizioni in casa e la notte passata in questura. A loro va tutta la nostra solidarietà.

SOLIDARIETÀ A GUI BAK E ANDRE

L’UNICO PONTE CHE VOGLIAMO È LA SOLIDARIETÀ TRA INSORTX

Per scrivere:

Casa Circondariale di Varese
Via Felicità Morandi, 5
21100 Varese (VA)
NOME COGNOME

Gabriele Maria Venturi
C/o C.c. di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia”
Via nuova Poggioreale 167, 80143 – Napoli

Andrea Berardi
C/o Casa circondariale di Bari “Francesco Rucci”
Via Alcide De Gasperi 307, 70125 – Bari

*** *** *** da Napoli e Bari 12/09/25 *** *** ***

STATO ZEBBI: ARRESTI E PERQUISIZIONI A BARI E NAPOLI PER IL CARNEVALE NO PONTE DI MESSINA

Il 9 settembre alle ore 20 G scende da un bus a Napoli insieme ad una compagna e mentre prendevano gli zaini sono statx accerchiatx da 6 digossini e 3 poliziotti.I digossini chiedono i documenti ad entrambx dicendo che è un normale controllo di polizia, lx compagnx fermate riconoscono due Digos di Bari che negano di conoscerli e sapere di cosa si tratta.Dopo pochi minuti dicono che G. doveva salire in macchina con loro per essere portato in questura, per una notifica. G chiede di chiamare l’avvocato e gli viene negato dicendo che se ne occuperà direttamente la digos, una volta in questura G. decide di chiamare e gli viene sequestrato violentemente il telefono, lo stesso succede alla compagna.

Gli sbirri insistono per andare in questura, per una notifica erogata dalla questura di Lecce a G., e la compagna richiede di andare insieme per avere informazioni su cosa sta succedendo.

Dopo lunghe tarantelle e intimidazioni, vengono perquisitx e portatx in questura in due macchine diverse.

Una volta arrivatx G. è portato in una stanza assieme ai digossini, e la compagna viene accompagnata nell’ufficio di un’ispettrice. Passano 6 ore nelle quali nessunx dice niente alla compagna, che piu volte chiede cosa sta succedendo, quanto tempo ci vuole, se puo vedere G. All’ una G informa la compagna di essere in arresto per fatti relativi al Carnevale No ponte di Messina, senza aver ancora mai parlato con il suo avvocato e senza sapere di cosa è accusatx. Dopo poco viene ammanettato e portato in carcere a Poggio reale.

Non ci bastava la digos di Bari mo’ pure quella di Messina.

Alle 22.30 del 9 settembre A. usciva da un locale con due persone e fin da subito sono state notate due macchine appostate lì nei pressi. Erano auto della digos che prontamente si sono accodate alla macchina in cui c’era A. e l’hanno accerchiata: una davanti, una dietro e una terza sul lato.La digos a quel punto ha dichiarato che si trattava di un normale controllo di polizia smentendosi, però, subito dopo perché hanno comunicato che avrebbero portat A. in Questura per una semplice notifica, sequestrandogli il telefono e impedendogli di sentire l’avvocato. Hanno detto ax compagnx di non preoccuparsi perché sarebbero stat avvisat una volta in Questura e che avrebbero telefonato loro all’avvocato. Pare, inoltre, che la rimessa in moto della macchina sia stata rallentata per evitare che questa seguisse l’auto in cui c’era A.

Scopriamo poi che invece di essere portat in Questura A. ha subito due perquisizioni: una nell’abitazione di residenza e l’altra nel domicilio. Le informazioni che abbiamo relativamente alla seconda è che, oltre ad esserci stati 5 digossini più l’avvocato d’ufficio, sono stati visionati gli spazi comuni, hanno provato a guardare dentro la stanza di uno dei coinquilini e sono stati sequestrati dei telefoni, un computer, un quaderno e delle bombolette spray.

In più durante la perquisizione è stato detto ad A. di portare dei cambi con sè perché sarebbe stat portat in carcera non prima però di passare la notte in Questura e fotosegnalazione in Commissariato.

L’unica informazione ufficiale che riceviamo è alla mattina, ben dopo 12 ore dal “normale controllo”, dall’avvocato d’ufficio che ci informa del trasferimento di A. in carcere.

Oggi è fissato l’interrogatorio di garanzia e ieri pomeriggio ci sarebbe dovuta essere una chiamata con l’avvocato, ma questo non è avvenuto. A. è da due giorni in custodia cautelare e ancora non ha potuto confrontarsi con il suo avvocato.Ieri mattina ci svegliamo con la notizia che A. è stat trasferit a Potenza e non ci risulta difficile pensare che la motivazione altro non sia che allontanarl da compagnx e amicizie..

Non sarà questo a fermare la solidarietà e la rabbia.

Restiamo vicinx allx compagnx arrestatx, in quella piazza c’eravamo e continueremo ad esserci, unite contro il ponte, a difendere con i nostri corpi ed i territori colonizzati vittime di devastazione e soprusi.

La mattina dell’11 A. è stato spostato al carcere di Potenza, pensiamo come forma di punizione a seguito del saluto di solidarietà portate da alcunx compagnx sotto il carcere di Bari la sera del 10. Durante il saluto c’era come usanza un dispiegamento di celere e digos, che ha più volte minacciato lx compagnx di denunciarlx.

Mostrare solidarietà è fondamentale, non lasciare mai sole compagni vittime della violenza repressiva dello Stato.

FUOCO ALLE GALERE, TRIBUNALI E MAGISTRATITUTTX LIBERXHURRYIASOLIDARIETÁ ALLX COMPAGNX RECLUSXIL PROGRESSO CI DISTRUGGE,DISTRUGGIAMO IL PROGESSO


“Adesso non si scherza più”

Riceviamo e diffondiamo:

Come un corteo di carnevale, con carro, maschere e coriandoli si trasforma in un attentato terroristico.

“Quel pessimo scherzo di Carnevale che indigna e offende Messina”;

“Cavernicoli e antisemiti”;

“La battaglia contro il Ponte utilizzata per far casino e aggredire i poliziotti”;

“Contro il progresso e a sostegno dei terroristi”.

Che il terreno fosse accidentato era facile da intuire, ma fossero le strade già spianate non servirebbe aprirne di nuove. Invece difficile era intuire che un corteo carnevalesco avrebbe provocato una canea mediatica talmente feroce da sfornare in poco tempo centinaia di articoli per attaccare un corteo di 300 persone.

“…mi chiedo in cosa la nostra società abbia sbagliato, nel produrre soggetti che, privi anche del minimo senso civico, colgono ogni occasione per offendere, aggredire, fare violenza…Che fine hanno fatto i valori che si insegnano nelle scuole?”

Vent’anni di controversie sul ponte hanno destato enorme attenzione negli ambienti siciliani del cemento e dal malaffare che sulla sua costruzione e i suoi indotti hanno solo da guadagnare, inoltre i rubinetti aperti del governo erogano già fondi per consulenze ed appalti che vanno difesi.

A discapito dei clichè, la prima voce ad alzarsi a protezione degli interessi di pochi non sono dei botti, ma la macchina del consenso. Ormai tramontata l’era dei media mainstream, l’informazione si snoda tra vari blog e social. Loro è il compito di alzare la tensione, loro è il compito di mettere in moto la macchina del fango. Ed è così che un paese impoverito culturalmente mostra il livello di miseria intellettuale in cui è ridotto, privo di bussole ed ideologie spolverato da una superficiale patina di democrazia liberale non può che dar luogo a discorsi pedagogici che assomigliano sempre di più a quelli da bar…

Farlo dove si concentra un interesse strategico nazionale funge da amplificatore, quindi se la presa di posizione di Salvini è ormai un obbligo del sabato sera, il coinvolgimento di Piantedosi dimostra, se ce ne fosse il bisogno, quanto i governi sprechino e dilapidino denaro pubblico per questioni che riguardano più l’immagine che le necessità. In questa ottica il Ponte è fondamentale, in special modo dopo il flop dei centri di detenzione per rifugiati dislocati in Albania.

In questo contesto si comprende che non si necessita di un serio delitto per scatenare il coro di disapprovazione dei media, ma basta vergare delle: “scritte di protesta sui muri di diversi edifici ….. Un atto che ha suscitato indignazione, svuotando di significato la legittima espressione di dissenso pacifico” per trasformare i manifestanti no ponte in una cellula di Al Qaeda. Per equiparare petardi ad ordigni, per vedere un assalto dove sta una coraggiosa difesa di un corteo con famiglie a seguito.

Al netto di cariche, inseguimenti, rastrellamenti, identificazioni e fermi sono una decina le posizioni da valutare nei confronti dei manifestanti, non molto per giustificare l’intervento diretto del ministro degli interni. Ma l’interesse sta tutto nel soffiare sul fuoco perché la trappola sia ultimata e la vittima bollita senza manco accorgersene. L’esca è lanciata e fulmineamente in modo coordinato alcune anime del movimento NoPonte praticano una cieca dissociazione che li porta a solidarizzare con gli aggressori (sembra un vizio ricorrente), a stigmatizzare le scelte altrui, fino ad alimentare la caccia all’uomo…

Ecco come per bieco e palese elitarismo e calcolo politico contingente, quanto poco lungimirante, si consegna l’intero paese ad un regime postdemocratico. Le vittime sono le persone reali, quelli che perderanno la casa, il paesaggio, il luogo del “cuore”, quel minimo di ecosistema che ci permette di sopravvivere, quelli avvelenati dai materiali di risulta, quelli che ne soffriranno per anni, quelli che perderanno il poco che ancora il mare dello strettto custodisce, quelli che soffrono per mancanza di ospedali, cure adeguate, scuole ed istruzione inclusive, quelli a cui mancano i mezzi di sussistenza, quelli che faticano per “arrivare a fine mese”, quelli che sono spinti alla marginalità, che sono costretti alla miseria e che vengono seppelliti tra le mura delle carceri, quelli che non hanno voce….Perché loro griderebbero con tutto il fiato che hanno in corpo, di sapere veramente cosa è la violenza e chi la subisce quotidianamente.

La violenza è ben altra cosa. La violenza è sequestrare qualcuno perché non ha un conto in banca o il colore della pelle “sbagliato”, la violenza è privare delle possibilità di una vita dignitosa, per poi privare della libertà chi non ha una vita dignitosa. La violenza è ospitare a scuola polizia e militari per insegnare ad accettare e rispettare la violenza del potere, la violenza è fare affari vendendo mezzi di morte per fare le guerre, la violenza è morire per uno stipendio da fame, la violenza è partecipare con parole, opere e mezzi allo sterminio di una intera popolazione.

“il rischio di mescolare pericolosamente ciò che va tenuto distinto. Una cosa è chi protesta secondo le regole della democrazia e della Costituzione, come il movimento no ponte ha sempre fatto. E altro chi s’inserisce in una battaglia politica per sputare il proprio veleno che ha in corpo. E attende il momento solo per creare il caos, godendo della reazione del potere.”

La solita solfa dei barbari venuti da lontano, della brutalità dei vandali, dell’amore per la violenza, come se chi manifesta non fosse cosciente che il rischio di perdere la libertà è sempre presente, del decoro prima dell’umanità, della fragilità in cui versa la democrazia minacciata dagli unici che la praticano quotidianamente, il solito trito e ritrito peloso distinguo tra buoni e cattivi. Una storia già sentita troppe volte se non fosse che ormai non corriamo alcun pericolo di cadere in un regime autoritario, perché ci scivoliamo lentamente quanto inesorabilmente e in modo concreto giorno dopo giorno. Così la domanda di maggior repressione chiesta a gran voce a destra e sinistra trova subito una corrispondenza in una fascistissima mozione del podestà di Messina che non aspettava altro…

“….ovviamente in coordinamento con la Questura, a far sì che in futuro si impedisca l’uso del suolo pubblico e sia negata l’autorizzazione per raduni, manifestazioni e cortei promossi da associazioni che abbiano già dimostrato di fomentare l’odio e incitare alla violenza, accogliendo tra le proprie fila facinorosi, personaggi violenti in stile black bloc, venuti anche da fuori, che hanno quale unico obiettivo quello di creare scontri con le forze dell’ordine o caricarle, imbrattare muri o minacciare di morte”

Oltre ovviamente ad invitare i sudditi alla partecipazione nella punizione esemplare:

“costituendosi parte civile nei procedimenti penali avviati nei confronti dei responsabili; a valutare la possibilità di richiedere il risarcimento dei danni subiti dalla città ai responsabili delle associazioni che hanno organizzato le manifestazioni poi sfociate in guerriglia urbana”.

Come gran finale l’ipocrita piagnucolio coccodrillesco della sinistra che formalmente raccoglie quello che ha seminato stando nel campo della destra; la subalternità totale al capitale e la sua totale inconsistenza politica. Archiviando con i fatti qualsiasi lotta che non sia pacifica testimonianza della protesta, stanno contribuendo a rendere un sistema sempre più ingiusto e catastrofico, inevitabile e immutabile a qualsiasi cambiamento dal basso. D’altronde cosa mai si è conquistato con la lotta? A parte praticamente ogni libertà? Sicuramente meglio una raccolta di firme, una class action, oppure perché no? Dotarsi del servizio d’ordine di Cicalone o chiedere al Gabibbo! Make Messina Great Again!

Solidarietà e complicità con i partecipanti al carnevale no ponte!

Smascheriamoli perché ADESSO NON SI SCHERZA PIU’!

Sempre con la popolazione palestinese e tutti gli sfruttati che si ribellano!


FUORI DAI RIFLETTORI – Un’altra cronaca del Carnevale NOponte dell’1 marzo 2025

 

Data l’enorme mole di parole versate da chi non è stato al corteo, pensiamo sia utile fare una cronaca dei fatti di tutta la giornata, vista dagli occhi di chi c’era. Ognuna potrà farsi la sua opinione in merito.

 

*LE INTIMIDAZIONI PRE-CORTEO

Alle ore 11:15, un gruppo di cinque persone è stato fermato presso la Stazione Centrale di Messina. Gli agenti hanno proceduto con una serie di domande di carattere personale, tra cui: da dove venite? Perché siete qui? Come siete arrivate? Siete a conoscenza della manifestazione? Dove alloggerete? Successivamente, i documenti sono stati ritirati e, dopo un’attesa di circa 30 minuti, gli agenti sono tornati comunicando che era necessaria una perquisizione. Alla richiesta di chiarimenti in merito, è stato risposto che si trattava di una semplice prassi ordinaria e che non vi era nessun problema. Le persone coinvolte hanno chiesto fosse contattatx unx legale che fosse presente durante la perquisizione; la richiesta non è stata accolta e seriamente presa in considerazione (‘a cosa vi serve?’), con la scusa che la perquisizione fosse una procedura standard Le cinque persone sono state quindi condotte nella stazione di polizia della stazione centrale, dove la perquisizione è durata circa 10 minuti. A seguito di questa operazione, sono state lasciate in attesa per ulteriori due ore, al termine delle quali sono stati consegnati loro dei verbali contenenti diverse imprecisioni e informazioni errate. In uno dei verbali è stato erroneamente riportato che la persona in questione portava con sé uno zaino, sebbene ciò non corrispondesse al vero. La motivazione della perquisizione, inizialmente giustificata dagli agenti come una normale prassi, è stata invece indicata nel verbale come conseguenza di un presunto comportamento di ‘agitazione e mancata collaborazione’. Le generalità delle persone fermate presentavano errori e solo a fronte di ripetute richieste di rettifica è stata effettuata la modifica, seppur malvolentieri. Alla richiesta di ulteriori spiegazioni in merito alle discrepanze riscontrate, gli agenti si sono limitati a dire che se vi erano lamentele queste potevano essere presentate nelle opportune sedi, non meglio specificate. Durante tutta l’operazione non è stato spiegato nessuno dei passaggi fatti dalle forze dell’ordine, rispondendo alle domande sulle procedure con reticenza. Le persone non sono statx informatx dei diritti e facoltà che avevano in quella situazione.

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*IL CORTEO

Poco prima delle 15.00, un nutrito gruppo di manifestanti arriva nel luogo del concentramento: piazza Antonello; via via, il numero cresce. Arrivata l’ora del concentramento le manifestanti devono occupare la strada, dato che le forze dell’ordine sostengono di non dover chiudere l’incrocio fino a che non arriva un certo numero di persone non meglio specificato. Il corteo si deve quindi comporre nella strettoia della via S. Agostino, già chiuso in testa da un blindato e da una volante dei carabinieri; da dietro, un cordone di carabinieri; intorno un numeroso gruppo di agenti della digos armati di telecamere.

Verso le 16.30 il corteo parte, mantenendo la propria autodeterminazione, difendendo i propri spazi con la gioia della musica, del ballo e del canto. Svolta subito sulla via XXIV maggio in direzione nord; le forze dell’ordine, in testa e in coda, relativamente a distanza.

Il corteo passa per la via cantando e ballando, diverse persone lasciano scritte sui muri contro il ponte, ma anche contro altri tasselli del sistema di cui il ponte fa parte (cpr, galere, mafia, repressione, guerra, palestina, militarizzazione, patriarcato).

Quasi arrivati all’incrocio di viale Boccetta, si ribadisce ulteriormente dai microfoni che si sta arrivando nei pressi della strada interdetta dalla questura il giorno prima (venerdì 28) per via della presenza del comando provinciale dei carabinieri: via Monsignor D’Arrigo.

 

 

Arrivato all’incrocio, il corteo è completamente chiuso e circondato, senza alcuna via di fuga praticabile.

La situazione è la seguente:

davanti la testa del corteo si fermano,  subito dopo la svolta, le vetture già presenti (ovvero una volante della municipale, una dei carabinieri, un blindato dei carabinieri e una squadra di carabinieri in assetto antisommossa rivolta contro la testa del corteo); alla coda del corteo si trova il cordone di carabinieri presente dall’inizio in antisommossa; sulla sinistra, nella carreggiata direzione valle, è presente una squadra di polizia in antisommossa, mentre sulla sinistra, carreggiata direzione monte, un’altra squadra antisommossa con dietro un blindato della polizia parcheggiato di traverso a sbarrare la strada; a chiudere la via Monsignor D’Arrigo, praticamente sul viale Boccetta, ancora un’altra squadra in antisommossa con alle spalle due blindati parcheggiati trasversalmente per chiudere totalmente la strada interdetta.

Entrate nell’incrocio, tra i fumogeni colorati, lo striscione di testa si posiziona tra le due carreggiate del Boccetta, frapponendosi tra il resto del corteo e la celere; la testa del corteo svolta a destra con l’intenzione di proseguire, ma le vetture dei carabinieri davanti si fermano impedendo, di fatto, di avanzare.

In questa manciata di secondi, dal corteo vengono lanciati in direzione dei blindati alcuni petardi e qualche bottiglia, in risposta all’ingiustizia di una deviazione che non ha niente a che fare con l’ordine pubblico ma che rimarca simbolicamente l’intoccabilità dell’ordine costituito.

Senza alcun motivo evidente, un primo agente parte correndo verso il corteo dando il primo colpo di manganello lateralmente allo striscione; la squadra lo segue lanciandosi a manganellare i manifestanti e smembrando lo striscione. I manifestanti rispondono difendendosi con quello che rimane della struttura e spruzzando stelle filanti; alcuni agenti iniziano a colpire una persona con una bicicletta ferma nei pressi dei disordini, poi tentano di strappargliela dalle mani, senza riuscirci, grazie anche all’aiuto delle altre presenti.

Mentre questo gruppo di manifestanti rimette distanza tra la celere e il corteo dopo la prima carica, la testa è ancora bloccata dall’antisommossa dei carabinieri, che non si muove impedendo al corteo di proseguire.

Diverse manifestanti e persone presenti alla scena gridano ai carabinieri di muoversi per far defluire il corteo dal cul de sac dell’incrocio, per togliere dal pericolo le persone rimaste bloccate alla fine della via XXIV maggio e abbassare la tensione; ma senza successo per diverso tempo.

Quando le manifestanti all’incrocio rimettono distanza con la celere, finalmente arriva l’ordine ai carabinieri di far muovere il corteo.

A un certo punto due agenti della polizia cominciano a correre giù dal viale, sul marciapiede, uno dei due cade a terra, alcune persone vanno verso di lui; questo attira l’attenzione dell’intero schieramento che fino a un attimo prima aveva manganellato le manifestanti, che inizia a correre compattamente per raggiungerli.

Unx manifestante, intuendo le intenzioni di aggressione dello spostamento, si frappone lungo il tragitto, dando le spalle alla squadra, con le braccia aperte, e viene travolta dalla foga di un agente che lx spinge deliberatamente a terra (peraltro redarguito da un collega). Diverse persone si lanciano a soccorrere lx manifestante a terra, e parte un’altra carica di manganellate alla cieca. Dopo un acceso diverbio, le manifestanti allontanano la squadra antisommossa e il corteo prosegue, diminuito, tra canti e balli.

 

 

Svoltato in via Garibaldi direzione nord, un altro blindato dei carabinieri con annessa squadra antisommossa (fino ad allora fermi all’incrocio con la cortina del porto) si unisce allo schieramento in coda al corteo. Per tutta la via Garibaldi si avvicina sempre di più, minacciando e insultando i manifestanti che cercano di tenere spazio tra lo schieramento e il corteo. In coda l’atteggiamento verbale e fisico dei carabinieri si fa più provocatorio ma si riesce a impedire che entrino nello spazio del corteo.

Il corteo percorre via Garibaldi sempre più compresso tra lo schieramento dei carabinieri in testa, che rallenta, e quello in coda, che accelera, mentre altre squadre si pongono davanti ad alcuni edifici bancari sul marciapiede della carreggiata opposta a quella dove passa il corteo.

Vengono lasciate ancora alcune scritte; all’incrocio del Nettuno viene dettagliatamente ricordata la storia di devastazione, distruzione e menefreghismo che ha caratterizzato WeBuild (ex SaliniImpregilo) sin dalla sua nascita, complice di disastri ambientali, sociali, sanitari in tutto il Sud del mondo; mettendo in evidenza che lo stesso atteggiamento è già palese nell’esecuzione dei lavori del raddoppio ferroviario Giampilieri-Fiumefreddo, che procedono senza alcun rispetto degli abitanti, della loro quotidianità e della loro sicurezza; lavori i cui scarti tossici sono stati lasciati alle intemperie accanto alle case di Nizza di Sicilia e di Contesse, con conseguenze pesantissime per le persone e l’ambiente, e leggerissime per l’impresa.

 

 

Arrivato a piazza Juvara, il corteo deve svoltare per raggiungere la fine (piazza Casa Pia).

L’antisommossa si schiera all’inizio della salita e sugli spartitraffico laterali, a formare un imbuto da cui il corteo sarebbe dovuto passare a contatto con gli agenti.

Il pericolo è così evidente che unx manifestante prende il microfono e inizia a chiedere alle forze dell’ordine quali siano le loro intenzioni, se l’idea è quella di chiudere di nuovo il corteo in un vicolo cieco e far partire altre cariche; li esorta a indietreggiare e lasciare spazio al passaggio del corteo.

Il cordone lentamente retrocede su via Fata Morgana, e il corteo raggiunge l’angolo della piazza; qui, di nuovo, deve essere esortato a non impedire l’accesso al punto di arrivo, e si sposta di qualche metro verso il torrente Trapani.

Dato il mancato divieto di sosta nell’angolo della piazza dove è presente lo scivolo carrabile per entrare nella stessa, e la via Monsignor D’Arrigo dove circolano veicoli, le manifestanti sono costrette a improvvisare e far fermare il camion di testa nei parcheggi sopra la piazza.

Per tenere in sicurezza il corteo e le persone, mentre questo avviene, alcune manifestanti tengono la distanza con l’antisommossa mettendosi a bordo strada e accendendo dei fumogeni colorati.

Tutte le uscite dalla piazza sono bloccate da blindati e volanti, che restano fermi là per più di un’ora.

Il corteo si conclude con il concerto in piazza dal camion, spostato quando la strada è stata chiusa e resa agibile ai manifestanti. Tra la musica e i balli, un grande cerchio ha bruciato simbolicamente, in un falò catartico, il carro in cartapesta del ponte sullo Stretto.

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* LA CACCIA POST-CORTEO

Dopo aver ripulito i resti del falò dalla piazza, lx manifestanti rimastx si dirigono in gruppo verso il centro, notando il concentrarsi progressivo e sospetto di mezzi e personale di polizia di fronte alla piazza.

Da subito, il gruppo è seguito da alcuni agenti della digos in moto e in macchina e da una camionetta. Nella confusione, si inizia a frammentare e la digos approfitta del momento per prendere di mira poche delle persone che si erano allontanate dalla piazza.

Accorgendosene e temendo recriminazioni violente da parte dei poliziotti, questx pochx manifestanti cercano rifugio in galleria Vittorio Emanuele.

Qui gli agenti della digos, con il supporto della celere, bloccano le uscite e si avventano in massa su una singola persona, strozzandola e costringendola in ginocchio, urlando di volere i suoi documenti, senza permetterle al contempo di tirarli fuori.

La forte determinazione dellx altrx manifestanti, immediatamente accorsx in soccorso della persona fermata, ha permesso di liberarla dalla stretta dei poliziotti e di liberare la galleria dalla loro violenta presenza, tra cori e fischi, sotto gli occhi increduli delle centinaia di giovani presenti sulla scena, permettendo alla persona fermata di dileguarsi. Diversx manifestanti riportano ferite durante la collutazione con gli agenti.

Poco dopo, su una via nelle vicinanze e dopo un lungo inseguimento a piedi, la stessa persona viene nuovamente placcata e schiacciata a terra assieme ad un’altra da un nutrito gruppo di poliziotti.

Uno di questi minaccia di sparare alle persone fermate nel caso di un’ulteriore fuga.

Le due persone chiedono da subito e a più riprese di poter parlare con un avvocato ma le loro richieste non vengono ascoltate.

Come se non bastasse, si vedrà poi, nel verbale di rilascio di una delle due viene scritto che la stessa avrebbe dichiarato di non volersi avvalere dell’assistenza di un avvocato (insieme a diverse altre informazioni scorrette o false).

La prima persona viene ammanettata, minacciata a più riprese, anche con l’uso di una paletta da poliziotto in bocca, e fatta salire violentemente su una volante. La seconda viene fatta salire su un’altra volante poco dopo, dovendo insistere per essere portata nello stesso posto dell’altra e dovendo aspettare che la prima persona fosse già in commissariato.

Durante l’attesa per strada, dopo vari avvertimenti da parte della seconda persona di non essere toccata, viene chiamata  un’agente donna che provvede tempestivamente a darlx diversi strattoni. La persona chiede ripetutamente di poter bere dell’acqua, le viene data una bottiglietta e dopo pochi sorsi dalla suddetta viene violentemente strattonata e privata dell’acqua, che viene gettata a terra sostenendo si fosse ormai dissetata abbastanza.

Negli 8 minuti di tempo tra la partenza con la volante e l’arrivo in commissariato, la prima persona viene minacciata di morte più volte da un agente della digos seduto in macchina con lxi, che nega e ripete a più riprese le proprie minacce, tirando la persona per i capelli.

Nei 15 minuti di tempo tra l’arrivo della prima persona in commissariato e l’arrivo della seconda, la prima viene scaraventata contro un muro, minacciata ancora di morte e presa violentemente a ceffoni da due agenti della digos e uno di polizia, con come conseguenza un’importante ferita al labbro superiore e un forte dolore al ginocchio destro. Fatta notare la cosa, gli agenti negano all’unisono la loro responsabilità nel ferimento della persona e sostengono sia successo “prima”. Solo l’arrivo dell’altra persona, insieme a un gran numero di altri poliziotti, impedisce che il pestaggio abbia seguito.

In commissariato, dopo numerose altre richieste della seconda persona di bere dell’acqua, un agente recupera dalla spazzatura una bottiglietta vuota e fa per riempirla da un rubinetto recante la scritta “acqua non potabile”. La prima persona nota la cosa e chiede con forza che sia fornita alla seconda persona una bottiglietta nuova, come a lxi.

Il fermo procede con la perquisizione e l’identificazione dettagliata delle due persone. Non mancano degli inopportuni commenti sulla corporatura (bodyshaming) e sull’orientamento sessuale  (queerfobici) della seconda persona durante la perquisizione. A entrambx vengono prese le impronte e scattate foto segnaletiche, sedute e in piedi, da ogni lato. Alla prima persona vengono fotografati tutti i vestiti, anche rovesciati, mentre alla seconda viene sequestrato un coltellino svizzero evidentemente non atto a offendere.

Dagli sbirri viene ripetuto più volte, durante il fermo, che non c’è bisogno di sentire un avvocatx perchè “gli avvocati ora siamo noi”. Questa resta la loro risposta fino al rilascio, e l’unico momento in cui alle due persone è consentito l’uso di un cellulare è per cercare il numero dell’avvocata per la nomina, senza comunque poter telefonare a nessunx.

Nel mentre un nutrito gruppo di persone si ritrova davanti alla questura,  dove gli è stato detto che le due persone fermate si trovano (nonostante, in realtà, fossero in un’altra caserma), a chiedere notizie e il loro rilascio. Tutte le vie limitrofe a questura e prefettura, dove già si era svolta la caccia alle persone con posti di blocco e agenti in borghese, sono presidiate da volanti e blindati.

Sia in commissariato che in questura, la cosa crea scompiglio: gli agenti volevano solo una rapida vendetta, speravano di sbrigare il tutto molto più in fretta e verso l’1, dopo 3 ore di fermo, iniziano a chiedere alle due persone fermate di dare loro notizie allx manifestanti per far tornare tuttx a casa, sbirri inclusi.

Le persone fermate rifiutano di chiamare lx manifestanti, affermano che avranno loro notizie quando verranno liberatx e accelerano così il processo del proprio rilascio.

Alle 2, entrambe le persone fermate sono libere, la prima solamente con una denuncia per resistenza al fermo, la seconda col solo sequestro di un coltellino. Finalmente si ricongiungono al presidio solidale e possono riabbracciare lx proprix amix.

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*A GIORNI DA…

A giorni dalla conclusione del corteo continua la caccia a manifestanti, dislocata principalmente nei grossi centri cittadini su tutto il territorio regionale siciliano, dove agenti in borghese mediante foto del corteo sui loro telefonini attenzionano persone che gravitano introno a spazi e ritrovi sociali.

 

 

 

 


VERSO IL CARNEVALE NO PONTE

 

VERSO IL CARNEVALE NO PONTE!


 Ci vediamo Venerdi 21 Febbraio dalle ore 17:00 al CSOA Cartella (Via Quarnaro, 1, Gallico, Reggio Calabria).

Lo Scirocco soffia prepotente sullo Stretto, profumi dal Sud del mondo, il passaggio. Ecco cosa siamo, passaggio, attraversamento, ricco di spore, il cammino di chi passa è prolifero di nuovo, di non stabilito.
Quanto vorrebbero fare carcasse di noi tuttx?! Ma noi balliamo e ci intrecciamo come il vimini che trasporta il pasto per persone fuggiasche tra le campagne. La nostra danza macabra del tutto nuovo, fulmine nel loro ciel sereno.

 

Strofe, rime, bassi e passi.

“L’UNICO PONTE CHE VOGLIAMO È LA SOLIDARIETÅ TRA INSORTX.”

Attraversiamo lo Stretto, afferriamo il passaggio, muoviamoci insieme verso danze sfrenate, esagerazioni, maschere, trucchi ed infinitamente indefiniti stupori.


APPUNTAMENTO PER TRAGHETTARE INSIEME DA MESSINA ALLE ORE 16:00 AGLI IMBARCHI DELLA CARONTE\\

DALLE 17:00 SERVIZIO NAVETTA PER CHI VIENE DALLA SICILIA (PER INFO SCRIVERE @carnevalenoponte OPPURE @csoa_cartella__ )

 

-Dalle 17: allestimento banchetti ed a seguire  assemblea “verso il carnevale No ponte” (che si terrà a Messina l’1 Marzo alle ore 15. Punto di concentramento Piazza Antonello).

-Dalle 21 live rap con: @cyborganafem @moskella_aka_moskillz @skilla___ @malatommi

-A seguire dj set con: @cr.u.do @mimmo_pompadour @mari_j_vocab @xv_xlxv

VOLETE INONDARCI DI CEMENTO…MA SARÅ LA NOSTRA RISATA CHE VI SEPPELIRÅ


CORTEO “CARNEVALE NO PONTE”/ SABATO 01 MARZO/ MESSINA

MESSINA// CORTEO// SABATO 01 MARZO!

L’ombra del ponte è già qua: espropri, cantieri propedeutici, depositi di scorie, propaganda, sottrazione di risorse, decreti legge per aggirare prescrizioni e per reprimere il dissenso… Il ponte è il simbolo di un’idea di progresso che se ne infischia delle nostre vite: estrae valore dai territori a costo di devastarli, li sottrae ai bisogni e ai desideri degli abitanti… per far guadagnare i pochi soliti noti.

Per ribaltare questo scenario e far sì che non si ripresenti mai più, abbiamo bisogno di capovolgere prospettive, ricontattare energie, immaginare mondi nuovi, creare relazioni differenti.

E allora… CARNEVALE!

Da sempre festa popolare, eretica, liberatrice, che dissacra, rovescia, si fa beffe del potere, la festa del tempo che tutto distrugge e rinnova!

…un carnevale per difendere lo Stretto, un carnevale per esorcizzare i mostri del profitto, un carnevale di festa, un carnevale di lotta!

Volete inondarci di cemento… …ma sarà la nostra risata che vi seppellirà!

STAMPA E DIFFONDI

FILE STAMPA VOLANTINO


ORGANIZZIAMO INSIEME IL CARNEVALE NO PONTE 16/02

/MESSINA/

DOMENICA 16 FEBBRAIO

-Organizziamo insieme il CARNEVALE NO PONTE-

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L’ombra del ponte è già qua: espropri, cantieri propedeutici, depositi di scorie improvvisati, propaganda, sottrazione di risorse, decreti legge per aggirare le prescrizioni e altri per reprimere il dissenso…

Per ribaltare questo scenario e far sì che non si ripresenti mai più, abbiamo bisogno di capovolgere prospettive, ricontattare energie, immaginare mondi nuovi, creare relazioni differenti.

E allora… CARNEVALE! 🎭

La festa popolare, eretica, liberatrice, che dissacra, rovescia, si fa beffe del potere, la festa del tempo che tutto distrugge e rinnova! 

…volete inondarci di cemento… 

…ma sarà la nostra risata che vi seppellirà!tutto distrugge e rinnova! 

🏴‍☠️🗣️🏴‍☠️

INCONTRIAMOCI PER CREARE MATERIALI ED ADDOBBI PER IL CORTEO NO PONTE DI SABATO 1 MARZO. 

TORNIAMO AD ABITARE LE PIAZZE IN MANIERA CREATIVA, CREIAMO INSIEME GLI SPAZI CHE SOGNIAMO.

 

>>>>> FILE STAMPA VOLANTINI: karnevale 16.02 stamp A5


CARNEVALE NO PONTE assemblea 9 febbraio

DOMENICA 9 FEBBRAIO ORE 11:00
VILLAGGIO UNRRA
(DAVANTI LA SCUOLA SALVO D’ACQUISTO) *
MESSINA 🎭

 

CONTRO IL PONTE, CONTRO IL GRIGIORE DI QUESTO MONDO

 

Continua il ciclo di assemblee e socialità per l’organizzazione del corteo
CARNEVALE NO PONTE
di sabato 1 marzo 2025

 

Ancora una volta vogliamo vivere le piazze e le strade delle nostre quotidianità, vogliamo attraversare quei luoghi che i cancerogeni tentacoli di piani speculatori e di distruzione, come quello del ponte, cercano in tutti i modi di strapparci via.

ore 11: assemblea
ore 13: pranzo di autofnanziamento
dalle 15: passeggiata esplorativa nei luoghi dei cantieri

* [in caso di pioggia, ci vediamo alla galleria vittorio emanuele, p.zza antonello]

Organizziamoci insieme, che sia CARNEVALE, che lo sia SEMPRE!

 

>>>  FILE STAMPA VOLANTINO: assemblea 9 febbraio A5


“CREIAMO INSIEME GLI SPAZI CHE SOGNIAMO”

“Quest’ultima goccia non fa traboccare il vaso di acqua ma, per l’ennesima volta, rende piena d’incertezze e lascia a sè stessa una cittadinanza sempre più delusa.

Non vi sono zone della città che non siano in qualche modo colpite dalla mancanza di erogazione idrica nelle abitazioni. Intere palazzine a secco da giorni, alcune superano la settimana. Segnalazioni arrivano da ogni angolo, da Punta Farosino a Larderia, ove si possono constatare variegate situazioni di disagio. Probabilmente la suddivisione in aree di gestione dell’emergenza voleva suggerire una localizzazione del problema, facendo trapelare il totale essere sotto controllo della mancanza d’acqua. Ma la realtà suggerisce un quadro molto più ampio e fosco. Il piano d’emergenza emesso dall’AMAM fa “acqua” da tutte le parti, triste metafora in questo momento. In fin dei conti sembra solo aver riempito le strade di autobotti che invadono la città, affannandosi, nel travasare qualche metro cubo di acqua nei vari serbatoi dei condomini in giro per l’area urbana di Messina. Ad essere messa in discussione non è qui la buona volontà di operatori ed operatrici che cercano di districarsi, anche loro come vittime, in questa nassa piena di disagio e sentimento di abbandono; piuttosto, la riflessione dovrebbe superare la mera ricerca delle inefficienze quotidiane nella c.d. gestione della crisi e non incagliarsi nei tecnicismi infrastrutturali di condutture, inclinazioni e vari livelli di pressione.

Se la frammentazione in aree della città afflitte dalla crisi idrica può dare un’idea di localizzazione del problema, seguendo le segnalazioni dei cittadini e delle cittadine ci rende presto conto che la mappa dell’emergenza attraversa, se non tutto, un’ingente parte dell’urbanizzato messinese. La gente ha potuto fare affidamento su qualche autobotte o sul proprio ingegno e possibilità organizzativa (in termini soprattutto economici). Ed in questo quadro di essiccamento colposo le beffe non sono affatto poche:

In primo luogo, la privatizzazione dell’infrastruttura idrica, ossia laddove non è possibile impossessarsi dell’acqua, si sono svenduti i rubinetti. Qui subentra ATI, ossia Assemblea Territoriale Idrica, ente pubblico cui compito é la gestione delle varie infrastrutture idriche territoriali, subentrata ad EAS (Ente Acquedotti Siciliani) commissariato da ormai parecchio tempo. Per quanto riguarda la conduttura del messinese, ATI sembrava intenzionata, in un primo momento, a determinare una gestione a carattere totalmente pubblico. Nel giro però di pochi mesi da questo tipo di delibere (nn. 10,16,28 del 22), cambia tutto, e dall’ente si decide di cercare invece un partner privato che co-gestirà l’infrastruttura idrica detenendone il 49% della proprietà. Nel frattempo, alcuni “commissari ad acta” della Regione Sicilia determinano il compimento dell’iter burocratico per dare vita alla Messinacque S.p.a., società cui destino, aiutato dalle continue proroghe di ATI sul bando di ricerca del partner privato per la gestione dell’apparato idrico messinese, sembra voler riservare quel 49 % menzionato sopra. L’ultima proroga portava la scadenza al 10 luglio 2024, data oltre la quale non sembrerebbe esserci stata alcun’altra proroga per il bando; si può presupporre che Messinacque S.p.a. si sia adesso presentata ad accaparrarsi la “conduttura promessa”. 

Le conseguenze di questo passaggio di questa grande fetta di proprietà dell’infrastruttura idrica avranno ripercussioni già immaginabili, prima fra tutte il levitare del costo dell’acqua stessa; beffa oltre il danno in tempi di crisi totale ed assenza di acqua corrente

Ci chiediamo quale ruolo abbiano Comune ed AMAM in questo furto bello e buono. Ci chiediamo se il ricorso al TARdei Comuni, rigettato recentemente, sia bastevole nel garantire a noi tutti e tutte un dignitoso accesso a questo bene primario.-

Già solo questo basterebbe a farci accapponare la pelle, ma le controversie non finiscono qui; prime fra tutte l’incombere della cantierizzazione della città tutta per far spazio al mostro ponte. Che con la stessa prepotenza di chi ce lo impone farà breccia nelle nostre esistenze, determinando uno scossone senza precedenti nelle nostre quotidianità. La domanda sorge spontanea: “ma forse sarà che l’acqua la vogliono portare con il ponte?!

Mentre Webuild, (la stessa azienda incaricata di costruire il ponte sullo Stretto) tiene sotto scacco l’intera area dei villaggi della zona sud fino a Fiumefreddo, Messina resta a secco. Allo stesso tempo, interi pozzi d’acqua sembrerebbero essere dati in totale monopolio ai cantieri. Le loro talpe, scavatrici di tunnel della devastazione, l’acqua per funzionare la trovano sempre; quella per impastare il cemento, sigillo sulla natura, la trovano sempre. Il loro impianto di betonaggio, a Savoca, è sempre in funzione. Assumendo furbamente le sembianze di progresso, il raddoppiamento ferroviario che interessa il messinese ha assunto tutte le caratteristiche che si prospettano per i futuri cantieri del ponte, mentre i mezzi pesanti transitano ormai da mesi nelle aree abitate di Roccalumera, Nizza, Savoca, Sant’Alessio, rendendole invivibili per gli abitanti stessi.

La prepotenza dei portatori d’interesse che, in barba ai dubbi sollevati dalle varie giunte comunali, sembrano procedere a spron battuto, senza troppo badare alle preoccupazioni di chi quei luoghi li abita.

Reputiamo non più sopportabile accettare questa svendita a trecentosessanta gradi delle nostre esistenze. Siamo continuamente sotto il ricatto di chi questi luoghi li vede solo come cave di denaro, continuamente sottoposti e sottoposte ad uno stato emergenziale che riduce sempre più le nostre esistenze ad una mera gestione tecnico-amministrativa. La Provincia assiste già alle prime frane; a sempre più persone manca l’acqua in casa; ancora e sempre più su tutti noi pende la spada di Damocle della cementificazione totale, della svendita delle nostre vite tutte ai signori del cemento e della digitalizzazione. Diventerà il loro hub logistico, per le loro merci, per i loro capitali, ma la Vita, in questi luoghi, sembra essere sempre meno benvenuta.

Riappropriamoci della nostra storia, del nostro territorio, delle nostre vite.”

Creiamo insieme gli spazi che sogniamo.

CREIAMO INSIEME GLI SPAZI CHE SOGNIAMO

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Questo testo è stato redatto durante l’estate del 2024 che ha visto la città di Messina attraversare una crisi idrica, preannuncio di cosa aspetta a quei territori e persone dapprima afflitti dalla desertificazione in progresso e, colposamente, espropriati di ogni funzione vitale per poter poi essere messi a profitto ad ogni costo.

Il testo è composto da una raccolta di informazioni già pubbliche, che messe insieme dipingono il colposo quadro che si cela dietro la messa a secco di intere aree della città (ed anche altrove) o, quantomeno, ne verrebbe a galla una parte. La raccolta è stata possibile anche all’interessamento di qualche persona che ha deciso, in un momento critico per la città come quello di inizio estate, di condividere una raccolta di link ad articoli che ricostruivano il tentativo di vendita a privato di parte dell’infrastruttura idrica del messinese.

Ad oggi non si hanno particolari informazioni circa il proseguo di questo bando di gara, che risulta risucchiato in una dinamica di difesa delle proprie posizioni e contrattazione. La città continua a versare rovinosamente in alternate e frequenti assenze di acqua ed incombe sempre più sovente la minaccia della cantierizzazione totale.

Insomma tutta una serie di intrecci che gravano sulla vite delle persone che abitano questi luoghi e che prospettano, per queste, tempi sempre più duri (eufemisticamente parlando)…

Ma ecco che ad aggiungersi a questa serie horror l’intervento nei cantieri del raddoppio ferroviario Giampilieri-Fiumefreddo, scavando tunnel si è estratto materiale che, sprigionato, non è di certo amico della vita dell’essere umano, ARSENICO. Si, la situazione, dicono, è rientrata.. ma a pioggia notizie che lo scavo di tunnel, da parte dello stesso contractor, non avrebbero fatto altro che portare con se devastazione ed irreversibili contaminazioni.

Le loro talpe scavano e scavano, stanno arrivando qui…