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Due mesi fa chiudeva il mercato Vascone di Messina- oggi resta ancora chiuso!

Due mesi fa chiudeva il cancello del mercato Vascone di Messina, così il 19 marzo:

Chiude il mercato Vascone di Messina per permettere la realizzazione dei lavori di “miglioramento” e “ristrutturazione”.

“Per permettere alle persone di continuare il proprio lavoro sono state allora montate delle casette di legno nello spazio antistante (parcheggio d’interscambio Via Catania). Messina, Messina; città d’inganno. Molta gente era anche titubante sulla chiusura; altre persone vedevano, invece, in un territorio che vibra solo per i terremoti, la possibilità di rinnovazione dei locali del mercato come occasione di cambio. Si potrebbe pensare a cosa significhi questa chiusura, questo investimento per ristrutturare uno dei mercati storici della città. Luogo non solo di mero scambio denaro-merce, ma pivot pulsante di forme di socialità sempre più rare a queste latitudini, si trova adesso chiuso. Ma…. Le casette di legno?! INUTILI. Non sono, in questo momento, dotate di energia elettrica e mancano i servizi basilari che erano invece garantiti dentro il mercato “fatiscente”. Molto probabilmente l’auto-gestione di una comunità consolidata, tra legami, conflitti e chissà quante altre sfumature dell’interagire vivente, non avrebbe mai interrotto il filo continuo di questo incontro; si necessario al lavoro, al rapporto vendita-acquisto, ma anche centrale collante di un tessuto sociale, quello messinese, sempre più distante, distaccato e, a tratti, solo. La gente però non aspetta sempre la mediazione di chissà quale struttura, sindacato o partito. E spesso dimostra i pugni chiusi in maniera decisa ed indipendente. Così alla presenza dei soliti mediatori e dei soliti controllori si cerca di mettere sotto vuoto il respiro della gente che rivendica l’inganno. Non si parla qui di malafede necessariamente, quanto meno, in questo luogo, contenitore di migliaia di tribù, il contatto è spesso più diretto di quanto ci si possa immaginare. Ma comunque con ciò non si vuole escludere tutto il dolo in seno ai delegati nel contrattare pezzo per pezzo luoghi (tanto fisici quanto mentali) delle nostre esistenze in virtù di non meglio precisati benefici futuri (“desiderabili”). Ma qui, in questa storia tutta locale, tutta rionale; si viene ad intrecciare un elemento, ossia l’insoddisfazione perenne di desiderio, caratteristica della società del consumo. Ed ogni metafora si fa cosi triste realtà.. Tutto diventa molto terreno in questa perenne rincorsa di un domani, che con ogni probabilità non arriverà mai. Ma che centra il mercato? L’intervento sulle strutture ed infrastrutture presenti in città; delle quali moltissime, ad onor del vero, fatiscenti; non è caratterizzato dalla sola volontà dell’amministrazione locale di fare il numerino più alto alle prossime amministrative, non è esclusivamente campagna elettorale; non è manco esclusivamente perizia tecnica sul come afferrare finanziamenti d’ogni sorta. Ma è anche vero che risponde a delle necessità predatorie che avvinghiano lo Stretto in maniera sempre più consistente. La costituzione di un vero e proprio nuovo spazio di movimento per una nuova struttura di capitale, sempre più “intelligente” e, chiaramente, digitale, algo-ritmica, si rivela sempre più agli occhi increduli della gente. Un luogo, delle persone. Un luogo vuoto, fantasma, delle ruspe. Sembra emblematica la situazione del mercato di pocanzi. L’unica cosa che regge in piedi l’inganno è la svariata quantità di confini che vengono imposti tra le solidarietà. Comunque… chissà come sarà il mercato quando si rientrerà…chissà se ci sarà ancora spazio per tutte…”


OGGI, GIORNO 26 MAGGIO, A DUE MESI DALLA CHIUSURA DEL MERCATO, I LAVORI DI RIFACIMENTO NON SONO ANCORA INIZIATI E LE CASETTE DI LEGNO PERSISTONO IN VIA CATANIA.

Passano le settimane dunque e i lavori al mercato Vascone restano ancora fermi al palo. I mercatari si trovano ancora fuori nelle baracchette di legno predisposte per garantire la continuità dell’aspetto commerciale del mercato. La dinamica relazione non può essere venuta meno però, di fatti lo strato sociale che si intesse in contesti di mercati rionali è molto difficile da arginare. L’inganno è in processo e molti dei dubbi che sorgevano al giorno della chiusura sembrano divenire con il tempo sempre più nitidi. L’ennesima delega ad un futuro promesso, che, come tante altre promesse, si infrange contro la realtà speculatrice che ci viene a tutte imposte quotidianamente. Il comune sembrerebbe aver avviato un contenzioso nei confronti della ditta che si è aggiudicata i lavori. Emblematico il modus operandi di affaristi che, con il fianco dello Stato e delle sue istituzioni, arraffano tutto il possibile, si mangiano tutto e prendono molto più di ciò che possono, per poi lasciare solchi oscuri nel tessuto sociale nel quale si infiltrano brutalmente. La testimonianza dell’aggressione diretta alle vite delle persone che vengono sdradicate dalle realtà sociali che si intessono all’intorno dell’esistere, del vivere, del respirare insieme. Ecco cosa fanno, alzano frontiere nel petto della gente, tentano in tutti i modi di creare isolamento e separazione, uniche vere linfe vitali dei loro loschissimi piani. Ancora una volta viene da proiettare quest’immagine di incompiuta alle prospettive che si palesano con il progetto ponte. Kilomentri e kilometri quadrati di cantiere, frontiere reti arancioni, interdizioni alla vita ed un cumulo di macerie della loro bruttura imposta. Non possiamo ancora lasciarli fare, si arrogano le nostre esistenze e ne vogliono fare strazio in forza solo ed esclusivamente del loro guadagno. Questo è ciò che lascia alle native ed ai nativi il loro processo di modernizzazione ed abbellimento a consumo di qualche sandaletto curioso sbarcato dall’ennesima crociera. L’abbandono è ciò che spetta alle persone che abitano i luoghi degli interessi di una classe politica al totale servizio della grande impresa ed industria; non ci si può fidare assolutamente delle loro promesse di una vita migliore futura.

Prendiamoci in mano l’adesso, riappropriandoci per trasformare in fuoco quanto ci continuano a mal togliere ogni giorno. Stupratori seriali mettono alla barra d’accusa le vittime delle loro violenze, processi in tribunale, processi nei mercati, processi di ammodernamento. Ed in questa solitudine che proliferano gli spacciatori di “per”, mendicanti di notorietà, ossessionati dal momento di fama, sti quattro arraffatoti vengono ad elargire ancora promesse e, nel frattempo, ci svolazzano in circolo sulle teste aspettando di poter banchettare con le nostre carogne. Così che alcuni si dimostrano vicini alla gente ingannata e, illudendoli ulteriormente, vengono ad esigere mandati popolari per rimandare ancora una volta e ancora una volta la vita. Il presidio fisso dello squallore lo portate in petto, politicanti illusionisti di professione, continuano a venderci la loro fuffa. Vorrebbero strade scintillanti, muri grigi, mercati silenziosi e moderni, infanti indebitate, confini serrati, gente sola e disperata, giardini ben curati e manipolati. Ma la loro puzza precede e supera senza alcuna discussione quella che loro dicono abbia il “degrado” contro cui tanto si scagliano.

Vogliono città mute ma sarà un boato a renderli sordi invece! L’erba cattiva non muore mai e noi saremo sempre la gramigna di questo prato di finto verde!!!